Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[ocr errors]

Ma gite attorno in abito dolente,

A guisa delle vostre antiche suore. ©
Quando trovate donna di valore, 7

Gittatevile a' piedi umilemente,

Dicendo a voi dovem noi fare onore.

In questo Sonetto il Poeta cita siccome sua la Canzone del Convito, Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete: dunque l'autore n'è Dante; col nome del quale sta infatti nell' edizione Giuntiņa a c. 13 retro, nei Codici Laurenziani 49 Plut. XL, 37 Plut. XC, e nel Riccardiano 1044. 8

Fece il Poeta questo Sonetto dopo aver già composto il suo Canzoniere, rivolgendo le sue parole alla Filosofia ch'è la femmina, la quale, dacchè fu salita al cielo Beatrice, incominciò ad esser da lui amata, e lodata nella nota Canzone Voi che, intendendo ec.

1 Per quella donna in cui errai. II Dionisi, dando alla frase in cui errai il significato di per la quale errai, ed appoggiandosi a varii passi del Convito, nei quali dice Dante la ragione per cui le sue parole suonano talvolta il contrario di quello parrebbe dovessero dire, crede che ciò sia detto dal Poeta secondo l'apparenza. Se peraltro alla preposizione in daremo il significato che suole talvolta avere di contra, n'avremo questo concetto: per quella donna contra la quale commisi fullo, non amandola prima d'ogni altra, poichè in prima fui servo d'un amor sensuale.

Che la sapete, che la conoscete. 3 I nostri guai. O vuole il Poeta significare le sue dolenti parole, ovvero i dispiaceri e le avversità cui forse potè andar soggetto per esser appunto uomo di lettere, filosofo e

onesto.

Intendi: noi siamo vosire; dunque non ci vedrete in maggior numero di quel che omai siamo, perchè vi abbiamo già pagato il tributo promessovi e dovutovi.

5 Con lei non state; chè non v'è Amore. Vuol dire che la Filosofia

non ha amore, cioè, brama di sa-
pere, com' abbiam noi, perchè ella
in se considerata è la stessa Sa-
pienza (V. il Conv. tr. III, cap. 12).
Ovvero è da dirsi che anche qui se-
condo l'apparenza egli parli; per-
ciocchè l'amor di Dante verso la
Filosofia (V. il Convito loc. cit.)
) era
lo studio; l'amore di quella verso
di Dante era, dirò così, il porgersi
ad esser facilmente intesa då lui..
Tutto il lamento del Poeta veniva
dunque dal non intendere.

In abito dolente, A guisa delle vostre antiche suore. Per suore antiche intende il Poeta le rime della Vita Nuova; poichè nel Convito tr. III, cap. 9, rendendo ragione dell' aver chiamato una Ballata sorella, dice: Per similitudine dico sorella; chè siccome sorella è detta quella femmina, che da uno medesimo generante è generata; così puote l'uomo dire sorella quell'opera, che da uno medesimo operante è operata; chè la nostra operazione in alcun modo è generazione. A queste sue rime dice d'andar attorno in abito dolente, mentre l'abito di queste e di quelle esser dovea simigliante, ma per cagione molto diversa; imperocchè le antiche doleansi

per la morte di Beatrice; e le nuove per le difficoltà e le fatiche che provava il Poeta nello studio della Filosofia.

7 Donna di valore. Per donna di va lore o gentile (dice Dante nel Convito tr., III, cap. 14), s'intende la nobile anima d'ingegno, e libera nella sua propria potestà, ch'è la ragione: onde le altre anime dire non si possono donne ma ancelle, perocchè non per loro sono, ma per altrui: e'l filosofo dice nel primo della Metafisica, che quella cosa è libera, ch'è per cagione di se e non per altrui. Alla qual donna, cioè, all anima gentile, vuole il Poeta che le sue rime facciano onore, perchè la commendazione de' buoni è un tacito vitupero dei tristi, e perchè, lodando egli le persone oneste e virtuose, non si disco

stava punto dalle lodi della Filosofia in onor della quale ritorna tutto il sapere e l'onesto, che è da lei a quelle comunicato.

