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SONETTO XXII.

Più di me lieta non si vede a terra Nave dall' onde combattuta e vinta, Quando la gente di pietà dipinta Su per la riva a ringraziár s'atterra ; Nè lieto più del cárcer si disserra Chi 'ntorno al collo ebbe la corda avvinta, Di me, veggendo quella spada scinta Che fece al signór mio sì lunga guerra:

E tutti voi che Amór laudate in rima, Al buon testór degli amorosi detti Rendete onór, ch' era smarrito in prima. Che più gloria è nel regno degli eletti D' un spírito converso, e più s'estima, Che di novantanove altri perfetti.

SONETTO XXIII.

Il successór di Carlo, che la chioma Con la corona del suo antico adorna, Frese ha già l' arme per fiaccár le corna A Babilonia, e chi da lei si noma:

El Vicario di Cristo con la soma Delle chiavi e del manto al nido torna; Sì chè, s' altro accidente nol distorna, Vedrà Bologna, e poi la nóbil Roma. La mansueta vostra e gentil' agna Abbatte i fieri lupi : e così vada Chiunque amór legittimo scompagna. Consolate lei dunque ch' ancór bada E Roma, che del suo sposo si lagna, E per Gesù cingete omái la spada.

CANZONE V.

O aspettata in ciel, bëata, e bella Anima, che di nostra umanitade

Vestita vai, non, come l' altre, carca ;
Perchè ti sian men dure omái le strade,
A Dio diletta obediente ancella,

Onde al suo regno di quaggiù si varca;
Ecco novellamente alla tua barca,
Ch' al cieco mondo ha già volte le spalle
Per gir a migliór porto,

D'un vento occidentál dolce conforto ;
Lo qual per mezzo questa oscura valle,
Ove piangiamo il nostro e l'altrúi torto,
La condurrà de' lacci antichi sciolta
Per drittíssimo calle

Al verace oriente ov' ella è volta.

Forse i devoti e gli amorosi preghi,
E le lágrime sante de' mortali

Son giunte innanzi alla pietà superna :
E forse non fur mai tante,
nè tali,
Che per mérito lor punto si pieghi
Fuor di suo corso la giustizia eterna :
Ma quel benigno Re che 'l ciel governa,
Al sacro loco ove fu posto in croce
Gli occhi per grazia gira;

Onde nel petto al novo Carlo spira
La vendetta ch' a noi tardata noce
Si che molt' anni Europa ne sospira :
Così soccorre alla sua amata sposa,
Tal, che sol della voce

Fa tremár Babilonia e star pensosa.

Chiunque alberga tra Garonna e 'l monte,
E 'ntra 'l Rodano e 'l Reno e l'onde salse,
Le 'nsegne Cristianíssime accompagna :
Ed a cui mai di vero pregio calse,
Dal Pirenéo all' último orizzonte
Con Aragón lasserà vota Ispagna :
Inghilterra con l' ísole che bagna
L'Océano intra 'l Carro e le Colonne
Infin là dove sona

Dottrina del santíssimo Elicona,
Varie di lingue e d'arme e delle gonne
All' alta impresa caritate sprona.
Deh qual amor si lícito, o sì degno,
Qua' figli mai, quai donne

Fúron materia a sì giusto disdegno?
Una parte del mondo è che si giace
Mai sempre in ghiaccio ed in gelate nevi
Tutta lontana dal cammín del Sole:
Là, sotto i giorni nubilosi e brevi,
Nemica naturalmente di pace

Nasce una gente a cui 'l morír non dole.
Questa, se più devota che non sole,
Col Tedesco furór la spada cigne:
Turchi, A'rabi, e Caldéi,

Con tutti quei che spéran negli Dei
Di quà dal mar che fa l'onde sanguigne
Quanto sian da prezzár conoscer dei:
Pópolo ignudo, paventoso, e lento,
Che ferro mai non strigne,

Ma tutti i colpi suoi commette al vento.
Dánque ora è 'l tempo da ritrarre il collo
Dal giogo antico, e da squarciare il velo
Ch'è stato avvolto intorno agli occhi nostri ;
E che 'l nóbile ingegno, che dal cielo
Per grazia tien dell' immortale Apollo,
E l'eloquenza sua virtù qui mostri
Or con la linguá, or con laudati inchiostri ;
Perchè d' Orféo leggendo, e d' Anfïone
Se non ti maravigli,

Assái men fia ch' Italia co' suoi figli
Si desti al suon del tuo chiaro sermone
Tanto che per Gesù la lancia pigli :
Che, s' al ver mira questa antica madre,
In nulla sua tenzone

Fur mai cagión si belle, o sì leggiadre.

Tu, ch' hai, per arricchir d' un bel tesauro
Volte l' antiche e le moderne carte,
Volando al ciel con la terrena soma,
Sai dall' imperio del figliuól di Marte
Al grande Augusto; che di verde lauro
Tre volte trionfando ornò la chioma;
Nell' altrúi ingiurie del suo sangue Roma
Spesse fiate quanto fu cortese :
Ed or perchè non fia

Cortese nò, ma conoscente e pia
A vendicár le dispietate offese
Col Figliuól glorioso di Maria?
Che dunque la nemica parte spera
Nell' umane difese

2

Se Cristo sta dalla contraria schiera ?
Pon mente al temerario ardír di Serse,
Che fece per calcár i nostri liti
Di novi ponti oltraggio alla marina;
E vedrái nella morte de' mariti
Tutte vestite a brun le donne Perse,
E tinto in rosso il mar di Salamina:
E non pur questa mísera rüina
Del popolo infelice d' Orïente
Vittoria ten promette;

Ma Maratona, e le mortali strette
Che difese il León con poca gente;
Ed altre mille, ch' hai scoltate, e lette,
Perchè inchinár a Dio molto conviene
Le ginocchia e la mente;

Che gli anni tuoi riserva a tanto bene.
Tu vedrá' Italia e l'onorata riva,
Canzón, ch' agli occhi miei cela e contende
Non mar, non poggio, o fiume;

Ma solo Amór, che del suo altero lume
Più m' invaghisce dove più m'incende :
Nè natura può star contra 'l costume.
Or movi, non smarrir l' altre compagne
Che non pur sotto bende

Alberga Amór, per cui si ride e piagne.

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