Sayfadaki görseller
PDF
ePub

prema,

Quinci 'l mio gelo, ond'ancor ti distempre;
Chè concordia era tal dell'altre cose,
Qual giunge Amor, purch'onestate il tempre.
Fur quasi eguali in noi fiamme amorose,
Almen poi ch'io m'avvidi del tuo foco;
Ma l'un l'appalesò, l'altro l'ascose.
Tu eri di mercè chiamar già roco,
Quand'io tacea; perchè vergogna e tema
Facean molto desir parer si росо.
Non è minor il duol perch'altri 'l
Nè maggior per andarsi lamentando;
Per fizion non cresce il ver, nè scema.
Ma non si ruppe almen ogni vel quando
Sola i tuoi detti, te presente, accolsi,
"Dir più non osa il nostro amor, cantando?
Teco era 'l cor; a me gli occhi raccolsi:
Di ciò, come d'iniqua parte, duolti;
Se 'l meglio e 'l più ti diedi, e 'l men ti tolsi:
Nè pensi, che perchè ti fosser tolti
Ben mille volte, e più di mille e mille
Renduti, e con pietate a te fur vôlti.
E state foran lor luci tranquille

Sempre vêr te; se non ch'ebbi temenza
Delle pericolose tue faville.

Più ti vo' dir, per non lasciarti senza
Una conclusion ch'a te fia grata
Forse d'udir in su questa partenza.

In tutte l'altre cose assai bëata,

In una sola a me stessa dispiacqui: Che 'n troppo umil terren mi trovai nata. Duolmi ancor veramente, ch'io non nacqui Almen più presso al tuo fiorito nido; Ma assai fu bel päese, ond' io ti piacqui: Chè potea 'l cor, del qual sol io mi fido, Volgersi altrove, a te essendo ignota; Ond'io fôra men chiara e di men grido.

Questo no, rispos' io, perchè la rota
Terza del ciel m'alzava a tanto amore,
Ovunque fosse, stabile ed immota.
Or che si sia, diss'ella, i' n'ebbi onore
Ch'ancor mi segue: ma per tuo diletto
Tu non t'accorgi del fuggir dell'ore.
Vedi l'Aurora dell'aurato letto

Rimenar a' mortali il giorno, e 'l Sole
Già fuor dell'ocëáno infino al petto.
Questa vien per partirci; onde mi dole:
S'a dir hai altro, studia d'esser breve,
E col tempo dispensa le parole.
Quant' io soffersi mai, söave e leve,
Dissi, m'ha fatto il parlar dolce e pio;
Ma 'l viver senza voi m'è duro e greve.
Però saper vorrei, Madonna, s'io

Son per tardi seguirvi, o se per tempo. Ella, già mossa, disse: Al creder mio,

Tu stara' in terra senza me gran tempo.

TRIONFO DELLA FAMA

CAPITOLO PRIMO

Quando, mirando intorno su per l'erba,
Vidi dall'altra parte giunger quella
Che trae l'uom del sepolcro, e 'n vita il serba.
TRIONFO DELLA FAMA. Capit. I.

Da poi che Morte trïonfò nel volto

Che di me stesso trionfar solea,

E fu del nostro mondo il suo Sol tolto, 'artissi quella dispietata e rea,

Pallida, in vista orribile, e superba Chè 'l lume di beltate spento avea; Quando, mirando intorno su per l'erba, Vidi dall'altra parte giunger quella Che trae l'uom del sepolcro, e 'n vita il serba. Quale in sul giorno l'amorosa stella Suol venir d'Orïente innanzi al Sole, Che s'accompagna volentier con ella; Cotal venía. Ed or di quali scole

Verrà 'l mäestro che descriva appieno Quel ch'i' vo' dir in semplici parole? Era d'intorno il ciel tanto sereno, Che per tutto 'l desío ch'ardea nel core, L'occhio mio non potea non venir meno. Scolpito per le fronti era 'l valore Dell'onorata gente; dov'io scórsi Molti di quei che legar vidi Amore. Da man destra, ove prima gli occhi porsi, La bella donna avea Cesare e Scipio; Ma qual più presso, a gran pena m'accorsi.

