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Nisciuno. Idiotismo per nessuno il quale egli ha pen. satamente usato perchè voleva ritrarre al vero quel parlare misto di vernacolo e di aulico ch'era ed è generalmente usato nella città di Napoli. V. I.

Scena III.

Aguglie. Forma volgare di aghi.
Oscitare. Sbadigliare, latinismo.

Zalarath. Parole senza significato colle quali Scaramure cerca imbrogliare quel babbuasso di Bonifacio.

Scena VI.

Domine Scaramuree. Il pedante pronunciando queste parole con tono speciale come era allora caratteristico di essi, della loro professione e del loro tempo allunga l'e finale del nome dello zingaro.

Scena VII.

Hoc est magis ter. Questa etimologia burlesca ripete il Molière nel Dépit amoureux. (Atto II, sc. VII).

Nux Ovidiana. Accenna al breve componimento poetico di Ovidio: Nux.

Questo secol noioso, ecc. Sono versi del Petrarca. Trionfo d'Amore, cap. I, 17-8.

Scena VIII.

L'osteria del Cerriglio. Famosissima osteria celebrata in molti componimenti napolitani. Vedi Basile Egloga III, Michele Zetta gli Ozii Poetici. Di burle fatte ad osti è ricchissima la letteratura orale di Napoli e della Sicilia. Acqua nanfa. Sorta d'acqua odorosa, ricordata anche dallo Straparola nelle Piacevoli notti.

Lavezzi. Lavezzo o laveggio, annota la Crusca, è un • vaso che s'usa in Lombardia per cuocervi entro la vivanda in cambio di pentola ed ha il manico come il paiuolo.

Acciaffaimo. Acchiappammo, afferrammo. Basile. Pent. IV, 6. Lo fece subbeto acciaffare.

Giocare a cinque dadi. Allusione oscena che comprenderebbe chi leggesse Il novo parlatorio delle monache di Baldassare Sultanini, bresciano, alla fenestra quinta ove un frate predicatore giuoca a cinque dadi con una mo

naca.

Scena IX.

Attraparemo. Lo faremo entrare nella trappola, dal franc attraper accalappiare.

Senza dubito alcuno. Dal franc. doute, dubbio.

Scopetta, spazzola.

Atto IV, scena I.

Affatturarmi. Farmi soggetta di magiche operazioni e incanti. Dante, Inf. XI, 58, e chi affattura.

Scena II.

Improntiate. Dal francese emprunter, chiedere o ottenere in prestito.

Dimorar. Trattenerla.

Scena V.

Bardascio sfondato. Si avverta l'ingiuria star nello sfondato giacchè bardascio (nel napolitanesco come in Sicilia) vuol semplicemente dire giovanetto, ragazzo e non ha il senso turpe del bardassa italiano.» V. I.

Ventura dio, ecc. Detto popolaresco. Si trova ripetuto nel Tesoro del Groto (Atto Il, sc. II), e nella Cortegiana (Atto IV, sc. XVIII) dell'Aretino.

Un bresciano uomo cortese. Venuto da Padova a Brescia il Bruno fu accolto male dai Bresciani e pare sia stato anche esposto a ingiurie e scortesie.

Cargata. Carcata, caricata.

Solaggiar dal franc. soulager, sollevare l'animo d'alcuno, consolarlo.

Il come et quale. Termini della filosofia scolastica. Qui, come ne' seguenti versi di Dante:

E vidi il buono accoglitor del quale

(Inf., c. VI, v. 139.)

La spera ottava vi dimostra molti
Lumi; li quali nel quale e nel quanto ecc.
(Parad., c. II, v. 64-5.)

quale sta per qualità.

Andate a S. Maria della Nova. Santa Maria la Nova era chiesa e convento in Napoli de' frati francescani; ed i suoi abitatori avevano volgarmente fama infame di di

scoli e sodomisti; sicchè il mandare uno a Santa Maria la Nova, nel linguaggio plebeo equivale ad augurargli di esser ridotto nello stato, in cui abbiamo visto Bartolomeo poco prima affermare che Cupido si trovi.» V. I. Scarupato, equivale a rovinato, abbattuto, mandato a terra. V. I.

Stasonare. Stagionare.

Morse. Forma dialettale per mori.

Mene, Mene, ecc. Parole storpiate dal francese. Patire. Qui questo verbo è usato nello senso osceno in cui è usato frequentemente da Plauto.

Vianda. Dal franc. viande vivanda.

Pottone. Dal franc. potion bevanda, pozione.

Scena IX.

Otto conti d'oro. Un conto vale un milione. V. I.

Scena X.

Giesù auto. Smozzica lo scongiuro biblico. Jesus autem transiit et per medium illorum ibat. V. I.

