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a nautica presso i Romani e come surse il jus navale rodiano tratto dall' undecimo libro de' Digesti; e come dopo, avendo gl' Imperatori d'Oriente stabiliti in Costantinopoli, collocate le maggiori loro forze nelle armate navali, più leggi promulgassero attinenti alla nautica, ed al commercio del mare, ed alla sicurezza de' porti, e delle navigazioni (a). Ma queste Leggi patirono nelle nostre regioni quel medesimo infortunio che tutte le altre loro compilazioni; e presso di noi la Tavola Amalfitana come dice Marino Freccia era quella, donde s'apprendevano le Leggi attinenti alla nautica. E perchè altri popoli al pari che gli Amalfitani potenti in mare e celebri, stabilirono pure, alcuni usi, ne nacque perciò un nuovo corpo di statuti e costumanze in piccol volume raccolte sotto nome di Consolato del mare, quasi generalmente approvato ed inviolabilmente osservato in Italia (¿).

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Ma i nostri Principi di ciò non soddisfatti vollero per questo Regno stabilire sopra gli affari marittimi leggi particolari. Ruggieri, come dicemmo, stabilì l'ufficio di grande Ammiraglio (c), che fu riputato il più grande ed illustre in tempo de' Normanni. Egli comandava sopra mare in pace, ed in guerra: era sua incombensa la costruzione de' vascelli e delle navi del Re; riparargli, e disporgli per mantenere il Commercio; tener li porti in sicurezza in tutta l'estensione del reame e conservare i lati marittimi sotto la regia ubbidienza. Erano a lui subordinati tutti gli altri Ammiragli stabiliti nelle Provincie, i Capitani de' Porti, i Protontini, Calefati, i Comiti, i Carpentieri, e tutti gli altri minori of

(a) Queste stanno raccolte parte da Leunclavio, e da Pietro Peckio, e parte dall' incomparabile Vinnio, che aggiunse pure le sue osservazioni all'opera del Peckio.

(b) Questa compilazione crede il Vinnio essersi fatta ai tempi di S. Ludovico Re di Francia, che fu data alle stampe in Venezia, ed ivi pure ristampata nel 1567.

(c) Questa voce pare introdotta dai Saraceni così potenti in mare. V. Murat. diss. 26.

ficiali marittimi (a). L' Imperatore Federico II, oltre di quelle che furono inserite nel codice così Giustinianeo, che Teodosiano, stabilì molti capitoli attinenti all'ufficio dell' Ammiraglio, nei quali prescrisse al medesimo ciò che doveva essere della sua incombensa, quello che se gli appartenesse, e fin dove si estendesse l'autorità sua (b).

III. Dalla premura che ebbero di vigilare sulla Dogana. È noto per la Cost. di Ruggiero Justitiarios' ch'egli ordinò ai Giustizieri, Camerarii, Castellani e Baglivi di essere attenti ad ajutare i Segreti delle Dogane, ed i Questori, ed i loro officiali pel servizio del Regio Erario. Nella nuova costituzione Dohanae, Guglielmo I. distinse l'uffizio de' segreti, e de' maestri questori da quello degli altri uffiziali, ed incaricò i primi d'incorporare al Fisco i tesori, o somme di danaro che si trovassero nascosti, i di cui padroni non si potessero rinvenire, come altresì i beni dei naufraghi senza legitimo successore e quelle terre del real demanio, del chierico, o laico che senza testamento morisse e senza legittimo successore; applicando due terze parti del prezzo al fisco e la terza ai poveri per l'anima del defunto. Onde conoscere qual fosse in que' tempi il Jus dohanae, e di quale importanza pel Commercio, ci serviremo delle stesse parole del nostro Galanti nella cennata Costituzione.

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» Dohana, giusta il sentimento di Du Cange, è una voce nata ab adunatione, per dinotar l'officina dove si univano tutte le esazioni fiscali al tempo de' nostri re normanni. Quindi questa parola dogana fu impiegata tra di noi a determinare l'aggregato di più fondi fiscali che in numero di nove si rapportano dal Moles.

» Il primo di essi è il dritto di contrattazione, detto an cora jus plateae, perchè si esigeva nelle pubbliche piazze sopra le mercanzie che si mettevano in vendita. L'antico dazio de

(a) V. Freccia de subfeudis 1. 1 de offic. admir. 1 e seg,

(b) V. Tutini dell'ufficio dell' ammiragliato.

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nominato jus rerum vénalium come si ha da Ulpiano nella l. 17. ff. de V. S. vale a dire il dritto del fisco sulle robe contrattte, era allora l'ottava parte del valore l. 7 C. de Vectig., onde dicevansi octavarii coloro, che facevano una tal esazione, Cujacio observ, 28.

» Non sappiamo quando fu posto in uso il diritto di contrattazione di grana 18 ad oncia (valore di sei ducati ). Si pretende da alcuni, che questo vettigale fosse introdotto sotto il regno di Ruggiero circa l'anno 1125, ch'è quanto dire del tre per cento, che pagavasi ogni volta che la roba si contrattava. Questo vettigale è il principale tra noi e tutti i diritti di piazza del nostro regno sono di tal natura.

