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Beatrice adunque possiamo concludere, fu, finchè visse, la sola ed esclusiva fiamma dell' Alighieri: ma passata ch'ella si fu a miglior vita, poterono altre donne divenire l'oggetto dell'amore di Dante? Questo è ciò che ora mi prefiggo cercare, lo che non fia se non d'un qualche interesse nella storia della Vita di Dante, e d'una qualche utilità alla maggiore intelligenza d' una parte delle di lui erotiche poesie.

Lascierò affatto di parlare di Gemma Donati, ch'egli senza sentire un qualche affetto non si sarà certo indotto a sposare; lascierò per ora di parlare dell' altro suo amore, tutto intellettuale e simbolico, quello cioè della Sapienza, di cui parlerò nel seguente capitolo, non che nella Dissertazione al Convito; e terrò unicamente discorso degli altri suoi amori per donne.

Poco appresso la morte di Beatrice, il Poeta egli stesso nella Vita Nuova ingenuamente racconta di essersi incominciato a innamorare d' un'altra femmina, non tanto perchè ell'era giovane, gentile e bella molto, quanto, e più specialmente, perch'ella gli si mostrava pietosa, e parea compiangerlo del profondo abbattimento in cui si trovava per la perdita della sua amata. I Sonetti Videro gli occhi miei, Color d'Amore, L'amaro lagrimar, Gentil pensiero, Lasso per forza de'molti sospiri, e forse anche l'altro Poichè sguardando, furono da Dante scritti in forza appunto della novella passione, che per cotesta femmina parea incominciasse a signoreggiarlo. Ma come egli aveasi per l' innanzi prefisso di serbar sua fede a Beatrice benchè morta, anzi di volerne creare un simbolo, quello cioè della Sapienza, e ad esso volgere il suo novello amore di sensuale cambiato in intellettuale, così il terreno pensiero, il quale aveagli per alquanti giorni parlato di quella pietosa femmina (pensiero, egli dice, gentile, in quanto di gentil donna ragionava), cominciò ben presto ad essere da lui tenuto vilissimo. Per tal modo più là non andò quel principio di sensuale appetito. '

Ma che pur in seguito Dante si tenesse ognor saldo contro i colpi

1 Anche nel Convito, trat. II, cap. II, fa Dante alcune parole intorno di questo novello amore, ch'egli dice peraltro di aver potuto vincer ben presto, perchè Beatrice tenea tuttora la rocca della sua mente.

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d'Amore, è cosa ch'io non posso affermare, e che per lo contrario, a differenza di molti ch' han parlato degli Amori di Dante, 1 debbo dimostrare non vera, costrettovi dalla forza della verità. Infatti non sapremmo veder nulla d'improbabile e di straordinario in questo: che un uomo, il quale dalla sua prima gioventù avea provate le fiamme amorose, un uomo d'alta ed ardente fantasia, un poeta infine, privo per morte del caro oggetto de' suoi primieri sospiri, e lontano per l'esilio dalla sua sposa (che peraltro non riempì giammai il vuoto lasciatogli nel cuore dalla partita di Beatrice) abbia potuto provare nella sua virilità un'inclinazione amorosa, un naturale assetto per una qualche femmina di bellezza e di be' pregi adornata. Nella qual cosa sarebbe più facilmente da scusarsi l'Alighieri che il Petrarca, il quale, mentre ne' suoi versi profondeva tanta purità di sentimenti e tanto entusiasmo di virtù, mentre descriveva la sua fiamma per Laura come unica ed esclusiva, facendosi credere un martire sublime dell' amor platonico, teneva, vivente Laura, e nella stessa città d'Avignone, commercio con altra donna, dalla quale è noto aver egli avuto due figli naturali.

Se Dante infatti, estinta Beatrice, non avesse amate altre donne, come mai avrebbe potuto meritarsi i rimproveri di quella, quand' egli finge incontrarla nel suo viaggio al cielo? Nel Purgatorio, canto XXX, dopo aver raccontato, come quivi gli apparve Donna chiusa in candido velo, e sotto verde manto, Vestita di color di fiamma viva, vale a dir Beatrice, prosegue dicendo: Ed il mio spirito ch'era >> stato già tanto tempo, dacchè alla presenza di lei non rimaneasi >> tremante e abbattuto; senza avere dagli occhi conoscenza alcuna (poichè Beatrice era velata),

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>> D'antico amor senti la gran potenza.

>> Tosto che fui percosso da quell'alta virtù, la quale aveami trafitto

>> Prima ch' io fuor di puerizia fossi,

volsimi a sinistra per dire a Virgilio, il quale io credeva tuttor li

Fra gli altri il Filelfo, il Biscioni, il Missirini.

2 Cioè nel suo nono anno.

presente: Men che dramma di sangue m' è rimasa, la quale non tremi;

>> Conosco i segni dell' antica fiamma. »

Quindi Beatrice prende la parola, così rimproverandolo: «< Oh! » Dante, poichè Virgilio se n' andò, non piangere ancora, chè pian>> gere ti converrà ben tosto per più importante cagione. Per dono di natura, per l'influsso benigno de' cieli, e per larghezza delle grazie divine tu eri nella tua età giovenile in così buona disposizion naturale, che ogni tuo abito, se si fosse applicato al bene, avrebbe >> fatto in te prova mirabile.

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» Ma tanto più maligno e più silvestro

>> Si fa 'l terren col mal seme, e non colto,

>> Quant' egli ha più di buon vigor terrestro.

