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fatti in Napoli dove pagato si era il dazio della dogana e quello del buon denaro.

Altra gabella nuova di grana sei ad oncia fu imposta per le mercanzie che s'immettevano e questa diversa dalle grana 16 ad oncia pel jus fundaci: ma i Napolitani pagando la prima venuero esentati dalla seconda ( Pram. del 20 giugno 1469 Quod deferentes mercantias ).

I proprietarii pel pagamento de' pesi fiscali trovarono il modo di esentarsi, facendo imporre dazii e gabelle per i consumatori, in modo ch'essi venivano a pagare quanto ogni al tro bracciale, e forse anche meno. Eppure da questi dazii che s' imponevano esserne doveano ancora esenti, i cherici, il Re, la sua Corte, la Regina, e i suoi figliuoli, ed i possessori de' feudi, ed i Nunzii de' Principi e degli altri insigni signori, ed ip ultimo i forastieri che vi si recavano per vendere o comprare vettovaglie e mercatanzie (Pram. del 21 ottobre 1470 de vectigalibus et gabellis ).

Gli esattori delle rendite reali eran obbligati per tutto il mese di settembre di ciascun anno ad inviare nella regia camera i loro conti co' documenti necessarii, da discutersi nel mese seguente: non esibendosi detti conti si spedivano le significatorie per le somme che dovevano. I fittajuoli di queste rendite doveano terziatamente pagare il loro debito, altrimenti spedirsi le significatorie; nè alcuna dílazione poteva loro accordarsi senza espresso real ordine; con doversi prima eseguir le sentenze e poi discutersi il gravame che contro di esse prodotto si fosse (Pram. del 12 febbrajo 1482 de off. Procurat. Caesaris ).

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Richiamando il Re Ferrante in osservanza le antiche Costituzioni e Capitoli ordinò non potersi costringere alcuno al servizio della regia Corte senza pagamento della giusta mercede (a), derogando a qualunque consuetudine contraria (Pram. del 14 aprile 1483 de salario eorum ecc.)

(a) Questa giusta mercede era tassata in quattro danari per ogni mi»

Fece egli continuare l'esazione delle rendite da coloro ai quali si dassero a coltivare il Demanio (luogo de'quali era il Re padrone, Morticia ( luoghi sterili ed inculti ); excadentia (quelli che per mancanza di legittimi successori al fisco ricadevano ); ma proibì di riscuotersi alcuni diritti che intorno a tali esazioni eransi introdotti (Pram. del 14 aprile 1483, de salario eorum ).

Vedemmo esercitato l'uffizio di Procurator di Cesare dal Tribunale intero della regia Camera che la cura avea del reale erario, e come questa cura passasse al Gran Camerario. Lo stesso praticò Alfonso I di Aragona, dandogli la cognizione di tutte le cause nelle quali entrava l'interesse del regio fisco. Il Re Federigo diede a questo Tribunale un regolamento di cui farem parola nella parte III (a).

Chiuderemo questo Capitolo colle notizie sul Tavoliere di Puglia, che sotto questa dinastia divenne un'importante cespite delle reali finanze.

Tra gli antichissimi vettigali del nostro Regno enunciammo i pascoli del patrimonio pubblico, e tutto quello che venne stabilito su i forestarj così da' Ruggieri che dall' Imperatore Federigo, e dai Re Angioini. Ma il Re Ladislao, che vendeva tutto, vendè pure i demani fiscali della Puglia, e per supplire ai bisogni mise un dazio sopra tutti gli animali che pascolavano nelle diverse provincie, che fu di ducati venti per ogni cento animali di armento e ducati due per ogni cento

pecore.

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I popoli mal sostenevano tale imposta, e nel parlamento tenuto nel 1443 dal nostro Alfonso I ne ottennero l' abo

glio per colui che da qualche ufiziale si mandasse solo, e sei se col di lui animale, e grana cinque qualora dovesse andarvi col carro e bovi proprii, ma commettendosi a taluno tal servigio nel luogo proprio dove dimorasse, darglisi la mercede propria solita (Ivi).

(a) Tra le Prammatiche che portano il titolo de Officio Procuratoris Caesaris sono da vedersi per quest' oggetto la 6, 7, 8, 10, 11, 12, 16, 17, 19, 23, 24, 27, 39, 46 e 50.

lizione. Ma nell' anno dopo il Re si studiò di riordinare i pascoli della Puglia che si erano aumentati a cagione delle guerre che avevano fatta deserta la regione. Erano questi del Fisco de' Baroni, delle Chiese delle Chiese, e di diversi particolari. Della facoltà di vendere i pascoli, ch'era libera, Alfonso ne fece un dritto privativo fiscale, cosicchè a niuno fu più permesso dispensarli agli animali che venivano d'inverno nella Puglia. Col contratto di perpetua locazione, ai fondi fiscali egli aggiunse quelli de' particolari soliti da usarsi per pasture. Gli uni, e gli altri formano ciò che da dipoi si disse Tavoliere di Puglia, il quale ha principio da Civitate, fino ad Andria nella lunghezza di 70 miglia. Alfonso lo divise in locazioni generali, e particolari e riserbò al suo fisco di aggiungere altre possessioni di particolari, quando il concorso del bestiame fosse maggiore dell' ordinario.

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cosic

Ogni locazione fu divisa in un certo numero di poste stabili, cioè siti, ossiano ovili, col loro pascolo rispettivo in terra salda valutata ciascuna per un certo numero di pecore. Sono le poste situate a mezzodì, cinte di ferole, e coperte col fimo delle pecore medesime disseccato ed indurito chè forma un suolo duro, ed asciutto. Questo è l'unico loro ricovero nella notte, e ne' tempi freddi, e piovosi: di quì avviene che ne' tempi soverchiamente rigidi muojono le pecore, o si perdono gli agnelli, ed il latte; ma questi casi sono rari.

