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(Capitolo in terza rima or perduto) in lode delle sessanta più belle donne della città di Firenze, e fra di esse collocarvi pure costei. Ma posto altresì avendovi il nome di Beatrice, corse gran rischio di far palese il segreto. Per le quali cose, da lui stesso narrate, chiaramente apparisce, quanto il giovin poeta, a differenza di tutt' altri che teneansi a gloria il far pubblica pompa de' loro amori, fosse ritenuto e costumato, e geloso dell' onore e della buona fama di Beatrice.

In uno de' suoi primi Sonetti abbiamo, che da molti e diversi pensieri d' Amore egli era combattuto sì che gravosa gli facevan la vita. Volea trovar modo che tutti insiem s' accordassero, ma ciò fatto non gli veniva, se non che tutti s'accordavano in questo, di gridar pietade e mercè:

<< Tutti li miei pensier parlan d' Amore,

Ed hanno in lor si gran varietate,
Ch' altro mi fa voler sua potestate,
Altro folle ragiona il suo valore;
Altro sperando m'apporta dolzore,
Altro pianger mi fa spesse fiate;
E sol s' accordano in chieder pietate
Tremando di paura, ch'è nel core.
Ond' io non so da qual materia prenda;

E vorrei dire, e non so che mi dica:
Cosi mi trovo in amorosa erranza.
Chè se con tutti vo' fare accordanza,
Convenemi chiamar la mia nemica

Madonna la pietà, che mi difenda. >>

Amore dunque facea continua battaglia nel cuore di lui, e secondo ch' egli stesso racconta, spesse volte si fortemente assalivalo, che non lasciavagli altro di vita se non un pensiero, che della sua Donna parlava. Ma se sì vivamente sentiva la forza della sua passione, sì puri e sì casti n'eran peraltro gli affetti, che egli non potea a lungo sopportar la presenza della sua gentilissima donna: ma un tremore, com'egli dice mirabile, lo sorprendea tanto ch'ogni sua potenza per lungo spazio di tempo pareva distrutta. Il qual fatto comprova quella sentenza, che se dalla bellezza le facoltà sensitive

dell' uomo ricevono impulso, d'altra parte ne ricevono un freno. Egli adunque si dilungava dal loco ove incontravagli quell' angoscioso tormento, e ritornava nella camera delle lacrime a disfogarvi il suo affanno. Ma com' egli ridestavasi nell'immaginativa la meravigliosa bellezza di Beatrice, giungeagli tosto un desiderio di nuovamente vederla, il quale era di tanta virtù, che distruggeva nella sua mente ciò che contro di quello si fosse potuto levare; ed era altresì di tanta forza, che lo stringeva, nonostante i patimenti sofferti, a cercare la veduta di lei, ritornando per questo modo ai tremori e agli spasimi. Questo pure egli esprime nel Sonetto Ciò che m' incontra nella mente, muore.

Alcune donne, trovatesi presenti a cotali trasfigurazioni del giovin poeta, lo interrogarono : « A che fine ami tu questa donna, poichè non puoi la sua presenza sostenere ? Dilloci; chè certo il fine di cotale amore conviene che sia novissimo. » Ei loro rispose, il fine del suo amore essere il saluto della sua donna, e in esso dimorare quella beatitudine ch' era fine di tutti i suoi desiderii. Le sue prime poesie hanno infatti per subietto le bellezze e le virtù della sua donna, e i mirabili effetti del di lei cortese saluto, intorno al quale abbiamo più sopra veduto un Sonetto meraviglioso. E quando per l'effetto di false voci addivenne che questo per Dante sì dolce saluto gli fosse negato, ei si propose infra i sospiri e le lacrime di pur cantare di Beatrice, e di prendere per materia del suo parlare sempre mai quello che fosse lode di lei; nel che sentiva (egli asserisce) tale beatitudine, che non potea, siccome il saluto, venirgli meno giammai. Ed allora incominciò quella sua Canzone:

<< Donne, ch'avete intelletto d' Amore,
Io vo' con voi della mia Donna dire,
Non perch' io creda sue laudi finire,
Ma ragionar per isfogar la mente.
Io dico, che pensando suo valore,
Amor si dolce mi si fa sentire,

Che sio allora non perdessi ardire

Farei parlando innamorar la gente, ec. »>

Tutti i suoi pensieri, tutte le sue operazioni erano volte ad incontrare il gradimento dell'oggetto amato: però coll' entusiasmo d' un

amore che confondeasi con un sentimento di devozione, egli ne celebrava le rare virtù, asserendo che la sola vista di Beatrice spegnea in lui ogni pravo appetito, e gli alimentava nel seno una fiamma di carità, d'umiltà. Anzi questi mirabili effetti che in se sentiva, credea e volea far credere che pur venissero operati in altrui, tanto che non solamente Beatrice n'era onorata e lodata, ma per lei erano onorate e lodate quelle donne, che aveano la ventura di mostrarsi in sua compagnia. Anche questi concetti egli va esponendo in varii suoi componimenti, e particolarmente in un Sonetto che dice:

« Vede perfettamente ogni salute

Chi la mia donna tra le donne vede;
Quelle che van con lei sono tenute
Di bella grazia a Dio render mercede.

È sua beltade di tanta virtute,

Che nulla invidia all' altre ne procede,
Anzi le face andar seco vestute
Di gentilezza, d'amore e di fede.
La vista sua face ogni cosa umile,
E non fa sola sè parer piacente,

Ma ciascuna per lei riceve onore.

