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DEI

LIRICI PIÙ INSIGNI

D'ITALIA

PRECEDUTO DA UN DISCORSO

DI

PAOLO EMILIANI-GIUDICI

Vol. Unico

FIRENZE

POLIGRAFIA ITALIANA

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AI GIOVANI LETTORI

Con un Florilegio de' migliori Lirici italiani diamo incominciamento a questa Biblioteca, per servire alla storia della nostra lingua e della nostra letteratura, che entrambe esordivano con questo genere di poesia. Della quale, a bene scegliere e ordinare le più insigni produzioni, non solo per noi si consultarono tutte le Raccolte fin qui pubblicate, ma ricorremmo alle fonti: e de' consigli ci valemmo di molti egregi cultori degli studj poetici, onde offrirvi meno imperfetto il nostro Florilegio, e darvi un ragionato compendio della storia della Lirica in Italia, provata co'monumenti. Voi la vedrete fanciulla trastullarsi ora in semplici, ora in garruli amoreggiamenti; e quindi vestirsi a mano a mano di grazia e d'armonia, e acquistar numero e perfezione di forma. Non vi saranno scuola di grandi idee i versi di coloro che primi cantarono in volgare; ma vi gioverà il sapere, come quasi nacquero gemelle e crebbero la lingua e la poesia; e potrete attingerne modi eletti di dire, dovizia di lingua e di stile, ed esempio di facili e pure armonie; studio di forma solamente, ma che pur giova congiungere all'altezza della idea, acciò, per la bene adatta espressione, cresca forza ed efficacia a' robusti pensieri. De'quali potrà la vostra mente aver sano alimento nelle pagine del sommo Alighieri, e nelle canzoni del Petrarca, che fanno al Canonico toscano perdonare i troppi sospiri profusi alla bella Avignonese, e rimangono finora esempio insuperato di lirica patria. E qui vedrete l'arte de'canti presso di

noi deviare dalla nativa sua origine, e farsi tutta orpello, tutta frasi, senza vita e senza sentimento, per aver cessato dallo inspirarsi a' bisogni de' tempi, e a puri, a generosi affetti; e pedissequa imitatrice de' sospiri del Petrarca, aver preso a cantarellare vuoti sonetti d'amore, in cui null'altro si rinviene, se non verso che suona, c belle parole; e per gran tempo l'Italia avere una lunga schiera di verseggiatori, e non un poeta. Ma noi poco ci rimarremo fra questi inetti rimatori, e corso di volo il periodo de' Petrarcheschi, cercheremo in Poliziano ed in Lorenzo de' Medici una poesia più viva, più schietta, più italiana, perchè per lo più attinta a'costumi ed alle tendenze del popolo: e raccolti pochi fiori di grato olezzo nella schiera un po' migliorata degl' imitatori, daremo qualche pagina del Sannazzaro, del Buonarroti, della Colonna, dell'Alamanni, del Costanzo, per soffermarci poscia a lungo intorno al Tasso, il più gran lirico del XVI secolo.

Gettato quindi un rapido sguardo sui corruttori della poesia italiana, seguirete ne' suoi ardimenti il ligure poeta; il quale trovando novelli metri, apri alla lirica nuove regioni e le crebbe movimento, numero, grazia, forza e varietà. Sulle orme del Chiabrera vedrete cogliere qualche fronda di alloro anche il Testi, il Guidi, e una corona immortale eingersi il Filicaja; unico, che da Petrarca a Parini, rivolgesse alla Patria canti solenni d'ardire e di compianto, cui nessuno eguagliò. Sfiorati poscia i molli giardini degli Arcadi a studio della forma, nel Rolli, nello Zappi, nel Savioli, nel Vittorelli, ec., ci riposeremo nel Metastasio dalle vuote rime del periodo arcadico; per respirar quindi nella vera scuola italiana, che rinasce possente nel Parini, nell'Alfieri, nel Foscolo, nel Leopardi, nel Niccolini e in pochi altri, un' aura vivificatrice, un'aura

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