Ed egli al suon del ragionar latino, Turbato in vista, si ritenne un poco; E poi, del mio voler quasi indovino, Disse: Io Seleuco son; e questi è Antióco Mio figlio, che gran guerra ebbe con voi: Ma ragion contra forza non ha loco. Questa, mia prima, sua donna fù poi, Che per scamparlo d'amorosa morte Gli diedi; e 'l don fu licito fra noi. Stratonica è 'l suo nome; e nostra sorte, Come vedi, è indivisa; e per tal segno Si vede il nostro amor tenace e forte. Fu contenta costei lasciarmi il regno, Io 'l mio diletto, e questi la sua vita, Per far, via più che sè, l'un l'altro degno. E se non fosse la discreta äíta
Del Fisico gentil, che ben s'accorse, L'età sua in sul fiorir era fornita. Tacendo, amando, quasi a morte corse: E l'amar forza, e 'l tacer fu virtute; La mia, vera pietà ch'a lui soccorse. Cosi disse; e, com'uom che voler mute, Col fin delle parole i passi volse, Ch'appena gli potei render salute. Poi che dagli occhi miei l'ombra si tolse, Rimasi grave, e sospirando andai; Chè 'l mio cor dal suo dir non si disciolse, Infin che mi fu detto: Troppo stai In un pensier alle cose diverse; E'l tempo ch'è brevissimo ben sai. Non meno tanti armati in Grecia Serse, Quant'ivi erano amanti ignudi e presi; Tal che l'occhio la vista non sofferse: Varj di lingue e varj di päesi
Tanto, che di mille un non seppi'l nome; E fanno istoria que' pochi ch'io 'ntesi.
Perseo era l'uno; e volli
saper come Andromeda gli piacque in Etiopia, Vergine bruna i begli occhi e le chiome. E quel vano amator, che la sua propia Bellezza desïando, fu distrutto;
Povero sol per troppo averne copia; Che divenne un bel fior senz'alcun frutto. E quella che, lui amando, in viva voce, Fecesi 'l corpo un duro sasso asciutto. Ivi quell'altro al mal suo si veloce, Ifi, ch'amando altrui, in odio s'ebbe; Con più altri dannati a simil croce; Gente cui, per amar, viver increbbe: Ove raffigurai alcun' moderni, Ch'a nominar perduta opra sarebbe. Quei duo che fece Amor compagni eterni, Alcione e Cëice, in riva al mare
Far i lor nidi a' più söayi verni: Lungo costor pensoso Esaco stare, Cercando Esperia, or sopr'un sasso assiso, Ed or sott'acqua, ed or alto volare: E vidi la crudel figlia di Niso
Fuggir volando; e correr Atalanta, Di tre palle d'ôr vinta, e d'un bel viso; E seco Ippomenés, che fra cotanta Turba d'amanti e miseri cursori, Sol di vittoria si rallegra e vanta. Fra questi favolosi e vani amori
Vidi Aci, e Galatea che 'n grembo gli era, E Polifemo farne gran romori :
Glauco ondeggiar per entro quella schiera, Senza colei cui sola par che pregi, Nomando un'altra amante acerba e fera: Carmente e Pico, un già de' nostri regi,
Or vago augello; e chi di stato il mosse, Lasciogli 'l nome e 'l rëal manto e i fregi.
Vidi 'l pianto d'Egeria; e 'n vece d'osse, Scilla indurarsi in petra aspra ed alpestra, Che del mar siciliano infamia fosse: E quella che la penna da man destra, Come dogliosa e disperata scriva, E'l ferro ignudo tien dalla sinestra: Pigmalion con la sua donna viva; E mille che 'n Castalia ed Aganippe Vidi cantar per l'una e l'altra riva; E d'un pomo beffata alfin Cidippe.
