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È doviziosa più che non si crede la collezione Giustinianea di`tutte queste materie di amministrazione Civile e Finanziera, e noi ne daremo un saggio secondo le partizioni che abbiamo escogitato sull' Ordine Amministrativo.

SEZIONE I.

Amministrazione Municipale.

In tre epoche diverse deve considerarsi quest' Amministrazione: la prima in quella della republica sino al primo secolo dell' Impero ; la seconda sino al regno di Costantino; la terza sino alla caduta dell' Impero di Occidente.

Nella prima epoca, delle città vinte che si unirono a Roma alcune ne riceverono il dritto di Città; altre vi furono ammesse senza ottenere il suffragio ne' comizii; per le rimanenti l'incorporazione fu completa, ed i loro abitanti ebbero il dritto di suffragio a Roma come i Romani. In seguito questo fu accordato a molte che divennero municipia, e generalmente a tutta l'Italia. Questo sistema caratterizza l'Italia politica, mentre le fu lasciato col dritto di cittadinanza tutta l'Amministrazione de' diritti interessi ed officii municipali, che noi diciamo interessi amministrativi, quali furono la cura de' pubblici edifizii, le feste, le spese e le rendite di ogni genere, la nomina de' magistrati locali, ed una specie di polizia per la sicurezza interna, per la salubrità pubblica, pe' pesi, misure mercati ec. (a).

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(a) Nelle Città Italiane, dice il Savigny (Hist. du droit rom. pendent le moyen age) egualmente che in Roma il popolo esercitava il sovrano potere nelle sue assemblee, e non solo vi nominava i magistrati, ma vi faceva leggi e vi rendeva i decreti. Che più tardi come in Roma questo potere sia passato dal popolo al senato non è da maravigliarsene, poichè fu l'inevitabile imitazione della monarchia di Tiberio.

Diversamente dice Guizot nell' essais sur l'histoire de France che distinguendo questi dritti municipali, dai politici, sostiene che questi ultimi non si esercitavano dai Municipi che dentro Roma: distinzione importante che minando l'Amministrazione, affrettò la decadenza dell'Impero.

Il senato il cui nome ordinario era Ordo decurionum, o semplicemente Ordo, ed in seguito Curia, i cui membri chiamavansi decuriones o curiales (a) era incaricato co' magistrati della amministrazione della Città; ed il decurio ne solo poteva essere scelto a magistrato, e per mezzo del senato questi poteva presentare il suo successore, ma ciò era per lui un peso più che un privilegio, mentre tal presentazione lo rendeva risponsabile dell' Amministrazione del nominato ; per cui se ne abbandonava sovente la scelta al governatore

della Provincia.

La prima magistratura delle Città Italiane paò paragonarsi al Consolato romano prima della separazione della Pre-* tura essa ispezionava tutta intera l'Amministrazione, presedeva il senato, e rendeva la giustizia: componevasi di due i quali chiamavansi Duumviri, e Quatuorviri, se quattro erano i Magistrati J. D. (juri dicundo ). L' esercizio di queste funzioni durava un anno 9 ma non è facile assegnare i limiti della loro giurisdizione, che in quest' epoca esser dovette estesa.-La seconda magistratura provinciale era quella de' prefetti, che s'inviava da Roma in ogni anno per l' Amministrazione della giustizia in quelle Città che non aveano il Duumviro e che lo rimpiazzavano. La terza era quella di Censor, Curator, Quinquennalis, tre nomi che disegnavano lo stesso impiego. Questa magistratura riuniva la censura e la questura romana; ispezionava le costruzioni ed i lavori pubblici, affittava i demanii ed amministrava le civiche rendite. Tutti questi magistrati potevano in certi casi delegare le loro funzioni a' privati individui i quali prendevano allora il nome di agentes-vices.

Nella seconda epoca, quando i comizii e le alte magi

(a) Il nome di Curia ha la sua prima origine da Quir, asta che stringeasi colla mano. Le prime Curie furon forse i cortili de' Padri, secondo Vico, e quando essi si unirono in governo Aristocratico per risolvere gli affari quel luogo con più proprietà chiamossi Curia. Il nome di decurio si vuole che indicasse i primi dieci membri della curia, ma comunemente ogni membro di essa che fu poi detto curialis.

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strature non ebbero quasi alcuna influenza nel governo, quando la vita politica si estinse in Roma, ed Augusto permise che i municipi potessero mandar il loro voto suggellato per lo spoglio che se ne faceva in Roma, e quando finalmente questo simulacro de' comizii fu pure abolito; molta parte dell'importanza che avea Roma perduta rifluì ne' municipii, e'l loro reggimento conservò molta indipendenza, anzi divenne più regolare, con dritti più positivi, e più estesi di prima.