» Non si sa neppure con certezza l'epoca di due dritti, uno detto portorium o jus ancoragii, l'altro jus exiturae. Essi sono antichissimi. Il primo era in uso presso i Longobardi, al tempo del re Luitprando. Verisimilmente riconoscono amendue la loro origine fin dal tempo che le nostre provincie furono oppresse da' romani; i portorii erano vettigali che i romani misero sulla estrazione e immissione delle merci. (V. Brumanno de vectig. Pop. Rom.) Si esigevano sopra il valore delle robe. e non sulla nave. (Kippingio Antiqu. Rom. lib. 11 cap. 3 S. 11.) Si crede da altri, che il jus exiturae di grana 21 ad once, sia stato posto da Federico II nel 1220. Il primo si esigeva sotto pretesto della costruzione e mantenimento del porto, da tutte le navi che vi entravano: era di carlini 15 fino a ducati 18, relativamente alla qualità della ed al numero delle gabbie. Le piccole navi senza Coperta pagavano il falangaggio.

nave

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» Ignoriamo del pari l'epoca degli altri due diritti detti jus ponderis e jus mensurae. Il diritto del peso nella dogana si esigeva in grana 5 a cantajo da tutte le merci suggette a peso quando si contrattavano. Pel dritto della misura si esigeva quando un carlino e quando due per ogni cento canne, giusta la qualità del genere.

» Il jus resinae seu reficae, quasi jus traficae, dicono

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i nostri forensi, denominato pure jus salmaticum o salmarum, di carlini 16 a carro e di grana 27 a soma era stabilito su le mercanzie che venivano per terra ed uscivano per mare, o venivano per mare ed uscivano per terra. Deve essere antico ancora il dritto del passo e dell' ultima uscita del Regno, jus ultimae exiturae seu grascia. Si esigeva alla ragione del 10 per 100 sul valore delle merci che si estraevano nei confini del Regno, dove soprintendevano i doganieri, perchè non escissero le merci proibite, Eravi pure un altro antico dazio del 10 per 100 sopra tutti i prodotti del Regno che si volevano estrarre per lo stato pontificio: era distinto col nome di decinae jus decimi o decini. Il Moles confonde questo diritto col pre

cedente.

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« Nel sistema delle finanze di allora erano sottoposti a dazi i soli generi per uso di commercio, e non quelli per uso particolare delle famiglie. Di qui venne che generalmente nel Regno il cittadino nella propria patria non pagava il diritto di contrattazione. Niuno pagava il pedaggio pel trasporto delle robe che servivano al proprio uso. Ne' primi tempi della nostra Monarchia i plateatici, come gli altri diritti doganali, si esigevano da' balivi per commissione de' Cammerarii. Indi venuto in uso di concedere in feudo le terre e più appresso le popolazioni col mero e misto imperio, sotto nome di baliva, in molti paesi fu ancora conceduto il plateatico ed altri dritti doganali. A molti comuni fu fatta concessione della bagliva e della piazza separatamente dal feudo.

« L'Imperator Federico nel 1220 introdusse il diritto del fondaco di grana 15 ad oncia, o sia del due e mezzo per cento su le merci che da' negozianti si riponevano in esso, e si esigeva nell' estrarsi dal fondaco. Le mercanzie destinate per fiere franche, pagavano il diritto del fondaco e non quello di contrattazione. In ogni provincia egli stabilì ancora i fondaci per la vendita del sale, del ferro, dell' acciajo, della pece con certi diritti ch' egli riputava regalia (Cost. Magist. Vestros Fund. ). E tali si doveano riputare le miniere anche ne'fondi

de' privati, e da ciò si traeva che appartenesse al Principe il diritto privativo di scavar il ferro,lavorarlo e venderlo come sotto il tit. Quae sint regaliae ».

Sin quì il Galanti. Del resto con tutte queste imposizioni non può negarsi che allora florido fosse il Commercio presso le nostre regioni; e la cronaca di Amalfi, ed i sedici Consolati dimoranti in Napoli, bastano a convincer chiunque. Ma non era minore nella Sicilia insolare residenza de' primi nostri Monarchi. L'industria Greca ed Araba in emulazione colla nazionale trovarono ivi quella protezione e quella pace che indarno andava ricercando nel proprio paese. Le arti (a) ed il Commercio erano in fiore e sotto Ruggieri, e sotto i due Guglielmi, e negli stessi torbidi giorni di Tancredi, quando tutte le forze riunite della Germania vennero a frangersi innanzi alla florida sicula marina.

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E forse Federigo II avrebbe conseguito lo scopo de' suoi predecessori se non ne fosse stato distratto dalle continue discordie tra il Sacerdozio e l'Impero. Infatti egli proibi ai suoi officiali di costringere alcuno de' sudditi al trasporto di qualunque cosa senza la dovuta, stabilita mercede, sotto pena del doppio in beneficio del Fisco (Cost. Omnes officiales, 92; e Sic nostra, 98 ). Egli varie provvidenze diede pe' venditori de commestibili, e particolari baglivi volle che si creassero per vigilarli e denunciarne le contravvenzioni, e simili ben più rigorose provvidenze diede su gli ostieri (Cost. Magistros mechanicarum, 206 ). Egli spinse la stessa rigorosa vigilanza per gli artefici di oro e di argento, e volle che i lavori d'oro fossero di tal perfezione, che ogni libra di metallo contenesse otto once di oro purissimo, ed ogni libra di argento coppella contenesse undici once di valore intrinseco, tanto se l'artefice lavorasse per conto proprio e del suo, quanto se la materia

(a) Si deve a Ruggieri l'introduzione in Sicilia dell'arte di fare i drappi di seta, poichè dalla Grecia oltre alle ricche prede, ne trasse i maestri che sapevano lavorar questi drappi, dai quali l'appresero i nostri.

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