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GIOVANNI BERCHET.

I.

GIULIA.

La legge è bandita: la squilla s'è intesa.

È il dì de' coscritti. Venuti alla chiesa,
Fan cerchio; ed un'urna sta in mezzo di lor.
Son sette i garzoni richiesti al Comune;
Son poste nell' urna le sette fortune;
Ciascun vi s' accosta col tremito in cor.
Ma tutti d'Italia non son cittadini ?

Perchè, se il nemico minaccia ai confini,
Non vanno bramosi la patria a salvar?
Non è più la patria che all' armi gli appella;
Son servi a una gente di strania favella,
Sottesso le verghe chiamati a stentar.
Che vuol questa turba nel tempio sì spessa?

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Quest' altra che anela, che all' atrio fa pressa,
Dolente che l'occhio più lunge non va?
Vuol forse i fratelli strappar dal periglio?
Ai brandi, alle ronche dar tutti di pig io?
Scacciar lo straniero? gridar libertà?
Aravan sul monte: sentito han la squilla,

---

Son corsi alla strada, son scesi alla villa,
Siccome fanciulli traenti al romor.

Che voglion? del giorno raccoglier gli eventi,1
Attendere ai detti, spiare i lamenti,

1 Cioè, vi accorrono non per altro che per la curiosità di sapere le novità del giorno, e chiacchierarne poi insieme : ecco tutto.

Parlarne il domani senz' ira o dolor.

-

Ma sangue, ma vita non è nel lor petto?
Del giogo tedesco non v' arde il dispetto?
Nol punge vergogna del tanto patir?
Sudanti alla gleba d'inetti signori,
N'han tolto l'esempio; ne' trepidi cuori
Han detto: Che giova? siam nati a servir.
Gli stolti!... Ma i padri? — S'accoran pensosi,
S'inoltran cercando con guardi pietosi
Le nuore, le mogli piangenti all' altar.
Su i figli ridesti coll' alba primiera
Si disser beati: Chi sa se la sera

Su i sonni de' figli potranno esultar!
E mentre che il volgo s'avvolta1e bisbiglia,
Chi fia quest' immota che a niun rassomiglia,
Nè sai se più sdegno la vinca, o pietà ?
Non bassa mai 'l volto, nol chiude nel velo,
Non parla, non piange, non guarda che in cielo,
Non scerne, non cura chi intorno le sta.
È Giulia, è una madre. Due figli ha cresciuto;

Indarno l'un d'essi già 'l chiama perduto:
È l'esul che sempre l'è fisso nel cor.
Penò trafugato per valli deserte;
Si tolse d'Italia nel dì che l'inerte
Di sè, de' suoi fati fu vista minor.
Che addio lagrimoso per Giulia fu quello!
Ed or si tormenta dell' altro fratello;
Chè un volger dell' urna rapire gliel può.
E Carlo dei sgherri soccorrer le file!
Vestirsi la bianca divisa del vile!

Fibbiarsi una spada che l' Austro aguzzò!
Via via, con l' ingegno del duol, la tapina

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3

abbassare è dell' uso antico,
Si che bassando il viso tutto smuore,
E d'ogni suo difetto allor sospira.
DANTE, Rime.

• L'ingegno del duolo. È modo bello e vero Spesso l'uomo, quando è in preda a' graudi timori, è ingegnoso a tormentarsi, pensa sempre al peggio.

Travalica il tempo, va incontro indovina
Ai raggi d'un giorno che nato non è:

Tien dietro a un clangore di trombe guerriere,
Pon l'orme su un campo, si abbatte in ischiere
Che alacri dell' Alpi discendono al piè.

Ed ecco altre insegne con altri guerrieri

Che sboccano al piano per altri sentieri,
Che il varco ai vegnenti son corsi a tagliar..
Là gridano: Italia! Redimer l'oppressa !
Qui giuran protervi serbarla sommessa
L'un'oste su l'altra sguaïna l'acciar.
Da ritta spronando si slancia un furente:

Un sprona da manca, lo assal col fendente,
Ne svia da sè il colpo che al petto gli vien.
Bestemmian feriti. Che gesti! che voci!
La misera guarda, ravvisa i feroci:

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Son quei che alla vita portò nel suo sen.
Ahi ratto dall' ansie del campo abborrito

1

S'arretra il materno pensiero atterrito,
Ricade più assiduo fra l'ansie del dì. 1
Più rapido il sangue ne' polsi a lei batte:
Le schede fatali dell' urna son tratte.
Qual mai sarà quella che Carlo sortì?
Di man de' garzoni le tessere aduna,

Ne scruta un severo la varia fortuna,
Determina i sette che l'urna dannò.
Susurro più intorno, parola non s'ode;
Ch' ei sorga e li nomi la plebe già gode,
Già l'avido orecchio l' insulsa levò.

E Giulia reclina gli attoniti rai

Sul figlio, e lo guarda d'un guardo che mai

Con tanto d'amore su lui non ristè.

Oh angoscia! ode un nome; non è quel di Carlo;

Un altro, ed un altro;
Rilevan già il quinto:
Proclamano il sesto;

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non sente chiamarlo;

- no, Carlo non è.

ma è figlio d' altrui;

-

1 Cioè, del pericolo, nel quale ella si trova in quel giorno, che deve decider

la sorte di suo figlio.

È un'altra la madre che piange per lui.
Ah! forse fu invano che Giulia tremò.
Com' aura che fresca l'infermo ravviva,
Soave una voce dal cor le deriva

Che grazia il suo prego su in Cielo trovò.
Le cresce la fede: nel sen la pressura

Le allevia un sospiro; con men di paura
La settima sorte sta Giulia ad udir.

L'han detta; è il suo figlio:—doman vergognato.

-

Al cenno insolente d'estranio soldato,
Con l'aquila in fronte vedrallo partir.

Antologia della Poesia italiana moderna,

17

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E voi pur, mie native itale balze,

Siete albergo di prodi. A quelle antiche
Lance il mio sguardo affisso onde severo
Di questa sala addobbo han le pareti,
E in ciascuna vegg' io di quelle lance
La storia d'un eroe. Tu, generosa
Fanciulla del Chiusone, abbi il mio canto.
Del torrente Chiusone 2 io visitai

La sacra valle, e visitai quel loco
Ove le gorgoglianti onde comprime
Di qua e di là deserto, orrido monte,
E orrido più a sinistra e di pendenti
Alte rupi tutto irto il Mal-Andaggio: "
E salii quelle rupi, ed ombreggiata
Di scarsi, annosi pini una fontana *

Il Poeta immagina che questo Poemetto sia stato cantato da un trovatore saluzzese alla Corte del suo signore, all'occasione di una festa, nella quale da' trovatori stranieri furono cantati eroi de' loro paesi. L'azione che qui si descrive, ha luogo al declinare del secolo X. Le note non segnate d' asterisco sono dell' Autore.

2 Questo torrente vien giù dalle valli di Fenestrelle e passa poco distante da Pinerolo.

3 A sinistra del Chiusone, tra le Porte e il Villaro, è un monte scoscesissimo chiamato il Mal-Andaggio: questo altre volte pendeva in tal guisa sul torrente, che difficilissimo era il passo. Pare che ai tempi di Tancreda gli uomini non avessero ancora penetrato da quella parte oltre il Mal-Andaggio.

Gli abitanti di quelle valli conservano un superstizioso rammarico, perchè nel fare la strada del Mal-Andaggio s'è distrutta la fontana detta degli Eremitt, alla quale si attribuivano virtù miracolose.

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