Fra la Paglia, e la montagna Alfonso riserbò alcuni pascoli autunnali, detti riposi, perchè quivi gli animali potessero figliare, e trattenersi finchè si fosse fatta la distribuzione, e l'assegnamento del pascolo vernale. Di questi riposi il primo era il Saccione, ch'è il più grande, ed il migliore per la qualità del pascolo: esso racchiude i luoghi posti tra il fiume Sangro, e'l Fortore, sulle spiagge del mare adriatico. Il secondo dicesi Murga, e contiene i pascoli di Minervino, d' Andria, di Corato, di Ruvo e di Bitonto. Il terzo è il monte Gargano aggiunto da Ferdinando I.

Alfonso destino ancora tre diversi cammini per la comoda
LIBER. Parte II.

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trasmigrazione degli animali da' lontani Abruzzi alla Puglia e per servire nello stesso tempo di alloggio, e di pastura: furon designati col nome di tratturi. Ne' tempi posteriori furon limitati a 60 passi. Tolse egli pure ogn' ispezione a' balivi per l'esazione della fide, e creò un doganiere per lo governo di questo ramo delle sue finanze. Gl' impose l'obbligo nella stagione estiva di scorrere le montagne per vedere lo stato degli animali, e di fissarsi poi in Lanciano nella fiera che ivi si celebra nel settembre, a disporre la comoda loro trasmigrazione, ed il loro maggiore concorso. Moltissimi privileg accordò a coloro che portavano animali alla Puglia, il primo de' quali fu l'esenzione dal foro ordinario: l'altro fu la franchigia di ogni vettigale nella rendita e nel trasporto delle merci tratte dalle pecore, alle quali furono comunicati molti privilegj del fisco.

Il Re Alfonso per dare la sussistenza agli abitanti Pugliesi, lasciò loro alcuni pezzi di terra per uso di coltura, e sono quelli che oggi nella Puglia chiamansi terre da portata, cioè appartate dalle salde. Il primo doganiere per far bene il suo dovere, si studiò di restringere l'uso dell' agricoltura. Per le doglianze de' Pugliesi nel 1457, il Re Alfonso accordò loro di coltivare le antiche difese.

Nel 1470 per promuovere la pastorizia nella Puglia, fu ai locati conceduto il sale a minor prezzo che agli altri non si vendeva, per darsi agli animali 'nella stagion' estiva, come preservativo di molti mali, a' quali sono soggetti; calcolandosi questo sale 18 m. tomoli, di 33 rotoli ciascuno; tutta questa amministrazione si comprese sotto il nome di Dogana della mena delle pecore in Puglia.

Ma questa stessa dogana del passaggio delle pecore in Puglia, produsse la guerra tra gli Spagnuoli e Francesi; importando ad ognuno di possedere la Capitanata che i primi pretendevano appartenere alla Puglia ed i secondi agli Abruzzi (a). Consalvo ebbe in principio a soffrir delle perdite, e

(a) Nel trattato fatto tra questi due Potentati che porta la data di

ridursi in Barletta senza danari e con poca vettovaglia: ma il Vicerè francese Duca di Nemours non seppe profittarne; per cui rinforzato l' esercito Spagnuolo non solo ricuperò il perduto, ma cominciò ad occupare la porzione francese (a), e nel 14 maggio 1503 entrò in Napoli generalmente acclamato. Si concluse in seguito la pace contraendosi matrimonio tra Ferdinando e Germana di Fois figliuola di una sorella del Re di Francia con condizione che gli si dasse per dote la parte del reame di Napoli; obbligandosi il Re di Spagna a pagargli in dieci anni 700 mila ducati per ristoro delle spese fatte, ed a dotare di 300 mila duciti la nuova moglie, col quale matrimonio essendo accompagnata la pace, fu quella conclusa in Blois a 12 ottobre 1505, e vi si convenne che morendo la Regina Germana senza figliuoli, la parte sua dotale s'inten

Granata degli 11 novembre 1500, si disse » che al Re di Francia toccasse la città di Napoli, la città di Gaeta, e tutte le altre città e terre di tutta la provincia di Terra di Lavoro, tutto l'Abruzzo e la metà dell' entrate della dogana delle pecore di Puglia; e che al Re di Spagna Ferdinando si dasse il Ducato di Calabria, e tutta la Puglia, e l'altra metà dell' entrate della Dogana ».

(a) Ebbe in questa occasione luogo il famoso combattimento tra tredici Francesi con altrettanti Italiani che li superarono e li fecero prigioni tra' quali varii Napolitani ed un Siciliano, ed una lapide se ne af fisse nel territorio tra Corato ed Andria ne' seguenti termini:

QUISQUIS ES EGREGIIS ANIMUM 81 TANGERIS ANNIS

PERLEGE MAGNORUM MAXIMA FACTA DUCUM.

HIC TRES ATQUE DECEM FORTI CONCURRERE CAMPO
AUSONIO GALLIS NOBILIS EGIT AMOR.

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CERTANTES UTROS BELLO, MARS CLARET, ET UTROS
VIRIBUS ATQUE ANIMIS ANCTET, ALATQUE MAGIS.
PAR NUMERUS, PARIA ARMA PARES AETATIBUS

ET QUOS
PRO PATRIA PARITER LAUDE PERISSE JUVET.
FORTUNA 9 ET VIRTUS LITEM GENEROSA DIREMIT,
ET QUAE PARS VICTRIX DEBUIT ESSE FUIT.
IC STRAVERE ITALI JUSTO IN CERTAMINE GALLOS
MIS DEDIT ITALIAE GALLIA VICTA MANUS.
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