CAPITOLO TERZO
Era si pieno il cor di maraviglie,
Ch'io stava come l'uom che non può dire, E tace, e guarda pur ch'altri 'l consiglie; Quando l'amico mio: Che fai? che mire? Che pensi? disse; non sai tu ben ch'io Son della turba, e mi convien seguire? Frate, risposi, e tu sai l'esser mio,
E l'amor di saper, che m'ha si acceso, Che l'opra è ritardata dal desío. Ed egli: I' t'avea già tacendo inteso: Tu vuoi saper chi son quest'altri ancora: I' tel dirò, se'l dir non m'è conteso. Vedi quel grande, il quale ogni uomo onora: Egli è Pompeo; ed ha Cornelia seco, Che del vil Tolomeo si lagna e plora. L'altro più di lontan, quell'è 'l gran Greco; Ne vede Egisto e l'empia Clitennestra: Or puoi veder Amor s'egli è ben cieco. Altra fede, altro amor: vedi Ipermestra; Vedi Piramo e Tisbe insieme all'ombra; Leandro in mare, ed Ero alla finestra.
Quel si pensoso è Ulisse, affabil ombra, Che la casta mogliera aspetta e prega; Ma Circe, amando, gliel ritiene e 'ngombra. L'altr'è 'l figliuol d'Amilcar: e nol piega In cotant'anni Italia tutta e Roma; Vil femminella in Puglia il prende e lega. Quella che 'l suo signor con breve chioma Va seguitando, in Ponto fu rëína: Come in atto servil sè stessa doma! L'altra è Porzia, che 'l ferro al foco affina: Quell'altra è Giulia; e duolsi del marito, Ch'alla seconda fiamma più s'inchina. Volgi in qua gli occhi al gran Padre schernito, Che non si pente e d'aver non gl' incresce Sette e sett'anni per Rachel servito: Vivace amor, che negli affanni cresce! Vedi 'l padre di questo; e vedi l'avo, Come di sua magion sol con Sarra esce. Poi guarda come Amor crudele e pravo Vince David, e sforzalo a far l'opra, Onde poi pianga in luogo oscuro e cavo. Simile nebbia par ch'oscuri e copra
Del più saggio figliuol la chiara fama, E'l parta in tutto dal Signor di sopra. Ve' l'altro, che 'n un punto ama e disama: Vedi Tamár, ch'al suo frate Absalone Disdegnosa e dolente si richiama. Poco dinanzi a lei vedi Sansone, Via più forte che saggio, che In grembo alla nemica il capo pone. Vedi qui ben fra quante spade e lance Amor e 'l sonno, ed una vedovetta Con bel parlar e sue pulite guance Vince Oloferne; e lei tornar soletta Con un'ancilla e con l'orribil teschio, Dio ringraziando, a mezza notte in fretta.
Vedi Sichen, e 'l suo sangue ch'è meschio Della circoncision e della morte;
E'l padre côlto e 'l popolo ad un veschio: Questo gli ha fatto il subito amar forte. Vedi Assüero; e 'l suo amor in qual modo Va medicando, acciò che 'n pace il porte. Dall'un si scioglie, e lega all'altro nodo: Cotale ha questa malizia rimedio, Come d'asse si trae chiodo con chiodo. Vuoi veder in un cor diletto e tedio, Dolce ed amaro? or mira il fero Erode, Ch'amor e crudeltà gli han posto assedio: Vedi com'arde prima, e poi si rode, Tardi pentito di sua feritate; Marianne chiamando, che non l'ode. Vedi tre belle donne innamorate, Procri, Artemisia, con Deidamía; Ed altrettante ardite e scellerate, Semiramis e Bibli e Mirra ria;
Come ciascuna par che si vergogni Della lor non concessa e torta via. Ecco quei che le carte empion di sogni, Lancilotto, Tristano, e gli altri erranti, Onde conven che'l vulgo errante agogni. Vedi Ginevra, Isotta, e l'altre amanti, E la coppia d'Arimino, che 'nsieme Vanno facendo dolorosi pianti.. Cosi parlava: ed io, com'uom che teme Futuro male, e trema anzi la tromba, Sentendo già dov'altri ancor nol preme, Avea color d'uom tratto d'una tomba; Quand'una giovenetta ebbi da lato, Pura assai più che candida colomba. Ella mi prese; ed io, ch'arei giurato Difendermi da uom coperto d'arme, Con parole e con cenni fui legato.
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