E poi vidi venir da lunge Amore 3 E, poco stando meco il mio signore, Amor mi disse: questa è Primavera, 6 E quella ha nome Amor, si mi somiglia. Un'altra sua fantastica visione descrive Dante in questo Sonetto. Gli sembrò di vedersi venire incontro Amore tutto giulivo, il quale gli accennasse due vaghissime femmine, che in quel punto sopravvenivano. L'una era Beatrice, la donna sua; l'altra era Giovanna, la donna del di lui primo amico Guido Cavalcanti (Vita Nuova). Altri testi: dentro dal core. Conoscía, ridia, uscita verbale, notata anche più sopra, che s'incontra negli antichi poeti. Ridía, mostravasi sorridente. A Monna Vanna e monna Bice, accorciamenti di madonna Giovanna e madonna Beatrice. Al. Venire inverso il loco, dov'io era. e Questa, cioè Giovanna, è Primavera. E con tal nome appunto sappiamo dalla storia, che veniva chiamata la donna del Cavalcanti. 1 E quella, cioè Beatrice ha nome Amor. Anche nel Sonetto III, Dante diede a Beatrice il nome d' Amo re. SONETTO XVII. 1 Tanto gentile, e tanto onesta pare 1 Di cielo in terra a miracol mostrare. Mostrasi si piacente a chi la mira, E Che dà per gli occhi una dolcezza al core, par Che va dicendo all' anima: sospira. Il subietto del presente componimento è il gentile saluto e l' onesto e dignitoso portamento di Beatrice. È uno de' più bei Sonetti che s' abbia il Parnaso italiano: eppure fu scritto da Dante nella sua gioventù, quando appena potea contare cinque lustri d' età. 1 Pare, appare, si mostra. T Vestuta, come feruta, pentuta ec. è un'uscita verbale, di cui si hanno più esempi negli antichi. Altri testi leggono Umilemente d'onestà, lezione inferiore all' altra, si perchè di minore efficacia, sì perchè ripete l'attributo d'onesla dato già a Beatrice nel verso primo. 3 Della sua labbia. Labbia per faccia, volto, aspetto, trovasi più volte usato non solo da Dante, ma ancor da altri antichi. Poi si rivolse a quella enfiata labbia, Inf., VII, 7. Mia conoscenza alla cambiata labbia, Purgatorio, XXIII, 47. SONETTO XVIII. Vede perfettamente ogni salute 1 Chi la mia donna tra le donne vede : 3 Che nulla invidia all' altre ne procede, 2 Dice Dante nella Vita Nuova, che la sua Beatrice venne in tanta grazia delle genti, che non solamente era essa onorata e lodata, ma erano onorate e lodate tutte quelle donne in compagnia delle quali ella andava. Ond' egli veggendo ciò, e volendolo manifestare a chi nol sapesse, propose di dir parole nelle quali ciò fosse significato; e disse il presente Sonetto, nel quale espone come la virtù di Beatrice adoperasse nelle altre donne. Che van con lei, che vanno in compagnia di lei. 2 Che nulla invidia all' altre ne procede; imperocchè, come disse Čino nella Canz. L'alta speranza, st. III, non dà invidia quel ch'è meraviglia, Lo quale vizio regna ov'è paraggio. 3 La vista sua face ogni cosa umile, perocchè, quand'ella fosse presso d'alcuno, tanta onestà venia nel cuore di quello, che egli non ardiva di levare gli occhi (Vita Nuova). SONETTO XIX. Di donne io vidi una gentile schiera 3 Con gli occhi suoi quella benigna e piana,* Dal Codice della Biblioteca Ambrosiana, citato più sopra al Sonetto V, trasse il Muratori, e pubblicò nel Vol. I della Perfetta Poesia (Venezia, 1724, pag. 10) il Sonetto presente col nome di Dante Alighieri, cui veramente non possiamo negarlo, essendochè nella maniera e nello stile lo troviamo conforme alle altre poesie del Cantor di Beatrice, e tale lo trovò pure il Witte, che lo ripubblicò nella sua edizione tedesca delle liriche di Dante. In questo Sonetto tratta il Poeta l'argomento stesso, ch' egli trattò nel precedente. 1 Seco menando Amor. Altrove (Sonetto III e XVI) il Poeta simboleggiò Beatrice sotto il nome d'Amore: qui dicela da esso accompagnata. Lumiera per isplendore, non che da altri antichi è usato più volte dallo stesso Dante, Inferno, IV, 103, Paradiso, V, 130, e IX, 112. 3 Cera, sembianza, volto. Della virtù degli occhi di Bea rice disse pure nel Sonetto XI: Negli occhi porta la mia donna Amore; Per che si fa gentil ciò ch' ella mira. 5 Così nel Sonetto XVII: E par che sia una cosa venuta Di cielo in terra a miracol mostrare. 6 Chi l'è prossimana, colei che le è vicina, che le è dappresso; perciocchè, come disse nel Sonetto XVIII, ciascuna per lei riceve onore. BALLATA IV. Deh nuvoletta, che in ombra d'Amore Poi con atto di spirito cocente Creasti speme, che 'n parte m'è sana: 1 Deh non guardare perchè a lei mi fide,2 Ma drizza gli occhi al gran disio che m'arde; Sentito han pena dell' altrui dolore. Questa graziosa ed elegante Ballata fu col nome di Dante Alighieri pubblicata nell' edizione Giuntina a c. 17 ed in tutte le successive ristampe. Ha tutta la maniera del nostro Poeta; ed infatti sotto il vocabolo nuvoletta sembra simboleggiare la sua Beatrice, come pur la simboleggiò nella Canz. IV, ed una nuvoletta avean davante. E come altrove la rappresentò sotto la forma d'Amore (Son. III e XVI), così qui la dice apparitagli in ombra, vale a dire in sembianza d' Amore. 'Che 'n parte m'è sana, vale a dire, che se in parte mi dà tormento, in parte mi reca salute. Laddove tu mi ride, allorquando tu mi sorridi, mi ti mostri sorriden te, deh non guardare perchè a lei mi fide, perchè mi affidi alla mente mia; ma ec. Ride, fide, per ridi, fidi, uscita verbale che ho notata anco altrove. SONETTO XX. O dolci rime, che parlando andate E se voi foste per le sue parole Mosse a venire inver la donna vostra; È per raccomandare un che si duole, Dicendo: ov'è il desio degli occhi miei?3 Questo Sonetto, che col nome di Dante Alighieri vedesi nell'edizione Giuntina a c. 14 e nei Codici Laurenziani 49 Plut. XL, 37 e 135 Plut. XC, fu reputato dal Ginguené uno de' migliori fra le poesie Dantesche. Indirizzandosi alle sue rime medesime, il Poeta va in esso repudiando un altro Sonetto, che o da qualcuno cercavasi a lui attribuire, o che da lui stesso volevasi rifiutare. |