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TRIONFO DELLA DIVINITÀ

CAPITOLO UNICO

E non avranno in man gli anni 'l governo
Delle fame mortali; anzi chi fia
Chiaro una volta, fia chiaro in eterno.

TRIONFO DELLA DIVINITA.

Da poi che sotto 'l ciel cosa non vidi
Stabile e ferma, tutto sbigottito

Mi volsi, e dissi: Guarda; in che ti fidi?
Risposi: Nel Signor che mai fallito

Non ha promessa a chị si fida in lui:

Ma veggio ben che'l mondo m'ha schernito;
E sento quel ch'io sono, e quel ch'ï' fui;
E veggio andar, anzi volar il tempo;
E doler mi vorrei, nè so di cui:

Chè la colpa è pur mia, che più per tempo
Dove' aprir gli occhi, e non tardar al fine:
Ch'a dir il vero, omai troppo m'attempo..
Ma tarde non fur mai grazie divine:
In quelle sperò, che 'n me ancor faranno
Alte operazioni e pellegrine.

Così detto, e risposto: Or, se non stanno
Queste cose, che 'l ciel volge e governa;
Dopo molto voltar, che fine aranno?
Questo pensava: e mentre più s'interna
La mente mia, veder mi parve un mondo
Novo, in etate immobile ed eterna;
E'l Sole e tutto 'l ciel disfare a tondo
Con le sue stelle; ancor la terra e 'l mare;
E rifarne un più bello e più giocondo.

Qual maraviglia ebb'io quando restare
Vidi in un piè colui che mai non stette,
Ma discorrendo suol tutto cangiare!
E le tre parti sue vidi ristrette

Ad una sola; e quell'una esser ferma
Si, che, come solea, più non s'affrette!
E quasi in terra d'erba ignuda ed erma,
Ñè fia, nè fu, nè mai v’era, anzi o dietro,
Ch'amara vita fanno, varia e 'nferma.
Passa 'l pensier si come Sole in vetro;
Anzi più assai, però che nulla il tene:
Oh qual grazia mi fia, se mai l'impetro,
Ch'i' veggia ivi presente il sommo Bene,
Non alcun mal, che solo il tempo mesce,
E con lui si diparte e con lui vene!
Non avrà albergo il Sol in Tauro o 'n Pesce;
Per lo cui varïar, nostro lavoro

Or nasce or more, ed or scema ed or cresce. Beat' i spirti che nel sommo coro

Si troveranno o trovano in tal grado, Che fia in memoria eterna il nome loro! Oh felice colui che trova il guado

Di questo alpestro e rapido torrente, C'ha nome vita, ch'a molti è sì a grado! Misera la volgare e cieca gente,

Che pon qui sue speranze in cose tali, Chel tempo le ne porta si repente! Oh veramente sordi, ignudi e frali, Poveri d'argomento e di consiglio, Egri del tutto e miseri mortali! Quel che 'l mondo governa pur col ciglio; Che conturba ed acqueta gli elementi: Al cui saper non pur io non m'appiglio, Ma gli Angeli ne son lieti e contenti Di veder delle mille parti l'una; Ed in ciò stanno desïosi e 'ntenti.

Oh mente vaga, al fin sempre digiuna!
A che tanti pensieri? un'ora sgombra
Quel che 'n molt'anni a pena si raguna.
Quel che l'anima nostra preme e 'ngombra,
Dianzi, adesso, jer, diman, mattino e sera,
Tutti in un punto passeran com'ombra.
Non avrà loco fu, sarà, nè era;

Ma è solo, in presente, e ora, e oggi;
E sola eternità raccolta e 'ntera.
Quanti spianati dietro e innanzi poggi
Ch'occupavan la vista! e non fia in cui
Nostro sperar e rimembrar s'appoggi:
La qual varietà fa spesso altrui
Vaneggiar sì, che'l viver pare un gioco,
Pensando pur: che sarò io? che fui?
Non sarà più diviso a poco a poco,

governo

Ma tutto insieme; e non più state o verno, Ma morto 'l tempo, e varïato il loco: E non avranno in man gli anni 'l Delle fame mortali; anzi chi fia Chiaro una volta, fia chiaro in eterno. Oh felici quell'anime che 'n via Sono o saranno di venir al fine Di ch'io ragiono, qualunqu'e' si sia! E tra l'altre leggiadre e pellegrine, Beatissima lei che Morte ancise Assai di qua dal natural confine! Parranno allor l'angeliche divise, E l'oneste parole, e i pensier casti, Che nel cor giovenil Natura mise. Tanti volti che 'l Tempo e Morte han guasti, Torneranno al suo più fiorito stato:

E vedrassi ove, Amor, tu mi legasti;
Ond'io a dito ne sarò mostrato:

Ecco chi pianse sempre, e nel suo pianto
Sopra 'l riso d'ogni altro fu bëato.

E quella, di cui ancor piangendo canto,
Avrà gran maraviglia di sè stessa,
Vedendosi fra tutte dar il vanto.
Quando ciò fia, nol so; sassel propri' essa:
Tanta credenza ha più fidi compagni:
A si alto secreto chi s'appressa?
Credo che s'avvicini: e de' guadagni
Veri e de' falsi si farà ragione:
Che tutte fieno allor opre di ragni.
Vedrassi quanto invan cura si pone,
E quanto indarno s'affatica e suda;
Come sono ingannate le persone.
Nessun secreto fia chi copra o chiuda;
Fia ogni conscïenza, o chiara o fosca,
Dinanzi a tutto il mondo aperta e nuda;
E fia chi ragion giudichi e conosca:
Poi vedrem prender ciascun suo viaggio,
Come fiera cacciata si rimbosca;
E vederassi in quel poco paraggio
Che vi fa ir superbi, oro e terreno,
Essere stato danno e non vantaggio;
E 'n disparte color che sotto 'l freno
Di modesta fortuna ebbero in uso,
Senz'altra pompa, di godersi in seno.
Questi cinque Trionfi in terra giuso
Avém veduti; ed alla fine il sesto,
Dio permettente, vederem lassuso;
E'l Tempo disfar tutto, e così presto;
E Morte in sua ragion cotanto avara:
Morti saranno insieme e quella e questo.
E quei che fama meritaron chiara,

Che 'l Tempo spense; e i bei visi leggiadri,
Che 'mpallidir fe 'l Tempo e Morte amara;
L'obblivion, gli aspetti oscuri ed adri,
Più che mai bei tornando, lasceranno
A Morte impetuosa i giorni ladri.

Nell'età più fiorita e verde aranno

Con immortal bellezza eterna fama.
Ma innanzi a tutti, ch'a rifar si vanno,
È quella che, piangendo, il mondo chiama
Con la mia lingua e con la stanca penna;
Ma 'l Ciel pur di vederla intera brama.
A riva un fiume che nasce in Gebenna,
Amor mi diè
per lei sì lunga guerra,
Che la memoria ancor il core accenna.
Felice sasso che 'l bel viso serra!

Che poi ch'avrà ripreso il suo bel velo,
Se fu bëato chi la vide in terra,

Or che fia dunque a rivederla in Cielo?

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