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desse acquistata a Ferdinando; ma sopravvivendo a lui ritornasse alla corona di Francia. Ferdinando però non tenne conto di questo trattato, sostenendo spettargli il regno per la successione del Re Giovanni suo padre erede di Alfonso I perciò non volle esser chiamato Ferdinando III, tutto che avesse riputati legittimi suoi predecessosi i Re Ferdinando I, e II, Alfonso II e Federico.

Ed è da quest' epoca in cui considereremo l'antica nostra legislazione nel seguente capitolo.

CAPITOLO V.

DELLA NOSTRA LEGISLAZIONE NEL VICEREGNALE GOVERNO.

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Tuttochè soggetti al governo viceregnale sin dall'epoca del 1501 in cui la Spagna e la Francia si divisero le spoglie di Federigo, speravano i Napolitani che alla morte di Ferdinando il Cattolico rimasto solo possessore del Regno senza figli, svegliati si fossero in lui i rimorsi per l'ingiusto tradimento fatto a Federico, e che avrebbe lasciato il Regno di Napoli e Sicilia al Duca di Calabria di costui figlio che ancora viveva prigioniero in Madrid (a). Ma Ferdinando mori,. e'l suo testamento chiamava alla successione di questi regni l'Arciduca Carlo d' Austria suo nipote che poi divenne Im

(a) Ferdinando Duca di Calabria, col più infame spergiuro fatto prigioniere, fu mandato in Spagna, e sino che visse Ferdinando il Cattolico venne tenuto libero, ma ben guardato, e gli fu dato in moglie Mencia di Mendozza sterile. Inalzato al trono Carlo V, per aver Ferdinando ricusato di farsi capo della sedizione seguita in Ispagna nel 1522, lo richiamò presso di se nella sua Corte, ove lo tenne con grande amore, ed attesa la morte di Mencia gli diè per moglie Germana di Foix, quella che fu maritata col Re Cattolico, ricca assai ma pure sterile; Visse questo Principe sino al 1550, e con lui si estinse la progenie del primo Alfonso di Aragona.

peratore. I Pontefici avrebbero voluto in questa occasione far rivivere le bolle che proibivano questa riunione de' troni, ma la potenza di Carlo li atterrì, ed i favori concessi ad Alessandro de' Medici nipote di Clemente VII, e figlio naturale di Lorenzo, portarono il trattato concluso nell' anno 1529, col quale non solo si diè l' investitura del regno all' Imperatore, ma rimettendoglisi i censi attrassati, si stabilì che il solo cavallo bianco in ricognizione del feudo avesse dovuto presentarsi al Pontefice nella festa de' Ss. Pietro e Paolo. Ecco confermato lo stato di Provincia, sotto il dominio Spagnuolo; che durò sino al 7 luglio 1703 in cui il regno passò al dominio dell' Arciduca d' Austria il quale vi destinò Vicerè il suo generale Conte Daun che ne avea fatto l'acquisto; e quindi colla pace di Hutrech, data la Sicilia al Duca di Savoja, che poi cambiossi col reguo di Sardegna, rimase il regno di Napoli e di Sicilia col Ducato di Milano al detto Arciduca già fatto Imperatore col nome di Carlo VI.

Duopo è pure valicar quest' epoca disastrosa del Viceregnale governo, nel quale ben poche cose avremo da ammirare o lodare, e molti mali da compiangere ne' tre ordini della legislazione; tanto più dolenti a rimembrare in quanto che han lasciate indelebili tracce della iguoranza, ostinazione, avarizia, ferocia, e depredazione di cui nel maggior numero furon chi più chi meno modelli i nostri Vicerè (a); il chè sen

(a) Ecco quello che l'autor della Storia de' popoli italiani ci dice di quest' epoca. Il reame di Napoli fin dalla metà del secolo XVII era andato esente dalle guerre che avean guasto la Lombardia, e la Romagna; ciò non pertanto questa bella contrada non era felice. Gli Spaguoli con tirannico reggimento vi dominavano, le leve dei soldati, che non pure per guardare il paese vi si facevano, ma eziandio per mandatle alle guerre lombarde, e catalane la popolazione diminuivano, e alla campagna infinito numero di braccia toglievano enormi erano le gravezze ed asprenente esatte; si spremevano da Napoli grosse somme di dae s'inviavano in Ispagna senza speranza di ritorno, conciosiache

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za bisogno di alcuna nostra riflessione si farà palese colla nuda e semplice esposizione delle loro prammatiche.

L'amministrazione del Regno venue commessa ai Vicerè che il Re nominava, ed ai quali concedeva tutta la sua autorità ed illimitato potere per ciò che riguardava il governo e buona cura del medesimo, e fu loro dato l'autorità di far leggi e dettar altri regolamenti che seguitarono a chiamarsi Prammatiche, le quali abbandonandosi la lingua latina, co

tra queste provincie non esistesse commercio. I popoli tanto sventurati erano, che molti migrando prescelsero viver tra i Turchi. Nel solo governo di due Vicerè Monterei, e Medina de las Torres, che comprende uno spazio di 13 anni, cioè dal 1631 al 1644 dal regno di Napoli si cava rono meglio di 100000000 di scudi: ed è da avvertirsi che di questi Tributi, o come allora si chiamavano donativi, la più piccola parte, cioè il quinto si versava nelle casse del tesoro reale, ed il rimanente tra i ministri della corte, i favoriti, e i grandi si divideva...... Ed i ministri del Re nuovi modi inventavano per cavar denaro dalle borse dei popoli. L' Ammirante di Castiglia nel 1644 rappresentò vigorosamente l'estrema miseria del régno, ma per prezzo di tanta bontà fu qual uome debole e da poco richiamato, e il Duca d' Arcos mandato in sua veuomo d' indole tutta diversa, e tale da porsi a repentaglio di tutto. Non sapendo dunque qual altro nuovo mezzo fiscale trovare per aumentare le rendite dello stato immaginò una gabella su le frutta e i legumi che s' introdurrebbero nella città di Napoli, quale dovea buttare neglio che un 1000000 di ducati questa gabella era incomportabile pe' Napoletani che consumano maravigliosa quantità di questi cibi, specialmente nei calòri dell' estate. I preposti alla gabella vollero esigerla, il popolo si assembrò e s'oppose; gli spiriti di già infilloniti giungono al più alto grado di esasperazione.

