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SONETTO VII.

Conosce di esser incatenato più forte,
che augello tolto alla sua libertà.

piè de' colli, ove la bella vesta
Prese delle terrene membra pria
La Donna che colui ch'a te ne 'nvía,
Spesso dal sonno lagrimando desta,
Libere in pace passavam per questa
Vita mortal, ch'ogni animal desía,
Senza sospetto di trovar fra via
Cosa ch'al nostr'andar fosse molesta.
Ma del misero stato, ove noi semo
Condotte dalla vita altra serena,

Un sol conforto, e della morte, avemo:
Che vendetta è di lui, ch'a ciò ne mena;
Lo qual in forza altrui, presso all'estremo,
Riman legato con maggior catena.

SONETTO VIII. /

Cerca com'essendo Laura un Sole, ei non abbia a sentirne tutta la forza.

Quando 'l pianeta che distingue l'ore,
Ad albergar col Tauro si ritorna,
Cade virtù dall'infiammate corna,
Che veste il mondo di novel colore:
E non pur quel che s'apre a noi di fore,
Le rive e i colli, di fioretti adorna;
Ma dentro, dove giammai non s'aggiorna,
Gravido fa di sè il terrestro umore,
Onde tal frutto e simile si colga:

Così costei, ch'è tra le donne un Sole,
In me, movendo de' begli occhi i rai,
Cria d'amor pensieri, atti e parole;
Ma, come ch'ella gli governi o volga,
Primavera per me pur non è mai.

BALLATA I.

Accortasi Laura dell'amore di lui, gli si fece
tosto più severa che prima.

Lassare il velo o per Sole o per ombra,
Donna, non vi vidio,

Poi che 'n me conosceste il gran desio Ch'ogni altra voglia dentr'al cor mi sgombra. Mentr'io portava i be' pensier celati, C'hanno la mente desïando morta, Vidivi di pietate ornare il volto; Ma poi ch'Amor di me vi fece accorta, Fur i biondi capelli allor velati, E l'amoroso sguardo in sè raccolto. Quel ch'i' più desïava in voi, m'è tolto: Si mi governa il velo

Che per mia morte, ed al caldo ed al gelo, De' be' vostr'occhi il dolce lume adombra.

SONETTO IX.

Spera nel tempo, che, rendendo Laura men bella, gliela renderà più pietosa.

Se la mia vita dall'aspro tormento

Si può tanto schermire e dagli affanni, Ch'i' veggia, per virtù degli ultim’anni, Donna, de' be' vostr'occhi il lume spento, E i cape' d'oro fin farsi d'argento, E lassar le ghirlande e i verdi panni, E'l viso scolorir, che ne' miei danni A lamentar mi fa pauroso e lento; Pur mi darà tanta baldanza Amore, Ch'i' vi discovrirò de' miei martiri Qua' sono stati gli anni e i giorni e l'ore. E se 'l tempo è contrario ai be' desiri, Non fia ch'almen non giunga al mio dolore Alcun soccorso di tardi sospiri.

SONETTO X. //

È lieto e contento che l'amore di Laura
il sollevi al Bene sommo.

Quando fra l'altre donne ad ora ad ora

Amor vien nel bel viso di costei;
Quanto ciascuna è men bella di lei,
Tanto cresce il desio che m'innamora,
I' benedico il loco e 'l tempo e l'ora
Che si alto miraron gli occhi miei,
E dico: Anima, assai ringraziar déi
Che fosti a tanto onor degnata allora,
Da lei ti vien l'amoroso pensiero,

Che, mentre 'l segui, al sommo Ben t'invia, Poco prezzando quel ch'ogni uom desía: Da lei vien l'animosa leggiadría,

Ch'al Ciel ti scorge per destro sentiero;
Sì ch'i' vo già della

speranza altiero.

BALLATA II.

Lontano non la vedrà che col pensiero, e però invita gli occhi a saziarsene. Occhi miei lassi, mentre ch'io vi giro Nel bel viso di quella che v' ha morti, Pregovi, siate accorti;

Chè già vi sfida Amore, ond' io sospiro. Morte può chiuder sola a' miei pensieri L'amoroso cammin che li conduce Al dolce porto della lor salute. Ma puossi a voi celar la vostra luce Per meno obbietto; perchè meno interi Siete formati, e di minor virtute. Però dolenti, anzi che sian venute L'ore del pianto, che son già vicine, Prendete or alla fine

Breve conforto a si lungo martiro.

SONETTO XI. /

Irresoluto nel dilungarsi da Laura, descrive i varj affetti da cui è agitato.

lo mi rivolgo indietro a ciascun passo
Col corpo stanco, ch'a gran pena porto;
E prendo allor del vostr'aere conforto,
Che'l fa gir oltra, dicendo: Oimè lasso!,
Poi ripensando al dolce ben ch'io lasso,
Al cammin lungo ed al mio viver corto,
Fermo le piante shigottito e smorto,
E gli occhi in terra lagrimando abbasso.
Talor m'assale in mezzo a' tristi pianti
Un dubbio, come posson queste membra
Dallo spirito lor viver lontane;

Ma rispondemi Amor: Non ti rimembra
Che questo è privilegio degli amanti,
Sciolti da tutte qualitati umane?

SONETTO XII.

Ansioso cerca da per tutto chi gli presenti
le vere sembianze di Laura.

Movesi'l vecchierel canuto e bianco
Del dolce loco, ov' ha sua età fornita;
E dalla famigliuola sbigottita,
Che vede il caro padre venir manco:
Indi träendo poi l'antico fianco
Per l'estreme giornate di sua vita,
Quanto più può col buon voler s'äita,
Rotto dagli anni, e dal cammino stanco.
E viene a Roma, seguendo 'l desío,
Per mirar la sembianza di Colui
Ch'ancor lassù nel Ciel vedere spera..
Così, lasso! talor vo cercand' io,
Donna, quant'è possibile, in altrui
La desiata vostra forma vera.

SONETTO XIII.

Quale sia il suo stato quando Laura gli è
presente, e quando da lui si diparte.
Piovonmi amare lagrime dal viso,
Con un vento angoscioso di sospiri,
Quando in voi adivien che gli occhi giri,
Per cui sola dal mondo i̇' son diviso.
Vero è che 'l dolce mansüeto riso

Pur acqueta gli ardenti miei desiri,
E mi sottragge al foco de' martíri,
Mentr'io son a mirarvi intento e fiso;
Ma gli spiriti miei s'agghiaccian poi
Ch'i' veggio, al dipartir, gli atti söavi
Torcer da me le mie fatali stelle.
Largata al fin con l'amorose chiavi
L'anima esce del cor per seguir voi;
E con molto pensiero indi si svelle.

SONETTO XIV.

Per poter men amarla, fugge, ma inutilmente, dalla vista del suo bel volto.

Quand'io son tutto vôlto in quella parte
Ove 'l bel viso di Madonna luce,
E m'è rimasa nel pensier la luce
Che m'arde e strugge dentro a parte a pare;
I', che temo del cor che mi si parte,
E veggio presso il fin della mia luce,
Vommene in guisa d'orbo senza luce,
Che non sa ove si vada, e pur si parte.
Così davanti ai colpi della Morte
Fuggo; ma non sì ratto, che 'l desio
Meco non venga, come venir sole.
Tacito vo: chè le parole morte
Farían pianger la gente; ed i' desío
Che le lagrime mie si spargan sole.

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