>> Ti sostenni alcun tempo colle attrattive del mio volto; e coll' in» nocente potere degli occhi miei giovinetti ti condussi per la retta via. Ma

» Quando di carne a spirto era salita,

>> io cominciai ad esserti meno cara e meno gradita, e tu a me ti togliesti, dandoti in preda ad altri amori, e volgendo i tuoi passi » per via non vera,

» Immagini di ben seguendo false,

>> Che nulla promission rendono intera.

Non mi valse il richiamarti al diritto sentiero colle ispirazioni e >> coi sogni tanto ti abbandonasti al tuo acciecamento, che per ri>>trartene mi fu d' uopo mostrarti i castighi delle perdute genti.

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Nè qui alle rampogne Beatrice fa fine, perciocchè ella prosegue, così dicendo (canto XXXI): « Ma dimmi, dimmi, se questo, di che >> io ti rimprovero, sia vero: tanta accusa conviene esser congiunta alla tua confessione. » Dante confuso e pauroso, a bassa voce risponde di sì: quindi dopo la tratta d'un amaro sospiro, esclama piangendo :

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Le presenti cose

>> Col falso lor piacer volser miei passi,

>> Tosto che il vostro viso si nascose. >>

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Ed ella: « Ancor che tu tacessi o negassi ciò che ora confessi, la » tua colpa non fora meno nota, poichè sallasi tal Giudice d'infinita sapienza, cui tutto il passato e il futuro è sempre presente. Tut>> tavia, perchè porti meglio vergogna del tuo errore, e perchè, udendo » altra volta le Sirene, ti dimostri più forte, calma il dolore, cagione >> del tuo pianto, ed ascolta: così udirai come in parte contraria do» vea condurti l'imagine del mio terreno velo or sepolto.

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>> Mai non t'appresentò natura ed arte

» Piacer,' quanto le belle membra, in ch' io

>> Rinchiusa fui, e ch' or son terra sparte.

E se questa grande terrena bellezza ti venne per la mia morte a » mancare, qual' altra cosa mortale dovea poi occupare i tuoi desi

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» derii? Istrutto dal primo esempio tu dovevi inalzarti al di sopra degli oggetti terreni, e me seguir sempre, me, che più non era » fallace e manchevole. Non doveano farti abbassare il volo e farti » provare colpi novelli o giovani donne o altre vanità parimenti ca» duche. L'inesperto augelletto può cadere in un secondo, in un >> terzo laccio, ma l'augello, le cui penne invecchiarono, non paventa più nè reti nè dardi. »

>>

Ecco pertanto una sincera confessione dell' Alighieri, per la quale si accusa di essersi talvolta (dopochè Beatrice era di carne diventata spirito) lasciato vincere dalla passione d'Amore. L'Alighieri non scese mai a velare coll'ipocrisia i propri difetti, i quali peraltro non furon quelli d'un effeminato e di un libertino: chè s'ei non fu nemico del bel sesso, e s'ei talvolta sospirò per alcuna femmina, fece peraltro

« Come la fronda, che flette la cima

Nel transito del vento, e poi si leva

Per la propria virtù che la sublima. »

La riportata confessione è dunque conforme al carattere franco e schietto di lui; ed il Poeta in tanto più volentieri mossesi a farla in quanto che, come egli dice,

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L'accusa del peccato, in l'alta corte

Rivolge sè contra'l taglio la ruota. »'

Eppure alcuni pretendono che egli null' altro volesse in quella confessione ammettere, se non che di essere stato affascinato dall' amore degli studii profani, ovvero dalla vanità e ambizione degli impieghi e degli onori. Ma come potranno a cotal senso condursi quei versi, in fra gli altri, coi quali Beatrice così rimprovera a Dante i suoi trascorsi?

Tuttavia, perchè me' vergogna porti
Del tuo errore, e perchè altra volta
Udendo le sirene sie più forte,
Pon giù il seme del piangere, ed ascolta;

Ben ti dovevi, per lo primo strale

Delle cose fallaci, levar suso

Diretr' a me che non era più tale.
Non ti dovea gravar le penne in giuso,
Ad aspettar più colpi, o pargoletta,
Od altra vanità con si brev' uso. >>

Ed in conseguenza quale strana interpretazione dovrà darsi alle
frasi · Perchè altra volta udendo le Sirene tu sia più forte
Ben ti dovevi per lo primo strale levar su dalle cose fallaci
Non ti dovea far provare più colpi giovine donna ?

Gli amori di Dante per varie femmine, come per la giovinetta Gentucca lucchese, per quella conosciuta sotto il nome di Montanina, e detta dal Corbinelli di Casentino, per un'altra da Anton Maria Amadi chiamata Madonna Pietra della nobil famiglia Padovana degli Scrovigni, per la Bolognese e per altre, pensa il Dionisi esser tutte apparenze e sciocchezze, dette senza fondamento da chi non conosceva il subietto delle rime amorose dell' onestissimo Autore, nè la fatica da lui intrapresa nel Convito per ischermirsi da somiglianti calunnie. Io sostengo peraltro, che l'opinione sugli amori per la Lucchese e per la ignota femmina Casentinese non sia punto priva di fondamento, sì per quello che abbiamo or ora osservato in proposito de' tras

'Vale a dire: si spuntano le armi in mano alla divina giustizia.
Aneddoto II, pag. 111.

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