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tempo, luce, freddo, pietra, egli riuscì a fare una Canzone, non breve al certo, perchè composta di sessantasei versi, la quale per la varietà e nobiltà de' concetti, per la proprietà delle espressioni, per la vivezza delle immagini e per l'artifizio poetico, può dirsi in ogni sua parte compiuta e perfetta, ed infallibilmente superiore a quante di simili se ne rinvengono in tutti gl'italiani poeti :

« Amor, tu vedi ben, che questa donna

La tua virtù non cura in alcun tempo
Che suol dell' altre belle farsi donna.
E poi s'accorse ch' ell' era mia donna,
Per lo tuo raggio ch' al volto mi luce,
D'ogni crudelità si fece donna,
Sicchè non par, ch' ell' abbia cuor di donna,
Ma di qual fiera l'ha d'amor più freddo;
Chè per lo tempo caldo e per lo freddo

Mi fa sembianti pur com' una donna,

Che fosse fatta d'una bella pietra

Per man di quel che me'intagliasse in pietra, ec. »

Questa maniera di poesia, se piacque a Dante talvolta, piacque altresi al Petrarca, il quale ci ha dato nel suo Canzoniere alquante di tali Sestine e semplici e doppie. Ma in simili componimenti essendo il Poeta obbligato (come qui sopra accennai, e come può vedersi dal brano riportato) a ripetere in ogni stanza, con ordine peraltro inverso, i vocaboli stessi con che terminano i versi della prima, è molto difficile, ch' ei giunga ad uscirne con plauso, non potendo se non per opera di grande ingegno e di molto studio far servir sempre le stesse parole alla varietà de' concetti. Può adunque facilmente accadere, che la cosa stessa si ridica quivi più volte, che si cada in freddure, e più particolarmente che si pongano delle espressioni non naturali, e delle frasi lambiccate e contorte. Così appunto accadde a parecchi rimatori contemporanei dell' Alighieri; ed il Petrarca altresì, abbenchè in ogni sua cosa sì forbito e si terso, sembra in un tal genere di componimento non essere molto felicemente riuscito. Questo almeno è il giudizio del Tassoni, giudizio pur dato

Cioè, e poichè.

dal Sismondi allor che egli nella sua Istoria della letteratura del Mezzogiorno dell' Europa, prese, fra le altre cose, a fare una censura delle Sestine del Cantore di Laura.

Cino da Pistoia, dolente per la perdita della sua amata, scrisse una Canzone, la quale comincia La dolce vista e'l bel guardo soave. Essa, non ha dubbio, racchiude qualche tratto peregrino e passionato sì come quello,

« Quando per gentil atto di salute '

Ver bella donna levo gli occhi alquanto,

Si tutta si disvia la mia virtute,

Che dentro ritener non posso il pianto,
Membrando di Madonna, a cui son tanto
Lontan di veder lei:

O dolenti occhi miei,
Non morite di doglia?

Si per vostro voler, pur ch' Amor voglia.

Ma quanto essa non è inferiore ai componimenti che Dante scrisse intorno un eguale subietto? La Canzone alla Morte, che apparisce dettata nel tempo d' una grave malattia di Beatrice, è una delle più affettuose di lui, e delle più belle che si abbia la lirica italiana. Tutte le stanze di questa Canzone cominciano con una invocazione alla Morte; e ad essa il Poeta le sue parole dirige, perciocchè vuol far prova d'ammansirla: egli espone tutte le ragioni, che il cuore e l'intelletto potean suggerir ad un amante per arrestare il colpo fatale; e termina sperando che la Morte si rimuova dal suo fiero volere sì che al mondo possa tuttavia far dono di se quell'anima gentile, cui dono di se aveva fatto il Poeta. Ma questi concetti con qual bellezza di modi, con quale incanto di stile, con qual magnificenza di poesia sono significati!

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«Io vengo a te, com' a persona pia,

Piangendo, o Morte, quella dolce pace,
Che il colpo tuo mi toglie, se disface
La donna che con seco il mio cor porta,
Quella ch'è d' ogni ben la vera porta.....

Saluto, salutazione.

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« O Canzone (egli termina) tu vedi bene com'è sottile quel filo, a cui

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la mia speranza s' attiene, e quello ch'io più possa senza di que>>sta donna: però con tue ragioni muovi sommessa ed umile, e fa di >> non esser tarda: chè a tua fidanza io ho avuto ricorso ai prieghi. Con quella umiltà, di che ti ammanti, fatti dunque, o dolente mia Canzone, dinanzi alla Morte, sicchè ella voglia por modo alla sua crudeltà. E s'egli avviene che per te sia rimosso il suo micidiale volere, fa tosto di portarne novelle alla mia donna e di confor» tarla ec. »>

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Così la Ballata che in morte della medesima Beatrice dettò, è si piena di sentimento e d'affetto, ed ha un tuono tale di gentile malinconia, che non riscontrasi, almeno di tanta efficacia, ne' rimatori di quell' età. In morte della sua Selvaggia scrisse Cino un'altra Canzone, ed è questa uno de' di lui migliori componimenti:

<< Oimè lasso ! quelle treccie bionde

Dalle quai rilucieno

D' aureo color li poggi d'ogni intorno;

Oimè la bella cera, e le dolci onde,

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