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ripieno, è il frutto di grandi ricerche e di lunga preparazione. Ogni scopo di sentenza pregiudicata, per quanto mi fu possibile, è stato evitato e per attento studio dell'autore e per consiglio di autorevoli persone, alle quali attesto la più viva gratitudine.

Tuttavia riconosco le imperfezioni, che si trovano in un lungo lavoro come questo: sento soprattutto, che avrebbe dovuto essere maturato per almeno altri cinque anni di studio e d'indagini. Ma non può tutto la virtù che vuole; e d'altra parte, l'intenzione riflessa della sua utilità rispondente ai tempi, mi avrebbe fatto desiderare che avesse veduto la luce un anno innanzi.

Pure, così com'è, lo presento al Lettore, esprimendo il desiderio che tanto gli torni utile e gradito, quanto ha costato al suo autore di fatiche e di studio.

Roma, 29 luglio 1901.

P. I. RINIERI.

INTRODUZIONE

INTRODUZIONE

PARTE PRIMA

I. Il perche di questa introduzione.

SOMMARIO:

II. Di Pietro Giannone e della Storia civile del regno di Napoli; suo errore fondamentale: non essere la Chiesa una società perfetta, ne avere legislazione perfetta; fonti alle quali si abbeverò.

III. Errori storico-giuridici di Pietro Giannone; il libro XVI del codice Teodosiano.
IV. Passione del Giannone pel regio placet: origine storica di questo, sua introduzione
nel regno di Napoli; eterna controversia tra i Pontefici e i vicere di Napoli;
Pio Ve il duca di Alcalà, Clemente VIII e il conte di Olivares.

V. Edizione secreta della Storia civile del regno di Napoli: remunerazione conferita all'autore di essa dagli Eletti della città, sospesagli poi; editore ed autore colpiti dalle censure ecclesiastiche. Fuga nascosta da Napoli di Pietro Giannone, sua assoluzione dalle censure. - Confutazione della sua Storia dal P. Sanfelice: solenne condanna dell'opera del gesuita da un decreto del vicere di Napoli conte di Harrach. VI. Dimora di Pietro Giannone in Venezia, sua cacciata da questa città, e fuga in Ginevra. Sua carcerazione, ritrattazione, e morte nella cittadella di Torino. La corte borbonica di Napoli ne ricompensa i meriti con pensione annua di trecento ducati, continuata sino alla seconda generazione.

I.

Coll'avvenimento di Carlo VII, Borbone, al trono di Napoli e dopo le sconfitte degli Austriaci (1734) e la perdita della battaglia di Velletri (1745), le sorti dell'Italia inferiore stavano per essere guidate da un governo si può dire nazionale. Con que' fatti l'autonomia nazionale fu veramente compiuta, ma gli uomini che ebbero in mano il timone della cosa pubblica, come anche le norme del governo politico e le leggi interne del palazzo, furono tutti e tutte cosa spagnuola. Lo stesso Tanucci, oltre l'essere egli stesso straniero alla nazione come agli usi napoletani, quando la nuda toga di leguleio ebbe coperta dalla corona marchesale, prese egli pure la boria ed il fare di un nobile spagnuolo rifatto. Le quali condizioni durarono sino al 1759, quando Carlo VII successe al padre

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Filippo V nel trono di Spagna; e furono continuate per tutto il tempo della reggenza (1759-1767) sino al 1776, nel quale anno il marchese Tanucci fu sbalzato dalla sedia del governo per opera dell'austriaca Maria Carolina, giovane regina del giovane e spensierato monarca di Napoli, Ferdinando IV Borbone. Succeduto al Tanucci il marchese della Sambuca, la barca napoletana andava come prima al rimorchio della nave spagnuola, quando l'irosa timoniera nel 1786 gittò il marchese siciliano nelle acque, e sostituendogli in apparenza il marchese Caracciolo, essa stessa prese il timone e lo passò realmente nelle mani dell'inglese marinaio Giovanni Acton, conservandosene però essa la direzione suprema.

Il perno maestro, intorno al quale s'incardinò la storia e si aggirarono le fortune di quel nuovo regno, fu la questione religiosa, la quale tenne occupate le menti, e le azioni principali di tutti i governatori napoletani per lo spazio si può dire di quasi tutto il secolo decimottavo. Prima di farmi a raccontar di proposito e particolareggiatamente le controversie gravissime, che furono agitate tra le corti di Napoli e di Roma nell'ultimo ventennio di quel secolo, stimo necessario di presentare al lettore una succinta esposizione de' fatti e de' principii antecedenti, i quali ci porgono della necessità e dell'esito di quelle le cause storiche e logiche insieme. Lo spirito nuovo, che aveva preparato e disposto gli animi alle riforme del Tanucci, venne raccolto e ridotto quasi in sistema ne' libri del Giannone. Ed all'opera del Tanucci, diretta con istudio e con una tal quale moderazione contro la giurisdizione ecclesiastica nelle cose e nelle persone del regno, tenne dietro quella assai più violenta del marchese della Sambuca. Una esposizione anche sommaria dello spirito de' libri del Giannone, e delle geste de' due marchesi, ci apre la via e ci offre la luce, onde comprendere il nesso delle cause storiche, che indussero la corte di Napoli e quella di Roma alle relazioni storiche di un Concordato religioso e politico, le quali formano l'argomento dell'opera presente.

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