Non fu che dopo il regno di Nerva, sino a quello di Diocleziano che lo stato de' municipii, si presenta sotto un nuovo aspetto. Trajano permise loro di assicurare le proprietà e le rendite civiche, di ricevere eredità per mezzo de' fede-commessi, indi raccoglierle direttamente. Adriano accordò loro ricever de' legati, e diè la qualità di peculato ad ogni distornazione de' beni pubblici. La dignità di decurione era riconosciuta e trattata con favore: fuori il caso del parricidio, non potevano i decurioni esser di morte puniti. Finalmente ciò che attesta l'importanza e l'estensione di questo impiego in tal è il numero delle leggi di cui fu l'oggetto, e la ticolare occupazione de' giureconsulti.

epoca

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Ma dopo Settimio Severo il potere centrale cadeva in ruina nel romano impero e le sue forze diminuivano a proporzione che crescevano i suoi pesi ed i suoi pericoli. I barbari che bisognava vincere o comprare; la plebe che aumentava sempre e che bisognava nutrire, divertire, contentare; i soldati la cui forza necessaria conveniva sempre più estendere e favorire ; questi tre oggetti imponevano grandi spese, quindi l'invio d' uno sciame di funzionarii pubblici nelle province per estrarne denaro, e soldati. Costantino si appropriò molte proprietà municipali, senza diminuirne i pesi, anzi aumentandoli; ed i suoi successori non mancarono d'imitarlo. Ora sempre che le rendite del municipio non bastavano alle spese, la curia vale a dire il tadini facoltosi ed i primi dieci tra essi i decurioni eran tenuti a provvedervi colle proprie rendite e proprietà Essi a

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corpo

di tutti i cit

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vean cura de' giuochi del Circo in cui spesso spendevasi tutto il proprio patrimonio; della rifazione delle strade, della compra de' cavalli, e costruzione delle scuderie: Essi eran inoltre dovunque percettori delle pubbliche imposizioni, o responsabili di tal percezione; i loro beni proprii supplivano all' insolvibilità de' contribuenti, come all' insufficienza delle rendite comunali.

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L'ordine de' decurioni cadde in questa terza epoca in un lacrimevole avvilimento; i plebei ricusavano di entrare nell'ordine, ed i decurioni cercavano tutte le vie possibili per isfuggire da questa dignità. Molti andavano a nascondersi negli eserciti, alcuni ancora fra gli schiavi; ma per ogni dove erano ricercati e violentemente resi alla Curia che se non potevan essere ripresi, i loro beni si davano a colui che li avesse surrogati nella curia, nè potevano ricuperarli, se non riufrancate tutte le spese, e sottomettendosi per un biennio a sopportar quel peso che aveano sfuggito. Non vi era dignità che potesse esentarli, senza l'obbligo di sostituire altro all'esercizio delle curie a loro spese, e pericolo (a).

Questa classe comprendeva tutti gli abitanti della città o che vi fossero nati ( municipes ) o che fossero venuti a stabilirvisi ( incolae ) quando possedessero una proprietà fondiale maggiore di venticinque jugeri e che non appartenessero alla classe de' privilegiati. Ogni figlio di curiale era curiale, e tenuto ai pesi annessi a questa qualità. Ogni abitante, mercadante o altro che acquistava una proprietà maggiore di 25 moggia doveva essere reclamato dalla curia nè poteva ricusarsi. Alcun curiale non poteva uscire da tal condizione ; era loro interdetto di abitare in campagna,

(a) Le sole dignità di Prefetto del pretorio, Prefetto della Città, Maestro de' militi, ed altre che mentova Giustiniano nella legge ult. del Cod. sotto il tit. de decurionibus e nelle Nov. 7 ed 8 liberavano il curiale dal peso della Curia. Il Vescovato stesso non n' era esente, ma dovea sostenerlo per mezzo di un sostituto, giusta la Nov. 123. Auth. Episcop. Ordo de Episc. et Clericis.

di entrar nella milizia, di occupare impieghi che l' avrebbero esentato dalle funzioni municipali, prima di averle esercitate da semplice membro dalla curia sino alle prime magistrature della città; ed allora solo poteva diventar militare, funzionario pubblico e senatore: i figli nati prima di questa loro elevazione rimaneano curiali.

Il solo clero era esente, e bisognò impedire che tutti i proprietarii diventassero cherici, ordinandosi di lasciare il godimento de' loro beni a qualcheduno che voless' essere curiale in sua vece, od abbandonando i suoi beni alla curia medesima.

Vi volle tutto il buon senso di Teodosio a proibire che i malfattori fossero condannati ad essere curiali; ma gli ebrei e gli eretici vi eran nominati, e se le Novelle li allontanarono dall' onore della curia, non gli esentarono dai pesi della medesima; i figli naturali diventavano legittimi facendosi volontariamente di quest' ordine; niun curiale poteva vendere senza permissione del governator della provincia la proprietà che lo rendeva curiale; gli eredi de' curiali, quando non appartenessero alla curia e le vedove o figlie de' curiali che sposavano un uomo non curiale eran tenuti di abbandonare alla curia il quarto de' loro beni i curiali che non aveano figli non potevano disporre per testamento che del quarto de' loro beni, gli altri tre quarti andavano di dritto alla curia; non potevano allontanarsi dal municipio, nè anche per un tempo limitato senza la permissione del giudice della provincia, e quando si fossero sottratti, nè potevano essere ripresi, i loro beni eran confiscati a profitto della curia.

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Quali erano gl' indennizzamenti per tante restrizioni? L'esenzione della tortura, fuorchè ne' casi gravissimi; ma il Prefetto del Pretorio li poteva verberibus afficere.

Quella di certe pene afflittive ed infamanti riservate alla plebe, come i lavori alle miniere, il vivicomburio, la gogna ec. ma non si risparmiavano le pecuniarie; anzi quelli che delinquevano in officio eran sottoposti dai giudici plumbatorum ictibus.

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