8 Questo Codice, che altrimenti è segnato 0. 1, num. XXVI, contiene il Convito, nel fine del quale si legge: Qui appresso fia scripto uno Sonetto di Dante Alighieri, per mezzo del quale e' si vede questa Opera (il Convito) non gli piacere, et essere di sua intenzione non seguitare più o!tre. È questa peraltro una falsa congettura del copista, perciocchè, siccome chiaramente si vede, il Sonetto non fa allusione al Convito, ma sivvero alle altre parole rimate, vale a dire alle altre poesie liriche, sorelle di quello, cioè parto della mente stessa che il Sonetto produsse.

SONETTO XXXV.

Chi guarderà giammai senza paura
Negli occhi d'esta bella pargoletta,
Che m' hanno concio si, che non s'aspetta
Per me se non la morte, che m'è dura?
Vedete quanto è forte mia ventura, 1

Che fu tra le altre la mia vita eletta

Per dare esempio altrui, ch' uom non si metta
A rischio di mirar la sua figura. 2

Destinata mi fu questa finita 3

Dacch'un uom conveniva esser disfatto,

Perch' altri fosse di pericol tratto; +

E però lasso fu' io così ratto

In trarre a me 'l contrario della vita, š
Come virtù di stella margherita. 6

5

Elegante e leggiadro Sonetto, che col nome di Dante Alighieri sta nel Codice Palatino, nei Laurenziani 49 Plut. XL, e 37 Plut. XC, e che col nome stesso fu impresso nell' edizione Giuntina a c. 14

retro, non che in tutte le sue ristampe. La bella pargoletta, subietto del componimento, è la Filosofia, giovine non per sè stessa, ma rispetto a Dante, e secondo l'apparenza ; gli occhi di lei (Vedi.il Convito, tr. III, cap. 15) sono le sue dimostrazioni; e l'esser egli a tale stato ridotto che non gli resta più che morire, deriva dall' assidua e grave fatica ch'è richiesta dallo studio di essa.

1. Quanto è forte mia ventura, quanto è orribile la mia sciagura.

2 Uom non si metta A rischio di mirar la sua figura, vale a dire, nissuno si arrischi a vagheggiarla, perciocchè tanto s' innamorerà dello studio di essa, che non potrà mai distaccarsene, anche a rischio della propria salute.

Intendi: dappoichè conveniva che un uomo si riducesse macro e sfinito per l'assiduo studio della Filosofia, affinchè altri fosse tratto di pericolo, cioè, tratto della pericolosa strada dell'errore e del vizio. 5 Il contrario della vita è la Morte. Come virtù di stella margherita. cioè, come la virtù del sole produce

Questa finita, questa fine, questa (secondo l'antica opinione) la margherita, la perla.

morte.

[merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small]

Io fui del cielo, e tornerovvi ancora
Per dar della mia luce altrui diletto;

4

E chi mi vede, e non se n' innamora,
D' Amor non averà mai intelletto :
Ché non mi fu in piacere alcun disdetto,
Quando Natura mi chiese a Colui,

Che volle, donne, accompagnarmi a vui. 5
Ciascuna stella negli occhi mi piove

6

Della sua luce e della sua virtute.
Le mie bellezze sono al mondo nuove,
Perocchè di lassù mi son venute;
Le quai non posson esser conosciute
Se non per conoscenza d'uomo, in cui
Amor si metta per piacere altrui.
Queste parole si leggon nel viso.

D' un' Angioletta che ci è apparita :

Ond' io, che per campar

7 la mirai fiso,

Ne sono a rischio di perder la vita;
Perocch' io ricevetti tal ferita

8

Da un ch' io vidi dentro agli occhi sui,

Ch'io vo piangendo, e non m' acqueto pui. 10

Anche questa Ballata conferma quanto l'amore di Dante per Beatrice fosse nobile e virtuoso. O sia ch' egli qui parli di Beatrice vivente, o di Beatrice fatta già cittadina del regno celeste, come più probabilmente io credo, va però figurandola sotto l'immagine della Sapienza e siccome dal cielo discesa per dover poi a quello far ritorno. Col nome di Dante Alighieri fu la Ballata presente pubblicata nella raccolta Giuntina a c. 15 retro, ed in tutte le successive ristampe. Col nome di Dante vedesi pure nell'antico Codice Q. I. 11. della pubblica Biblioteca di Siena, nel Laurenziano 44 Plut. XL, e nel Palatino. Non fu mosso da alcuno il minimo dubbio sulla sua originalità, e il Dionisi pure la tenne per autentica.

