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delle opinioni che professò di poi. Ha già quasi dello incredibile che nella prima metà di questo secolo, da una città come Recanati e da una famiglia come quella del conte Monaldo, il nostro uscisse poco dopo i vent'anni poeta e filosofo di liberissimi sensi. Oh pensate se in quella età in cui l'uomo sente più assai che non ragioni e vive de' pensieri altrui più che dei propri, egli giovinetto d'una bontà angelica, vissuto sempre chiuso nella biblioteca paterna, poteva essere incredulo! Come e quando si volgesse a pensare e si affezionasse alla filosofia lo narra egli stesso in quelle brevi notizie della sua vita, che mandò al conte Carlo Pepoli a Bologna nel 1826. (18) Chi poi vuol giudicare tutti gli atti della vita privata di un uomo senza tener conto delle ragioni e dei sentimenti che li produssero, e non fa distinzione fra le parole che l'uomo divulgò colla stampa e quelle che consegnò in una lettera familiare, costui preghi o che il suo modo di giudicare non prevalga, o che a nessuno venga mai talento d'occuparsi dei fatti suoi. Il Leopardi era lontano dalla casa paterna. Riceve una lettera del padre, che gli annunzia la morte di un suo fratellino; e com'è naturale ad uomo profondamente religioso, prega il figlio che voglia adempiere anch' egli certe pratiche di religione, nelle quali l'addolorata famiglia cercava un conforto alla sventura domestica. Io dico che sarebbe stato cosa ben crudele il far pompa di filosofia in questa occasione; e l'anima alta, gentile e pura di Giacomo doveva rifuggire da cotesto eroismo vigliacco, da cotesta franchezza d'uomo snaturato. Tanto diverso dal padre, egli lo amava pure; e non vedeva in questo punto che il dolore di lui, il dolore della famiglia, il suo proprio dolore. Qual cosa non avrebbe

fatto, che stimasse poter gradire ai suoi cari e consolarli? Ei rispose brevemente, mostrando il suo cuore lacerato, e dicendo al padre: ho ricevuto i SS. Sacramenti colla intenzione ch' ella sa., (19) Ignoro se altri trovi altre contradizioni di questo genere fra il Leopardi uomo e il Leopardi filosofo, fra gli scritti e le lettere familiari di lui. Sarà cosa molto probabile. Giacomo aveva provato gravissimo il peso dell'autorità paterna che paurosa e dolente studiava a impedire non si radicassero e svolgessero in lui opinioni contrarie alle proprie; e qualche volta il figlio prorompe sdegnato contro cotesta autorità che vorrebbe comprimere e opprimere il suo pensiero già grande e potente. (20) Ma s'egli non può e non deve piegare al giogo l'alto intelletto, al suo cuore è però puntura acutissima il dolore che danno al padre le sue opinioni. E mentre lascia l'ingegno correre libero il suo fatale cammino, vuole come può lenir quel dolore e procacciare almeno che non s'irriti. Da ciò lo studio continuo che apparisce nelle lettere di Giacomo al padre, di nascondere, non dirò sè stesso, ma quella parte de' suoi pensieri che più sa essergli malgraditi. Il quale studio è ben lungi dall' essere una volgare finzione: e quando si tratta di conservare intero il proprio carattere, il Leopardi sa esser franco anche col padre. Il conte Monaldo avea pubblicato alcuni Dialoghi sulle materie correnti nel 1831, opuscolo di politica legittimista e pretesca. Parecchi lo attribuivano, pur sapendone autore il padre, al figlio Giacomo, che dicevano essersi convertito, come il Monti ed altri bravi uomini. Egli non dubitò un istante di dichiarare per le stampe sè non essere autore dell'opuscolo, e di scrivere al padre: Il mio onore esigeva ch'io di

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chiarassi di non aver punto mutato opinione. „ (21) Mi sia lecito notare un altro fatto, che parmi spiegar molto bene il carattere del nostro poeta. Deliberato di viver lungi da Recanati, costretto ad umili e faticosi lavori per procacciarsene il modo, e pur sempre incerto del domani, riceve dalla famiglia l'offerta di un Benefizio ecclesiastico, e la rifiuta. (22) La rifiuta, perchè gli ripugna accettarne gli obblighi, e più gli ripugna accettarli e non adempirli. Ciò che alla maggior parte degli uomini è quasi la prima regola della vita, venire a patti con la coscienza, alla nobile anima di Giacomo Leopardi è un impossibile anche nelle cose della minore importanza. Ma pur nelle lettere con le quali è costretto parlare francamente al padre apparisce lo studio di non dispiacergli, anzi vi apparisce maggiore che nelle altre. E questo, che pur troppo è il contrario di quella espansione d'animo che nasce da una piena fiducia, è altresì per me il segno più chiaro dell'affetto di Giacomo al suo genitore e della delicatezza estrema de' suoi sentimenti.