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In mezzo al trambusto un giovane di bella forma e di complessione atletica si presenta chiamato Tommaso Aniello e volgarmente noto per Masaniello semplice pescatore di Amalfi che si fa capo del popolo tumultuante che domandava l'esecuzione del privilegio di Carlo V proibitivo di qualunque gabella sul reame di Napoli senza suo speciale ordine.... Il popolo furioso muove al palazzo di 24 persone riputate essersi arricchite per via dei balzelli di che era stato oppresso, e n'arde tut

minciarono a scriversi colla lingua Spagnuola, e colla volgare italiana. Però colla partenza del Gran Capitano che più come plenipotenziario che come semplice Vicerè riguardammo nell' antecedente capitolo, volle Ferdinando riunire a lato del Vicerè un Consiglio che perciò chiamossi Collaterale composto di due Reggenti (a) e un Segretario e nel quale comprese il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia, e la Cancelleria Reale. Carlo V ve ne aggiunse due ch'esser dovean regnicoli, uno per risedere nel Consiglio dell' Imperadore (b), e l'altro che risedesse nel Collaterale.

ta la suppellettile. E cosa degna di essere rammentata si è, che in mezzo a tanta ira, e trambusto, il popolo non toccasse pure una spilla di quello che arse: fatto incredibile ma non per tanto vero, ed anzi trovati nel palazzo di un Valentino due barili pieni di zecchini şantamente li rispettò, e li depose nei magazzini del re . . . . . Il Duca d' Arcos volle conferire con questo Capitan Generale del popolo e promise di moderar le gravezze, e Masaniello disceso dal pericoloso castello fu portato in trionfo dal popolo . . . Ciò fe dar la volta alla testa del pescatore d'Amalfi : si risvegliò la sua vanità, il suo cuore si riempi d'orgoglio, e stimandosi ormai assoluto signore di Napoli, divenne bizzarro e crudele: Io sono, gridava, il monarca universale: e non comando! Ordinava l'omicidio, e l'incendio, e per servirmi delle acconce parole dello storico Giannone ( St. del R.o di N. 1. 37 c. 2) trucidava co' cenni, ed incendiava col guardo; perchè dove egli inchinava si recidevan teste, e si portavan fiamme. Una specie di frenesia s'impadroni di lui, l'agitazione dello spirito, in che tanto strana avventura l'aveva gettato, e l'abuso che faceva del vino lo resero si fattamente furioso, che divenne insoffribile all' universale. Nel 16 luglio 1648 alcuni sicari appostati nel convento del Carmine a tradimento lo ammazzarono.

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(a) Non fu questo un nome nuovo mentre sin dai primi Aragonesi eranvi i Reggenti di Cancelleria; nè nuovo fu il nome di Consiglio Collaterale di cui fecero uso gli Angioini, composto di Consiglieri di Stato. V. Giannone lib. XXX. cap. 2.

(b) Era detto Consiglio d'Italia quello che risedeva presso l'Imperatore ed indi presso i Re di Spagna, composto di un Napolitano, di un Siciliano, e di un Milanesc.

Ridotta la somma delle cose nella persona del Vicerè e di questo suo consiglio, decaddero tutte le prerogative de' sette uffici del regno che rimasero di pura onorificenza. Si stabilirono però due Segretarie, una di Stato e di Guerra, l'altra di Giustizia, che non aveano alcuna dipendenza dalla Segretaria del Regno, nè dal Consiglio Collaterale, sebbene per esse passar dovesse la comunicazione di tutti que' negozii che .il Vicerè rimetteva in Collaterale. Prima esse riconoscevano il Gran Protonotario per loro capo, dopo riconobbero il Vicerè che le teneva nel Regal Palazzo per la più pronta e sollecita spedizione degli affari.

SEZIONE I.

Ordine civile.

Antefato. Sotto di questo nome si compresero il dotario, la terziaria, e la quarta : ma non era lo stesso per tutti, e si faceva differenza tra il barone, ed il particolare, e tra i beni situati nella provincia, e quelli che erano nella capitale del regno; sino a che colla pram. del 30 dicembre 1657 vennero tutte le condizioni eguagliate, e stabilissi che l'antefato corrisponder dovesse alla dote soltanto nell' usofrutto abbenchè non vi fossero figli; che rimaritandosi la vedova le spettasse la metà dell' antefato col corrispondente usufrutto, e che rapporto allo spillatico il quale mensilmente o annualmente si prometteva per i muliebri bisogni, fosse vietato alla donna di chiedere più dell'ultima annata dopo morto il marito, qualora gli eredi non potessero mostrarne il pagamento.

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Tra le grazie chieste nel 1617 dai deputati di tutte le piazze di Napoli vi fu quella che alle doti di ducati 4000 a basso, l'antefato fosse nel terzo e 'l donativo per nozze a ragione dell' 8 per 100; alle doti di 4000 insino a 10,000, tefato fosse a ragione del 25 per 100, e il donativo a ragione del 6 per 100; alle doti di ducati 10000, a 20000, l'an

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