Più di me lieta non si vede a terra Nave dall' onde combattuta e vinta, Quando la gente di pietà dipinta Su per la riva a ringraziár s'atterra ; Nè lieto più del cárcer si disserra Chi 'ntorno al collo ebbe la corda avvinta, Di me, veggendo quella spada scinta Che fece al signór mio sì lunga guerra:
E tutti voi che Amór laudate in rima, Al buon testór degli amorosi detti Rendete onór, ch' era smarrito in prima. Che più gloria è nel regno degli eletti D' un spírito converso, e più s'estima, Che di novantanove altri perfetti.
Il successór di Carlo, che la chioma Con la corona del suo antico adorna, Frese ha già l' arme per fiaccár le corna A Babilonia, e chi da lei si noma:
El Vicario di Cristo con la soma Delle chiavi e del manto al nido torna; Sì chè, s' altro accidente nol distorna, Vedrà Bologna, e poi la nóbil Roma. La mansueta vostra e gentil' agna Abbatte i fieri lupi : e così vada Chiunque amór legittimo scompagna. Consolate lei dunque ch' ancór bada E Roma, che del suo sposo si lagna, E per Gesù cingete omái la spada.
O aspettata in ciel, bëata, e bella Anima, che di nostra umanitade
Vestita vai, non, come l' altre, carca ; Perchè ti sian men dure omái le strade, A Dio diletta obediente ancella,
Onde al suo regno di quaggiù si varca; Ecco novellamente alla tua barca, Ch' al cieco mondo ha già volte le spalle Per gir a migliór porto,
D'un vento occidentál dolce conforto ; Lo qual per mezzo questa oscura valle, Ove piangiamo il nostro e l'altrúi torto, La condurrà de' lacci antichi sciolta Per drittíssimo calle
Al verace oriente ov' ella è volta.
Forse i devoti e gli amorosi preghi, E le lágrime sante de' mortali
Son giunte innanzi alla pietà superna : E forse non fur mai tante, nè tali, Che per mérito lor punto si pieghi Fuor di suo corso la giustizia eterna : Ma quel benigno Re che 'l ciel governa, Al sacro loco ove fu posto in croce Gli occhi per grazia gira;
Onde nel petto al novo Carlo spira La vendetta ch' a noi tardata noce Si che molt' anni Europa ne sospira : Così soccorre alla sua amata sposa, Tal, che sol della voce
Fa tremár Babilonia e star pensosa.
Chiunque alberga tra Garonna e 'l monte, E 'ntra 'l Rodano e 'l Reno e l'onde salse, Le 'nsegne Cristianíssime accompagna : Ed a cui mai di vero pregio calse, Dal Pirenéo all' último orizzonte Con Aragón lasserà vota Ispagna : Inghilterra con l' ísole che bagna L'Océano intra 'l Carro e le Colonne Infin là dove sona
Dottrina del santíssimo Elicona, Varie di lingue e d'arme e delle gonne All' alta impresa caritate sprona. Deh qual amor si lícito, o sì degno, Qua' figli mai, quai donne
Fúron materia a sì giusto disdegno? Una parte del mondo è che si giace Mai sempre in ghiaccio ed in gelate nevi Tutta lontana dal cammín del Sole: Là, sotto i giorni nubilosi e brevi, Nemica naturalmente di pace
Nasce una gente a cui 'l morír non dole. Questa, se più devota che non sole, Col Tedesco furór la spada cigne: Turchi, A'rabi, e Caldéi,
Con tutti quei che spéran negli Dei Di quà dal mar che fa l'onde sanguigne Quanto sian da prezzár conoscer dei: Pópolo ignudo, paventoso, e lento, Che ferro mai non strigne,
Ma tutti i colpi suoi commette al vento. Dánque ora è 'l tempo da ritrarre il collo Dal giogo antico, e da squarciare il velo Ch'è stato avvolto intorno agli occhi nostri ; E che 'l nóbile ingegno, che dal cielo Per grazia tien dell' immortale Apollo, E l'eloquenza sua virtù qui mostri Or con la linguá, or con laudati inchiostri ; Perchè d' Orféo leggendo, e d' Anfïone Se non ti maravigli,
Assái men fia ch' Italia co' suoi figli Si desti al suon del tuo chiaro sermone Tanto che per Gesù la lancia pigli : Che, s' al ver mira questa antica madre, In nulla sua tenzone
Fur mai cagión si belle, o sì leggiadre.
Tu, ch' hai, per arricchir d' un bel tesauro Volte l' antiche e le moderne carte, Volando al ciel con la terrena soma, Sai dall' imperio del figliuól di Marte Al grande Augusto; che di verde lauro Tre volte trionfando ornò la chioma; Nell' altrúi ingiurie del suo sangue Roma Spesse fiate quanto fu cortese : Ed or perchè non fia
Cortese nò, ma conoscente e pia A vendicár le dispietate offese Col Figliuól glorioso di Maria? Che dunque la nemica parte spera Nell' umane difese
Se Cristo sta dalla contraria schiera ? Pon mente al temerario ardír di Serse, Che fece per calcár i nostri liti Di novi ponti oltraggio alla marina; E vedrái nella morte de' mariti Tutte vestite a brun le donne Perse, E tinto in rosso il mar di Salamina: E non pur questa mísera rüina Del popolo infelice d' Orïente Vittoria ten promette;
Ma Maratona, e le mortali strette Che difese il León con poca gente; Ed altre mille, ch' hai scoltate, e lette, Perchè inchinár a Dio molto conviene Le ginocchia e la mente;
Che gli anni tuoi riserva a tanto bene. Tu vedrá' Italia e l'onorata riva, Canzón, ch' agli occhi miei cela e contende Non mar, non poggio, o fiume;
Ma solo Amór, che del suo altero lume Più m' invaghisce dove più m'incende : Nè natura può star contra 'l costume. Or movi, non smarrir l' altre compagne Che non pur sotto bende
Alberga Amór, per cui si ride e piagne.
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