Per le cose brevemente discorse parmi poter conchiudere, il Leopardi essere tale uomo da doversi, come nella vita privata, così nelle opere dell'ingegno mostrar tutto intero a tutti, senza infingimenti, senza paure. Il qual pensiero m'è stato guida nel preparare la nuova edizione delle poesie di lui, che oggi offresi al pubblico, sperando debba riuscire nè inopportuna, nè malgradita.

Lo intendimento mio primo, quando posi l'animo ad essa, era di fare un' edizione critica, aggiungendo alle poesie, oltre le annotazioni filologiche dell' autore alle prime dieci canzoni, i discorsi e le note che si accompagnano alle traduzioni e poesie giovanili, le testimonianze dei con

temporanei intorno al poeta, e quant'altro valesse ad illustrarlo. Ma all'intendimento mio si opposero i disegni del tipografo, il quale avea stabilito di dare in un solo volume di piccolo formato tutte le poesie del Leopardi. Aspettando che quella edizione critica si faccia da altri, o forse da me stesso in altra occasione, ho dovuto ora contentarmi che questa riuscisse al possibile corretta e la più compiuta di quante se ne sono fatte fin qui. Ed a ciò solo ho volte tutte le mie cure, che non so se fortunate sempre, ma certo sono state diligenti.

Confortato pertanto dall' autorità del Giordani, il quale saviamente sentenzia, che degli scrittori mediocri ci basta conoscere le opere migliori, ma de' grandi è utile veder tutto, per istudiare anche nelle meno perfette il procedimento del loro ingegno, io ho raccolto in questo volume, oltre le poesie approvate dall'autore, tutte quelle che già ripubblicarono negli Studi giovanili esso Giordani e il Pellegrini, e quante altre m'è venuto fatto di trovare o già stampate altrove od inedite, fossero pure giovanilissime. Così, impedito del mio primo disegno, ho voluto almeno dare intera la storia della vita poetica del Leopardi. Diviso il libro in tre parti, ho posto nella fu prima i Canti, nell'ordine che, secondo il Ranieri, loro assegnato dall'autore, nella seconda i Paralipomeni, nella terza le Poesie giovanili e traduzioni. A queste ho potuto aggiungere un importante frammento di traduzione di un' Epistola del Petrarca, (23) in isciolti, che non sono indegni di chi avea già composto l' Inno ai patriarchi. Non tutti però gli scritti compresi nella terza parte hanno un pregio eguale: anzi dalle stesse versioni del 2.0 dell'Eneide e del 1.0 dell' Odissea apparisce come il poeta fosse ancora

lontano dall' aver trovato quella frase sempre eletta, quella morbidezza, efficacia e precisione di stile, quella struttura di verso perfettissima che si ammirano nelle poesie dell'età matura. Ma quando pure altri non andasse persuaso alle ragioni che me hanno indotto a raccogliere anche le cose meno perfette, sarebbe stata certo una omissione gravissima lasciar fuori da una nuova edizione delle poesie del Leopardi, i Sonetti in persona di Ser Pecora, il frammento della epistola petrarchiana, il volgarizzamento della Satira di Simonide e la Batracomiomachia rifatta, lavori non affatto giovanili, e che a tutti sembreranno pregevolissimi, se anco non li stimava tali l'autore. Aggiungi che i Sonetti ci mostrano il poeta in un genere affatto nuovo per lui, che la Batracomiomachia è compimento necessario ai Paralipomeni, e che nel frammento petrarchesco sta in parte il segreto di quella mirabile forma nella quale il Leopardi seppe esprimere i suoi lamenti.

Chi giudica che sia già del soverchio nella terza parte del libro, o che essa sia tutta un soverchio, a più forte ragione dovrà biasimarmi di avervi aggiunto un'Appendice, di lavori, più che giovanili, fanciulleschi, Contro quei giudizi mi francheggia la buona compagnia del Giordani; ai biasimi che mi venissero per l' Appendice ho pronta una risposta. L'imitazione dell'Epistola ai Pisoni e la traduzione della 2.a ode d' Orazio sono lavori molto imperfetti; ed io primo non li avrei forse messi in luce, ma da che e' son già, l'uno in parte, l'altro interamente, di pubblica ragione (24), non poteva io, senza far contro ai propositi miei, trascurare questi documenti non vani dell' ingegno del poeta. E pensatamente dico non vani, perchè, lavori imperfetti come sono, aggiungon pure qualche cosa alla vita

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