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Perché in essa, Beatrice gli rivelò ch'ella era veramente beata, e qual fosse lo stato delle anime in cielo, e gli annunziò che egli avea grazia per salvarsi e rivederla in Paradiso.

Ora, anche questo, ed, oltre a questo, tutto quello, di cui si è discorso finora, e cioè la glorificazione di Beatrice e la sua esaltazione, dalla morte all'ultima visione, Dante trovava in alcune glorificazioni di Santi: fra le quali, per non uscir fuori dal cerchio, nel quale ci stiamo aggirando, ed anche perché ci fornisce più elementi di tutti gli altri esempi, e soprattutto perché si tratta di un celebre Santo, la cui vita fu celebrata da altri celebri Santi; noi possiamo ritornare sulla glorificazione di S. Girolamo fatta nelle tre lettere citate di S. Eusebio, S. Agostino, e S. Cirillo. Cosí ci teniamo anche stretti all' importante lettera dello stesso S. Girolamo, nella quale abbiamo trovato tanta materia di confronto; e ritorniamo, ricapitolando tutto, a scritture, le quali ci hanno dato già belli ed importanti esempi di raffronti con la scrittura dantesca '. Vediamo, dunque.

VI.

Comincia Eusebio col dire che erano tutti come pastori erranti, nelle cieche tenebre di favolose superstizioni ed eresie, quando apparve questo

Ripeto che qui non si tratta di fonti, ma di esempi di confronti, che si potrebbero moltiplicare con altre vite di Santi.

Sole, che risplendette per cinquant'anni : « Questa luce nel tempio di Dio rendé splendore dall'oriente infino all' occidente » E glorificando la sua sapienza, la sua dottrina, dice pure: « Quest'uomo fu di somma umilitade, e a tutti benigno, e mansueto, e di Dio diletto, e de' suoi amici, e fedeli; veramente vasello ornato d'ogni preziosa pietra di tutte maravigliose vertudi, e operazione dell'eccelso Iddio, e ora priega per la Santa Chiesa, ecc ». E si volge al Signore: «< O ineffabile misericordia del Salvatore, che per la salute di molti ti degnasti in questo tuo diletto Girolamo tante grazie, e virtú infondere, che quasi in nullo altro posso pensare, che tante fossono. » E lo rassomiglia al Battista; e dopo di averne brevemente detto la vita, conclude: « Veramente si può dire di lui come è scritto: La sua pazienzia ha aperti i cieli, perocché ivi sempre fu fermata la verità della sua gloria.... ». E viene a descriverne la morte e a dirne gli ultimi ammonimenti. « Spogliato del vestimento della morte, e della bruttezza di questa misera carne, adornato del palio di perpetua immortalitade al celestiale regno l'ha chiamato, acciocché quello, che vedeva quaggiù nello specchio, lassúe il veggia a faccia a faccia....». Ne riporta tutti gli ammaestramenti ai frati; e, in fine, la

Ripete qui il concetto dell' Epistola ad Eustochio: « Quivi (in Cielo) è ogni perfetta consolazione, che come è scritto, occhio umano non può vedere, né orecchia udire, né per cuor d'uomo si può pensare ». Piú giú lo stesso.

splendida invocazione alla morte: la chiama dolce e gioconda, e la prega di non più indugiare: << ricevi me, come tu ricevesti il mio Signore Iddio... Non ti indugiare; affrettati a pigliarmi perciocch'io languisco del tuo amore.... L'anima mia è tutta liquefatta per desiderio di potere trovare lo mio diletto... Se piú t'indugi, il mio spirito manca per la moltitudine de'miei dolori, ma le tue consolazioni oggi letifichino l'anima mia. Tu, udendo la mia boce, non indurare lo tuo cuore, ecc. ». E mentre egli invoca cosí la morte, i frati intorno piangono! Egli li consola, e li bacia: e poi fa un'invocazione a Gesú, che lo riceva a sé; e, dopo un'altra splendida orazione, si comunica; e, ripetendo le parole di Simeone, muore. E qui abbiam visto come si riproduca la scena della visione dantesca: ché si veggono schiere di angeli discendere a prendere l'anima di Girolamo, e se ne odono i canti: e« quell'anima santissima, come una stella radiante di tutte vertudi, uscita del corpo n' andò gloriosa al reame del Cielo, nel quale certamente, come luminare risplendentissimo risplende di splendore d'infinita beatitudine...... ». Che più? S. Cirillo (lo abbiamo anche visto) vide non minore quantità di angeli, che scendevano e salivano, «<e vide la gloriosa anima di S. Girolamo in mezzo di tutti quegli angeli adornata con meravigliose bellezze, dalla cui mano diritta era il Salvatore venendo con lei; e come giunse, dov'era il Vescovo Cirillo, si fermò, e sí gli disse: Conoscimi tu? Ed ei rispuose: No. E Cirillo gli