Ed è negli atti suoi tanto gentile,

Che nessun la si può recare a mente,

Che non sospiri in dolcezza d'amore. »

<< Il poeta innamorato (scrive il Monti nella Proposta) non so>> lamente non pensa, non calcola, non esamina punto il bello che nell'oggetto amato non è, ma nè manco per ombra gliene suppone >> il difetto: e mostrerebbe d' amare assai poco, se gli avvenisse di >> riconoscere in altra donna un'amabile qualità, di cui fosse priva » la sua. Perciò colla benda sugli occhi ei tiene fisso il pensiero uni>>camente nel bello della sua amata, e questo ei trova perfetto, in » questo è tutta la somma de' suoi desiderii: chè tale è la vera na» tura dell' amorosa passione, figurarsi nella donna amata ogni pre>> gio e di corpo e di spirito, e non fare stima di qualsiasi altro >> oggetto, se non in quanto ei rende somiglianza e figura di quello » di cui siamo presi: e dove manca la realtà, supplisce la fantasia, » la quale ognun sa che in un modo meraviglioso esagera tutto,

>> massimamente in capo a' poeti. » Così appunto fè Dante il quale nella sua Donna non sapea vedere che bellezze, pregi e virtù: al che fare egli era portato non tanto dalla purità del suo affetto quanto dalla nobiltà del suo animo. Però credè, e volle dire per rima, come allorquando Beatrice venne al mondo, tutti e sette i cieli mobili piovvero sopra di lei i loro benefici influssi :

« Ciascuna stella negli occhi le piove

Della sua luce e della sua virtute. »>

Ball. IX.

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« Così di tutti e sette si dipinge. »
Son. XXXIX.

E per rima volle dire altresì, come ella era discesa dal cielo, e ad esso dovea far prestamente ritorno, poichè ella vi era desiderata ed attesa dalle anime beate, le quali meravigliate di tanta virtù che quaggiuso in terra splendea, chiedeano al Signore 'd'averla fra loro a far più lieta la festa del Paradiso:

Sire, nel mondo si vede
Meraviglia nell'atto, che procede
Da un'anima, che fin quassù risplende,
Lo cielo che non have altro difetto
Che d'aver lei, al suo Signor la chiede.

Madonna è desiata in l'alto cielo. >>

Canz. II.

Che se questi concetti vogliansi da alcuno tenere per parti d' un poetico entusiasmo, piuttosto che d'un sentimento, che come ho detto accostavasi a devozione, non potranno tenersi se non per effetti d' un amore profondamente e nobilimente sentito quelli, che a quando a quando nella Vita Nuova s'incontrano. Questa gentilissima donna (dice nel ricordato Libretto) venne in tanta grazia delle genti, che quando passava per via, le persone correvano per vederla: onde mirabile letizia me ne giungea: è quando ella fosse presso d' alcuno, tanta onestà venia nel cuore di quello, ch' egli non ardiva di levar gli occhi, nè di rispondere al suo saluto; e di questo molti, siccome esperti, mi potrebbero testimoniare a chi nol credesse. Ella coronata e vestita d'umiltà s' andava, nulla gloria

mostrando di ciò ch' ella vedeva ed udiva. Dicevano molti, poichè passata era: questa non è femmina, anzi, è uno delli bellissimi Angeli del cielo. Ed altri dicevano: questa è una meraviglia; che benedetto sia il Signore, che si mirabilmente sa operare! Io dico che ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti i piaceri, che quelli che la miravano comprendeano in loro una dolcezza onesta e soave tanto, che ridire non lo sapeano: nè alcuno era, il quale potesse mirar lei, che nel principio non gli Convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose procedeano da lei mirabilmente e virtuosamente.

L'amore di Dante per Beatrice fu, non ha dubbio, sul bel principio, un'inclinazione spontanea, un affetto naturale e sincero. Ma come l'oggetto della nostra tenerezza ci si fa più caro a misura che andiamo in esso discuoprendo nuovi pregi; e grato essendoci il vedere che ancor per altri s'ammiri, c'importa conservarlo immune da ogni macchia; così quest' amore prese modificazione di spiritualità e di platonicismo allora quando l'Alighieri, per lo sviluppo di sue facoltà intellettuali e per l'ardenza di sua fantasia, fatto entusiasta delle doti e delle virtù di donzella cotanto gentile, non seppe più vedere e celebrare in lei se non che un modello di perfezioni. Ciò ch' ei dicea della Filosofia.

«Io non la vidi tante volte ancora

Che non trovassi in lei nuova bellezza, >>

dicealo altresì della figlia di Folco. Pur questo amore, sebbene volgesse la passionata anima di Dante ad un entusiasmo pieno di cortesia e gentilezza, non cessava di esser tuttora un naturale affetto, che signoreggiasse potentemente la più intima parte del di lui cuore. Del che non dubbia riprova possono essere i lamentevoli accenti, che a sfogo di tanto dolore, qual si fu quello ch'ei provò nella morte di Beatrice, profuse in quei componimenti Quantunque volte, lasso! Gli occhi dolenti, che abbiamo ricordati più sopra, e in altri pure che stanno nel suo Canzoniere; e le tante lacrime ch'ei narra nel Convito avere a lungo versate per siffatta sua disavventura. Nella Cantica del Paradiso, ch'ei dettò nell' ultimo lustro della sua vita, Dante diede opera maggiore che nelle altre due, a far l'apoteosi di

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