Scena XII.

Attollite portas. Parole dell'Ufficio di Maria vergine: Attollite portas, principes, vestras et elevamini portæ æternales et introibit rex gloriæ.

Scena XIIII.

Liberamus domino per Libera me domine, note parole degli ufficii sacri.

Officio de fontoro per officium defunctorum.

Verberate. Lat. battete con le verghe.

Po' San Manganello Vale: Poffare S. Manganello.

Il sesto: Conticuere omnes. L'Imbriani e il Graf credono a buon diritto che il Bruno per indicare vie meglio la perturbazione del pedante gli faccia citare a sproposito i primi emistichii dei primi sei libri dell'Eneide.

Cennera, ecc. per genera nommum quot sunt.

Omne viro, ecc. Questa scena è stata imitata debolmente dice l'Imbriani dal Molière nella scena XIX della sua Comtesse d'Escarbagnas.

Geno, dal lat. genus.

Atto V. scena II.

Sale armoniaco. Per effetto comico invece di ammo

Spaccatornese. È vocabolo napoletanesco e val quanto

avarissimo. » V. I.

Scena III.

Vicaria. Il Castel Capuano edificato dai Normanni presso porta Capuana a Napoli divenne da palazzo reale palazzo di Giustizia per opera del vicerè Pietro Toledo verso il 1540. Esso gli diede anche la forma che conserva tuttora. Le stanze inferiori servirono un tempo come prigioni.

Scena IIII.

Uno ex tribu ed Autem. Principii di orazioni della chiesa. Sciarra. Contesa. Vivissima nel Napoletano e in Sicilia benchè parola schiettamente italiana. Vedi L. Pulci, Morg. c. XVIII, st. CXIX, L. Lippi, Malm. c. IX, st. XXXVIII, ecc.

Bastaggio. Facchino. È vivo ne' dialetti meridionali. Fu un tempo comune a tutta Italia. Si trova nella Gior. IX, N. 1, del Pecorone di Ser Giovanni, nel c. XV, st. CCVIII del Morgante, nella Piazza Universale in una Laude di Fra Jacopone:

Et io so' 'l pazzo malvagio
Che per dio non vo disagio
Che dovria come bastagio
Macerar la carne mia.

Scena V.

Marranchino. « Ladroncello, parola d'ingiuria diminutivo di marrano come furono chiamati i mori per disprezzo dai Cristiani » Galiani. Lombardi nella Ciucceide c. XIII st. VII, Basile Pentamerone IV, 2.

Scena VI.

Frappone. «Viene da frappare che è vocabolo italianissimo. V. I. Però il vocabolo è d'origine francese (frapper) e penetrato sin dai primi secoli insieme a moltissime parole di origine francese nella nostra lingua.

Cappello paga tutto. Frase popolarissima che vale; c'è chi l'ha da pagare. Vedine meglio il valore nel conto Lu Napulitanu e lu Sicilianu nelle Fiabe e Novelle e Racconti Popolari Siciliani Raccolti ed Illustrati da G. Pitré Palermo. L. Pedone-Lauriel, 1875, pag. 159.

Scena X.

Barba posticcia. Voglio anche aver notato che il Bruno s'è avvalso di alcuni epigrammi di Marziale c. I, XXX; II, XX; VI, XXX. » V. I.

Preciaria. «È termine forense ed equivale a guarentiggia, mallevaria; da preggiare (pleggiare). » V. I.

Scena XI.

Tantillo dim. alla latina di tanto.

Scena XIII.

Camiso. Camicia. Form. dialett.

Fazzone dal franc. façon, modo, maniera.

Scena XVII.

Fuorchè a S. Leonardo Hassi da' Cristiani questo santo (S. Lonardo) in somma venerazione per istimarsi ch'egl sia il protettore dei prigioni ». Camillo Pozzio: La Cong. dei Bar. (ed Sansoni).

Affrontato. Recato affronto, vergogna.
Pippata, pupattola.

Scena XVIII.

Vultui ti. Scaramurè smozzica le parole sacre in sudore vultus tui.

Bezzo. Voce veneziana, annota la Crusca, ma usata anche talora presso di noi in significato di danaro in generale. Doveva essere moneta vilissima.

Scalfato. È forma meridionale del vocabolo che si ritrova anche nei Contrasto di Ciullo d'Alcamo: innanzi scaffi un uovo. » V. I. Significa riscaldato, adirato.

Scena XIX.

Scipione Savolino. Dovette essere dal lato materno parente a Giordano.

Vadde in pacio. Parole storpiate dal latino.

Scena XX.

Giacopon Tansillo. I Bruni erano amici de' Tansillo (vedi Eroici Furori, Dialogo 2.a) Ma chi sia questo Jaco

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