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disse: Chi se' tu, che se' cosí onorato? E que' rispuose: Avesti mai alcuna dimestichezza con Girolamo? E que' rispuose: Certo, colui, che tu nomini, io amo di singulare amore e carità. Ma domando io a te: Se' tu desso? E que' disse: Io sono l'anima sua, la quale già ricevo la gloria, la quale sperava.... Le quali parole compiute, quella beata visione disparve da' suoi occhi ». E qui scatta Eusebio: O grandezza del divino amore, o abbondanza della divina allegrezza, che più d'onore, e di grazia poté fare a questo suo figliuolo Santo Girolamo, conciosiacosaché nella vita, e nella morte abbia in lui mostrata tanta e sí copiosa magnificenza? Iddio gli ha dato eterna chiarità, e fatto l'ha reda de' suoi eternali gaudi, nelli quali in sempiterno permarrà. Che singolare onore, e maravigliosa gloria è quella di quello Beato, la quale quasi eccede l'onore e la gloria degli altri Santi, pensando che la sua santissima anima non solamente fu accompagnata da tutti i celestiali spiriti, ma presenzialmente vi fu esso proprio nostro Salvatore; e perciò non è dubbio, che quella santissima anima è collocata in singolare dignitade...».

E, dopo di aver discorso di alcuni miracoli, che fece alla sua morte, Eusebio comincia i la

1 Si noti però che il capitolo è intitolato: Visione mirabile, ch'adivenne nella morte di S. Girolamo, nella quale (si dice in seguito) il Signore rivelò il transito di questo Girolamo a Cirillo. Si tenga presente, per ora.

menti per la perdita di tanto uomo: « Adunque, per lo partimento di tale figliuolo si debbonospargere pietose lagrime, e per tanta sua gloria avere gaudio inestimabile. Adunque sia lecito alla pietosa madre di fare pietosi lamenti, vedendosi privata di tal figliuolo, come vedova di si caro marito... Priegovi, che non mi reputiate, a riprensione, perché io forse trascorra in dire di questo mio Santo Padre, e Maestro, più che non si confà a me, perocché spesse volte per troppa abbondanza di dolore si dice più che non si dee. O carissimi padri e signori, come è grande il mio dolore, guardandomi d'intorno in ogni parte per vedere, se potessi rivedere il mio Padre Girolamo, il quale m' ha tolto la crudele morte, e non truovo quegli, il quale era l'anima mia, per lo cui amore tanto mi dolgo e languisco; onde a me rincresce oggimai di vivere, perciocchè m'è tolto colui, ch'era la mia vita, sicchè sono iscosso come grillo, e la vertú mia è dinudata, e diventata arida, ed ho perduto il vedere degli occhi miei. Che letizia posso oggimai più avere in questo mondo, conciossiacosachè non posso vedere quegli, ch' era il mio lume. Scurato è il mio sole, e la luna non seguita il suo ordine... O malvagia morte, in quanti guai m'hai sommerso, perché togliendo il padre non pensasti com' hai lasciato il figliuolo cosí mendico d'ogni bene! Crudele morte, togliendo lui non lo ingiuriasti, ma sí me e quasi tutta Ecclesia... O perfetti Cristiani, piagnete, perocché è morto il vostro duca... Pianga la Chiesa... E im

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