L'un di Virtute e non d'Amor mancipio;
L'altro d'entrambi: e poi mi fu mostrata,
Dopo si glorioso e bel principio,
Gente di ferro e di valor armata,
Siccome in Campidoglio al tempo antico
Talora per Via Sacra o per Via Lata.
Venían tutti in quell'ordine ch'i' dico,
E leggeasi a ciascuno intorno al ciglio
Il nome al mondo più di gloria amico.
I' era intento al nobile bisbiglio,

Al volto, agli atti: e di que' primi due,
L'un seguiva il nipote, e l'altro il figlio,
Che sol, senz'alcun par, al mondo fue;
E quei che volser a' nemici armati
Chiuder il passo con le membra sue,
Duo padri da tre figli accompagnati:
L'un giva innanzi, e duo ne venían dopo;
E l'ultim'era 'l primo tra' laudati.
Poi fiamineggiava a guisa d'un pirópo
Colui che col consiglio e con la mano
A tutta Italia giunse al maggior uopo:
Di Claudio dico, che notturno e piano,
Come 'l Metauro vide, a purgar vennė
Di ria semenza il buon campo romano.
Egli ebbe occhi al veder, al volar penne.
Ed un gran vecchio il secondava appresso,
Che con arte Anniballe a bada tenne.
Un altro Fabio, e duo Caton con esso;
Duo Paoli, duo Bruti e duo Marcelli;
Un Regol, ch'amò Roma, e non sè stesso;
Un Curio ed un Fabrizio, assai più belli
Con la lor povertà, che Mida o Crasso
Con l'oro, ond'a virtù furon ribelli:
Cincinnato e Serran, che solo un passo
Senza costor non vanno; e '1 gran Cammillo
Di viver prima, che di ben far, lasso;

Perch'a si alto grado il Ciel sortillo,
Che sua chiarà virtute il ricondusse
Ond'altrui cieca rabbia dipartillo.
Poi quel Torquato che 'l figliuol percusse,
E viver orbo per amor sofferse
Della milizia, perch'orba non fusse.
L'un Decio e l'altro, che col petto aperse
Le schiere de' nemici: oh fiero voto,
Che'l padre e 'l figlio ad una morte offerse!
Curzio con lor venía, non men devoto,
Che di sè e dell'arme empiè lo speco
In mezzo 'l Foro orribilmente voto.
Mummio, Levino, Attilio; ed era seco
Tito Flaminio, che con forza vinse,
Ma assai più con pietate, il popol greco.
Eravi quel che 'l Re di Siria cinse
D'un magnanimo cerchio, e con la fronte
E con la lingua a suo voler lo strinse;
E quel ch'armato, sol, difese il monte,
Onde poi fu sospinto; e quel che solo
Contra tutta Toscana tenne il ponte;
E quel che 'n mezzo del nemico stuolo
Mosse la mano indarno, e poscia l'arse,
Si seco irato, che non senti 'l duolo;
E chi'n mar prima vincitor apparse
Contr' a' Cartaginesi; e chi lor navi
Fra Sicilia e Sardigna ruppe e sparse.
Appio conobbi agli occhi, e a' suoi, che gravi
Furon sempre e molesti all'umil plebe.
Poi vidi un grande con atti söavi:
E se non che 'I suo lume all'estremo ehe,
Fors'era 'l primo; e certo fu fra noi
Qual Bacco, Alcíde, Epaminonda a Tebe;
Ma'l peggio è viver troppo: e vidi poi
Quel che dell'esser suo destro e leggiero
Ebbe 'l nome, e fu 'l fior degli anni suoi;

« ÖncekiDevam »