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LIBERMA
JULY 1928

17636

Avvertimento.

I.

Credemmo di far cosa del tutto utile e degna di noi e de' leggitori di questa modesta e pur tanto preziosa biblioteca, non che opportuna, a por mano ad una nuova edizione della commedia di Giordano Bruno Candelaio, e ciò per più ragioni.

Anzi tutto pe' pregi singolarissimi di essa: poi perchè di questa commedia, come di tutte le opere del Bruno, oltre che sono estremamente rare le prime stampe e gran cosa è se trovasi ad averle qualche biblioteca famosa, le due sole edizioni poste già ai commerci l'una del Wagner (Lipsia 1830), l'altra del Camerini per la biblioteca rara Daelli (Milano 1863) piene di sconcezze tipografiche e turpemente scorrette, sono or mai irreperibili. Chi abbia vaghezza di sapere in qual modo sciaguratissimo sia spropositata la prima di queste due ediizioni non ha che a leggere lo scritto del compianto Imbriani nel volume ottavo e nono del giornale il Propugnatore del quale mi sono giovato non poco per la presente edizione, massime per le note; l'altra fatta pur troppo! - sull'edizione tedesca non offre che un testo in molti luoghi ancor più spropositato e scorretto si che a ragione l'Imbriani giudicolla < un vitupero per la tipografia italiana. » (1)

(1) Propugnatore, vol., 8, part. I, pag., 76.

Ma se il Camerini può forse venir scusato sia per essergli riuscito impossibile procacciarsi un esemplare della prima edizione di questa commedia (Parigi 1582) e perchè peccò in buona fede fidando troppo nella dottrina tedesca del dottore Adolfo Wagner, costui, dottore, tedesco, autore di una grammatica italiana, di parecchi scritti sulla nostra letteratura, costui, che l'antica edizione parigina abbastanza corretta ebbe, oh! chi vorrà scusarlo? Chi mai quando egli col sussiego del mi so ben quel che mi faccio, emenda comicamente passi correttissimi, non intende parole e voci prettamente italiane, e strazia, e tortura, e fa grande scempio di questa nostra commedia? Chi riconoscerebbe in quell'edizione miserabilissima l'opera del Bruno?

Ma ora essendosi due anni fa in Napoli, a cura di Vittorio Imbriani pubblicata una ristampa in dugento esemplari numerati di quella prima rarissima ed irreperibile edizione del Candelaio, a noi fu possibile guidati da essa, pur discostandocene in qualche rarissimo e singolo punto e ne avvertimmo a piè della pagina il lettore, o in qualche minuzia ortografica insignificante, non mirando noi a fare nè una edizione critica nè una ristampa diplomatica, offrire un testo, crediamo, sicuro e per quanto ci fu possibile abbastanza corretto, comunemente leggibile.

Si che se noi abbiamo fatta cosa migliore che il Wagner e il Camerini non fecero, alla non_mai abbastanza compianta memoria di Vittorio Imbriani ed al valoroso suo discepolo prof. Giovanni Tria, che mancato il Maestro attendeva con ogni diligenza e grandissima fatica a seguire con gli stessi intendimenti l'interrotta ristampa, i leggitori ne rendano grazie, che di essi e non nostro è il merito. De' difetti nostri ci scusi almeno il ñostro buon volere.

Questo ci premeva avvertire

Alcune notizie

sulla vita di Giordano Bruno.

II.

Le notizie che premettiamo sulla vita di Giordano Bruno le abbiamo ricavate dal pregevole libro di D. Berti: Vita di Giordano Bruno da Nola: spesso adoperando, ove la precisione sembrava richiederlo, le sue stesse parole. Ad esso dunque rimandiamo chi volesse saper di più e più largamente che qui non possiamo della vita è de' casi del Nolano.

Da Giovanni della nobile famiglia de' Bruni che fu forte e valoroso soldato, amico de' Tansillo e, c'è lecito supporlo, pur intinto di lettere, e da Fraulissa Saulino nasceva nel piccolo borgo ora distrutto di San Giovanni al Pesco a piè de' colli Cicala in Nola l'anno 1548, quattro anni dopo il Tasso, Filippo, che giovanissimo, non ancora compiuti quindici anni fu frate e si chiamò Giordano.

Nasceva sotto quel lembo ridente di cielo campano ove sì mite e dolce è il clima, sì fertile e ricco di ogni prodotto il suolo col quale egli pare abbia avuto comune l'ardente natura; natio di quella nobil patria italica che tanti e sì grandi letterati e filosofi diè allora al mondo: il Sannazzaro e il Porzio, il Cariteo e il Costanzo, il Telesio e il Campanella e il Tansillo e vi fioriva il Pontano e il Panormita ed altri moltissimi. E questa patria ove parea si conservasse per lunghi secoli qualcosa della sapienza della Grecia antica e dei liberi insegnamenti di Pitagora egli amò sempre con affetto che parve e fu entusiasmo.

De' suoi primi anni ci manca ogni notizia; null'altro si sa che di uno strano pericolo cui incorse

e che egli stesso ci racconta. Un giorno egli, innocente pargolo, stava nella culla quando vide da un forame delle vecchie pareti della camera sbucar fuori un vecchio e grosso serpente che veniva minaccioso alla sua volta. Egli era tutto solo nè aveva ancora snodata la lingua alle prime articolazioni infantili. Atterrito alla vista minacciosa del serpente diè in altissime strida e chiamò per nome il padre che trovavasi nella stanza vicina. Così scampava al pericolo. Poi dell' infanzia nient'altro. Ma essa lieta certo non fu. Chè anche negli anni più maturi, in uno degli ultimi suoi scritti egli ricordava ancora in versi « che paiono strappati a lui di bocca dal dolore >> così il Berti, il longum a pueris luctamen, i dolori degli anni suoi primi.

Così Giordano non corrotto dagli agi della vita veniva fra gli stenti rafforzando sempre più la salda tempra del suo carattere che nulla, nè meno le fiamme di un feroce supplizio, poscia piegò.

Quali le ragioni che lo determinarono a vestire l'abito de' domenicani ignoriamo. Crediamo però col Bartholmèss e col Canello che « disperando forse d'aver altrimenti mezzi bastanti per compiere la sua istruzione» entrasse nel convento che fu quello di San Domenico Maggiore in Napoli che ancora echeggiava della voce dell'Aquinate ed era pieno della gloria della sua memoria. Il primo anno di noviziato passò in pie occupazioni e fu professo per la sua condotta esemplare dallo stesso priore del convento. Ma sin d'allora venne in lotta col suo spirito irrequieto che lo trascinava alla libera disamina dei dogmi e che doveva poi condurlo a sfatare un edificio di paure e di menzogne. Fu allora che il padre de' novizii scrisse contro Giordano un'accusa che se non fosse stata dallo stesso zelante padre lacerata lo avrebbe condotto dinanzi ai giudici.

In tali lotte e siffatti contrasti nel 1572 a ven

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