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ANTOLOGIA

GENNAIO, FEBBRAIO, MARZO

1826.

TOMO VIGESIMOPRIMO.

FIRENZE

AL GABINETTO SCIENTIFICO E LETTERARIO

DI G. P. VIEUSSEUX

DIRETTORE E EDITORE

TIPOGRAFIA

DI LUIGI PEZZATI.

MDCCCXXVI.

Dunning

12-17-40 42218

ANTOLOGIA

N.° LXI. Gennaio, 1826.

Al chiarissimo sig. CANONICO MORENI

Lettera intorno l'antichità di alcune miniature ne' codici della Biblioteca Laurenziana.

L'aver visitata con lei ultimamente la biblioteca Laurenziana, mentre mi ha fornito nuove occasioni d'istruzione, mi ha nello stesso tempo convinto, che la vaghezza delle meraviglie può talvolta condurre fuori di strada ad errare nei giudizii. E siccome oggi vuolsi una grande circospezione nel giudicare, e le tradizioni si sogliono esaminar meglio che non facevasi per lo passato coll' insistenza delle ricerche e l' acume della critica, così la superficialità dell' esame non può sodisfare nè lei zelantissimo discuopritore di patrie preziosità, ed infaticabile, e benemerito illustratore delle medesime, nè tampoco me, solito a riguardare con qualche attenzione i monumenti della nostra gloria, e tanto più nostra, che mentre l'Europa era quasi tutta assopita nel sonno delle crisalidi, le farfalle d'Italia furono le prime a volare intorno la face del vero e del bello.

Uno degli oggetti che caddero sotto le nostre osservazioni nella biblioteca fu un volume corale miniato dai celebratissimi frati di Camaldoli, che era in quel momento osservato con istupore anche da altri astanti, e si riteneva, e fino ad ora si ritenne, per una delle più insigni produzioni del XIV secolo.

Ella ricorderà il pronto e vivace mio dissentimento da quella opinione, e da quel giorno mi trovo in debito di mantenere la datale parola di giustificare i motivi del mio disparere.

Mi si allegò allora che conservansi nella bliblioteca li venti corali manoscritti e miniati dai monaci di Camaldoli, che fecero lo stupore di Leone X allorchè tornò a Firenze dopo esser fatto pontefice, e dei quali il Vasari egualmente fece le meraviglie; e apertosi da noi il più insigne di questi volumi, fu presa ad esame la seconda delle due più grandi miniature del medesimo, perfettamente conservata, che credevasi comunemente di mano di frà Iacopo fiorentino, o di frà Silvestro, amendue miniatori camaldolesi, i quali avevano preceduto quel famoso frà Lorenzo che poi morì alla metà del XV secolo. In questa opinione parvero confermarsi alcuni dei custodi rispettabili della biblioteca, ed ella stessa sembrò lusingarsi che quel miracolo dell'arte potesse venir attribuito a quegli antichissimi autori giacchè pur sempre si crede esser la gloria maggiore, quanto da più antica origine e da più oscuri tempi può derivarsi.

Il volume non è attergato di numero alcuno, e per contrassegnarlo basterà l'indicare che contiene le messe dalla domenica della Trinità fino all'Avvento. Questa miniatura rappresenta una processione arditamente mostrata tutta di prospetto, ove l'abbate mitrato sotto baldacchino, vestito dei sacri paludamenti, porta in mano il Santissimo; e gradatamente in iscorcio mostransi dal davanti al fondo del quadro, in immenso numero tra monaci ed altre persone, per ben cento individui, le cui teste distintamente sono tutte dipinte di faccia con varietà e con un magistero veramente ammirabile. E non solo è varia l'espressione dei volti, ma quella ancora degli scorci, e vario il carattere e l'età di ciascun personaggio, e sopra tutto variate le pieghe delle tonache bianche e delle grandiose maniche, che offrivano all' artefice una presso che inevitabile monotonia. Il fondo del quadro figura un aperto da cui veggonsi le colline, e in tortuoso giro un gran fiume, probabilmente l'Arno, da' cui lati con prospettico disegno e buon colorito scorciano simmetricamente molte case, presentando una scena niente meno correttamente disegnata, che se il Mantegna od altro dei più valenti nell'arte di frà Luca Paciolo, o di Pietro della Francesca vi avessero lavorato. Questo quadro di mezzo non è meno di quattordici pollici per ogni verso, che col ricchissimo contorno, e un gran basamento figurato ed ornato col mas,

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simo gusto, presenta poi in totale un' altezza di oltre due piedi parigini, e un piede e mezzo di larghezza. Questa miniatura si trova all'ottava pergamena del volume, non meno grande di quella che vedesi alla seconda, ove sta dipinta in una gloria la Trinità, e più sotto molti santi dell' ordine, e li dodici apostoli. — Alla pagina che segue trovasi un'iniziale, entro cui a gran caratteri, comunemente chiamati gotici, leggesi anno domini 1410. completum est hoc opus.

Molte citazioni e tradizioni allegaronsi per corroborare una maggiore antichità, che a me pare non poter sostenersi nè conciliarsi col semplice sussidio della sana ragione. Disse il Vasari di aver veduti molte volte venti pezzi grandissimi di libri da coro nel monasterio degli angeli, e che rimase meravigliato che fossero condotti con tanta diligenza in quei tempi che tutte l'arti del disegno erano poco meno che perdute, percioc chè furono le opere di questi monaci intorno gli anni di nostra salute 1350. o poco prima o poi, come in ciascuno di detti libri si vede. Ciò leggesi nel T. I. pag. 163. ediz. di Roma, là dove si parla delle memorie di frà Iacopo e frà Silvestro camaldolesi scrittori di lettere grosse nei libri corali. Ma aveva però più sopra il Vasari parlato con molta maggior lode di D. Lorenzo camaldolese, del quale non aveva omesso di far parola neppure nella prima edizione stampata dal Torentino, ove a pag. 215. del primo volume, oltre al rimarcare la principale abilità del frate pittore nel dipingere tavole da altare e pitture a fresco, esalta il mirabile suo ingegno nelle miniature (frà Lorenzo degli angeli fiorentino) il quale nella religione sua camaldolese fece molte opere, e molto fu da essi stimato in vita, ed oggi dopo morte tengono i frati negli angeli le mani di esso come reliquie per memoria di lui. Tenne fra Lorenzo la ma niera di Taddeo ( Gaddi )e degli altri maestri, e fu diligentissima persona, come appare ancora oggidì NELLA INFINITA QUANTITA DI LIBRI DA ESSO MINIATI NEL MONASTERO DEGLI AN

GELI, E ALL'EREMO DI CAMALDOLI. É chiaro che in questa prima edizione delle vite il Vasari tutto attribul a frà Lorenzo il merito anche dei suoi predecessori Iacopo e Silvestro che separatamente poi figurano nell' edizione pubblicata dai Giunti diciotto anni dopo.

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