IL CANZONIERE DI DANTE ALIGHIERI. PARTE PRIMA. SONETTO I. A ciascun' alma presa,1 e gentil core, Mio core in mano, e nelle braccia avea Pensando al dolcissimo saluto di Beatrice, fu Dante sopraggiunto da un soave sonno, nel quale egli ebbe (secondo che narra nella Vita Nuova) una mirabil visione. Svegliatosi, si propose di scrivere un Sonetto, in cui trattare di quelle cose che gli era sembrato vedere, e quindi indirizzarlo ai più famosi poeti di quel tempo, perchè ne giudicassero, ed emettessero la loro opinione. Fra i varii Trovatori che, rispondendo per rima, scrissero a Dante il loro parere intorno cotale visione, uno si fu Guido Cavalcanti col Sonetto Vedesti al mio parere ogni valore, un altro Cino da Pistoja con quello Naturalmente chere ogni amatore, e un terzo pure si fu Dante da Majano col suo Sonetto Di ciò che stato sei dimandatore. Guido, vorrei, che tu e Lapo ed io E messi ad un vascel, ch' ad ogni vento Non ci potesse dare impedimento, All'amico suo Guido Cavalcanti indirizzò l' Alighieri il presente Sonetto, cui vuolsi che quegli rispondesse coll' altro S' io fossi quello che d'amor fu degno (V. le Rime del Cavalcanti per cura del Cicciaporci, pag. 128). La Bice qui nominata è, come ognuno può imma ginarsi, la Beatrice dell' Alighieri, Vanna o Giovanna l'amorosa di Guido Cavalcanti, l'altra che nel Serventese scritto da Dante (siccome dice nella Vita Nuova) in lode delle sessanta più belle donne di Firenze, cadeva in sul numero trenta, era la donna di Lapo Gianni. 6 Col nome di Dante Alighieri vedesi questo Sonetto nell' edizione Giuntina a c. 134 retro, non che in tutte le sue ristampe, e nel Codice Magliabechiano 991. E per poesia di Dante Alighieri lo ritennero pure il Barbieri (Poesia rim., pag. 77) e il Dionisi (Anedd. II, pag. 43). Ad un vascel; altri testi leggono in un... Fortuna, tempesta. 3 Vivendo sempre in un talento, lezione del Cod. Magliabechiano, vivendo sempre in una stessa volontà. Altri testi portano vivendo sempre in noi 'l talento. sul numero trenta, era, siccome ho detto di sopra, la donna di Lapo Gianni; ma del suo nome tace l'istoria. 5 Sariamo, saremmo. 6 Il Crescimbeni e il Muratori si perdono in congetture per fissar l'epoca in cui fiori Lapo Gianni. Ma il Sonetto presente ce lo fa chiaramente conoscere contemporaneo del Quella che nel Serventese scritto da Dante in lode delle sessanta più belle donne di Firenze cadeva l' Alighieri. BALLATA I. O voi, che per la via d' Amor passate, Attendete, e guardate 1 S' egli è dolore alcun, quanto 'I mio, grave: E poi immaginate S'io son d'ogni tormento ostello e chiave. Amor non già per mia poca bontate, Ma per sua nobiltate, Mi pose in vita si dolce e soave, 2 Ch' io mi sentia dir dietro assai fïate: 3 Cosi leggiadro questi lo cor have? In guisa che di dir mi vien dottanza: " DANTE. 1. 6 Sicché, volendo far come coloro, Che per vergogna celan lor mancanza, 6 E dentro dallo cor mi struggo e ploro. Dante nella sua gioventù guardava (come dicemmo nella Dissertazione) a tener celato all' altrui conoscenza l'amor suo per Beatrice. Ma avendo composto un Serventese (Capitolo in terza rima), nel quale lodando le sessanta più belle donne di Firenze avea collocato in sul numero nove il nome della donna sua, corse gran rischio di far palése il segreto. Prese egli allora l'occasione dell' esser partita dalla città una di quelle gentildonne, che avea ǹel Serventese nominate, e di cui per l'avanti, fingendosene innamorato, s' avea fatto schermo alla verità, e lamentandosi della di lei partita, tentò ricondurre la gente alla primiera credenza. Questo è il subietto della presente Ballata, inserita da Dante nel suo libro della Vita Nuova. O voi ec. secondo quelle parole del Profeta Geremia: O vos omnes, qui transitis per viam, attendite etc. 2 Per mia poca bontate, cioè per un qualche poco di mia bontà. 3 Invece di assai fiate, altri testi, togliendo la dieresi dalla voce fïate, che ordinariamente la richiede, leggono molle fiate. Dottanza, dubitanza, timore, dal verbo ant. dottare, provenzale doplar. 5 Allegranza, allegrezza. 6 Dallo, elegantemente per allo. Il verso leggesi anco così: E di dentro dal cor mi stringo e ploro. Ed altresi: E dentro al core mi distruggo e ploro. SONETTO III. Piangete, amanti, poiché piange Amore, 2 Ha messo il suo crudele adoperare, 5 3 4 Ch'io 'l vidi lamentare in forma vera Sovra la morta immagine avvenente; Che donna fu di si gaia sembianza. Accadde all' Alighieri di veder giacente in mezzo di molte donne, che pietosamente piangevano, il corpo d'una giovinetta, la quale fu assai graziosa e di molto gentile aspetto. E ricordandosi d'averla veduta altre volte far compagnia a Beatrice, non potè frenare le lacrime e si propose di esprimere la sua condoglianza nel Sonetto presente e nella Ballata Morte villana, l' uno e l'altra da lui posti nella Vita Nuova. All'intelligenza de' due ternarii, nei quali il Poeta va dicendo che vide Amore in forma vera lamentarsi sopra il corpo della morta giovine, e riguardar verso il cielo ec., convien sapere che sotto il nome d' Amore va qui il Poeta celando la sua Beatrice, la quale in forma vera, e non ideale siccome Cupido, fu da lui veduta far lamenti sopra il corpo della morta compagna. Anche nell'ultimo verso del Sonetto I'mi senti' svegliar, Dante adombrò la sua donna sotto il vocabolo Amore. E che in questi ternarii si alluda a Beatrice, argomentasi pure dalle parole, che nella Vita Nuova fa Dante precedere al presente Sonetto. 1 A pietà... chiamare, cioè clamare, esclamare, gridare pietosamente. 2 Ha messo il suo crudele adoperare, cioè ha messo la sua opera crudele, ovvero ha messo in opera la sua crudeltà. 3 Costruisci ed intendi: Guastando, fuora dell' onore (che non può dalla morte ricevere detrimento) tutto ciò che al mondo è da lodare in gentil donna, cioè la gioventù, la bellezza, ec. Qui farò osservare, che la variante soura del Biscioni e del Pogliani è assolutamente erronea, perciocchè Dante non avrebbe mai det to, che in gentil donna la bellezza è da lodarsi sovra dell'onore, cioè più dell' onore. Di ciò s'accorse il Dionisi, e però propose (Anedd. V, pagine 24) di legger suora invece di sovra. Ma dacchè la variante fuora (dell' edizione Sermartelli e Pesarese) da me adottata offre un senso facile e naturale, credo dover rifiutare la correzione dal Dionisi proposta. Orranza, contrazione d'onoranza, onore, non infrequente negli antichi. Altri testi: Ch' io l'udii. BALLATA II. Morte villana, di pietà nemica, |