1

Pargoletta. Ho detto anco poco anzi che Dante ha talvolta dato alla Sapienza l'epiteto di pargoletta rispetto a se medesimo, rispetto, cioè, al breve tempo dacchè egli erasi applicato allo studio delle scienze filosofiche; per lo che la Sapienza veniva a dimostrarglisi giovinetta e non donna matura. Qui peraltro potrebbe averla così chiamata in riguardo alla giovenile età di Beatrice, la quale è in questa Ballata simboleggiata sotto l'immagine di quella femmina intellettuale.

• Nuova può qui aver due significati, o quello di pellegrina, oquello di giovine.

3 Costruisci ed intendi: e per mostrarmi a voi, son venuta qui in terra discendendo dalle bellezze celesti e dall'empireo, dond' io trassi l' origine.

Mi vede, al. mi guarda.

5 Costruisci ed intendi: Perciocchè non mi fu disdetto, detto di no, in alcun piacere, in cosa alcuna che fosse di mio piacere (e fra le altre cose che ottenni una si fu, che chi mi ve

de e non s'innamora di me, non sappia mai che sia Amore), quando Natura mi chiese a Colui, cioè a Dio, il quale, o donne, vale a dire, o anime gentili, volle accompagnarmi a voi, volle, cioè, ch'io vi fossi compagna.

Invece di non mi fu, che è lezione di varii Codici, fra i quali il Palatino, la Crusca coll' edizione Giuntina legge non gli fu, e la voce disdetto non la fa participio del verbo disdire, dir di no, ma la fa nome, cui riferisce l'aggettivo alcun; interpretando alcun disdetto per alcuna negativa; ma il concetto che così se ne cava, è oscuro e incoerente. - Invece di accompagnarmi a vui, il Dionisi legge accompagnarmi a lui, vale a dire (egli dice) all' Amor divino. Ma oltrechè quel lui mal si riferisce ad Amore, che non è il soggetto del periodo, io domando che razza di frase sarebbe questa, che volle accompagnarmi a lui, o donne?

[ocr errors]

• Ciascuna stella ec., ciascun pianeta.; lo che significa che tutti i cieli piovono sopra di lei i loro virtuosi

influssi. Infatti la Filosofia si abbella di tutte le scienze, e i sette pianeti, secondo l'allegorico sistema scientifico di Dante (Conv. tr. II, cap. 14), rappresentano le scienze del cosi detto Trivio e Quadrivio.

7

La mirai fiso per campar, vale a dire, per isfuggire il gran ma

le di non aver intelletto d'amore. 8 Ne sono a rischio di perder la vita, per cagione dell' assiduo e faticoso studio.

9 Da un, cioè, da Amore.

10 Non m'acqueto pui, la lez. comune che parmi erronea: non m'acquetai pui.

[ocr errors]

SONETTO XXXVI.

E' non è legno di si forti nocchi,
Né anco tanto dura alcuna pietra,
Ch' esta crudel, che mia morte perpetra, 1
Non vi mettesse amor co' suoi begli occhi.
Or dunque s'ella incontra uom che l' adocchi,
Ben gli de' 'l cor passar, se non s'arretra;
Onde 'l convien morir; 2 che mai no impetra
Mercè, ch' il suo dever pur si spannocchi. 3
Deh perchè tanta virtù data fue

4

Agli occhi d' una donna cosi acerba,

Che suo fedel nessuno in vita serba?

Ed è contr' a pietà tanto superba, 5

Che s'altri muor per lei, nol mira piue,
Anzi gli asconde le bellezze sue.

3

« Nel Convito (tr. II, cap. 1) spiegando l'Alighieri la favola d'Orfeo, dice che per gli alberi s'intendono quegli uomini, che

» non hanno vita di scienza e d'arte; e per le pietre coloro che » non hanno vita ragionevole di scienza alcuna, chè sono quasi » come pietre. Ciò premesso, la donna crudele, ucciditrice del Poeta » e degli altri suoi amanti, è la Filosofia, gli occhi della quale sono » le sue dimostrazioni (Conv., tr. III, cap. 15), colle quali si vede la verità certissimamente; e 'l suo riso sono le sue persuasioni, nelle quali si dimostra la luce interiore della Sapienza » sotto alcuno velamento; e in queste due cose si sente quel pia» cere altissimo di beatitudine, il quale è massimo bene in Pa» radiso. Questo piacere in altra cosa di quaggiù esser non può, » se non nel guardare in quest' occhi e in questo viso. Adun

[ocr errors]
[ocr errors]
« ÖncekiDevam »