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el domini Gherardi anconitani episcopi, die II intrante mense madio, indiclione XII. Anno Diocletiani D. In ecclesia ista requiescunt corpora sanctorum martyrum Pelegrini, Erculani atque Flaviani. E quest' epoca di Diocleziano incominciava dal di 29 agosto dell' anno 284 ed era molto usata presso i greci: nè s'incominciano a trovare usati nei pubblici monumenti cristiani gli anni del Signore prima del secolo ottavo: e ne fu introdotto l'uso dai longobardi, dai quali poi derivò a poco a poco in tutta l'Europa. Ma si ritorni a dire di san Primiano, il quale tra i vescovi, che si conoscono, della chiesa anconitana fu il primo. So, che il padre Fausto Maroni delle scuole pie, nel suo commentario latino sulla chiesa e sui vcscovi di Ancona (1), lo volle cancellato dal catalogo dei sacri pastori di questa sede; l' Ughelli, che pur lo nomina vescovo e martire, lo pospone invece a san Ciriaco, il quale gli fu successore; ed altri anconitani scrittori lo ammettono, altri lo escludono. L' eruditissimo Peruzzi (2) a tutti risponde, e con robusti argomenti lo dimostra a tutte prove, non solo vescovo, ma vescovo di Ancona e martire, e inoltre ne segna il tempo del martirio, sotto Diocleziano e Massenzio. E poi, come si potrà mai dubitare del suo vescovato in Ancona? se la pietra sepolcrale, che ne chiudeva le sacre spoglie allorchè furono trovate, offriva l'iscrizione:

HIC REQVIESCIT CORPVS BEATI PRIMIANI EPISCOPI
QVI FVIT GRAECVS

Vescovo certamente egli era; e non di altra chiesa fuorchè di Ancona; [ perchè se di altra chiesa lo fosse stato, sepolto in questa città, se ne sarebbe indicata la sede: laddove non essendovi nome di altra sede, ne viene di conseguenza, ch' egli lo fosse di quella, nella cui città aveva avuto sepollara. Per tutte le ragioni finora esposte, si in proposito del diacono san Pellegrino e si di questo santo vescovo Primiano, conchiude il Peruzzi doversi fissare la fondazione della cattedra episcopale anconitana intorno la seconda metà del secolo secondo, se pur non abbiasi a dirla più antica. Del ritrovamento del sacro corpo di questo vescovo, avvenuto nel 1575, parlerò alla sua volta: seguiterò qui in frattanto il mio racconto di questa elà, in cui fioriva Primiano.

(1) Pag. 15.

Vol. VII.

(2) Chiesa Anconitana, pag. 12 e seg.

3

Contemporanee a lui, e non meno di lui valorose nel confessare in faccia all' idolatra tiranno la fede di Gesù Cristo, fiorirono in Ancona le anconitane vergini Palazia e Laurenzia, ed ottennero, lui ancora vivente, la palma purpurea di martiri nell' anno 304, sotto il prefetto Dione, nella fierissima persecuzione di Diocleziano. La memoria di loro è registrata nel martirologio romano al di ottavo di ottobre: e sotto il medesimo di ne parla il Baronio nelle sue note al martirologio stesso, e dice di averne avuto gli atti dalla chiesa anconitana, scritti in antichissimi codici. Essa da immemorabile età ne celebra la festa disgiuntamente: di santa Laurenzia il di primo e di santa Palazia il dì settimo del mese summentovato. Dovrei qui copiare alla lettera quanto scrisse il dotto Peruzzi (1) se volessi dire del culto, che da tempo rimotissimo prestarono gli anconitani a queste loro concittadine: soltanto ricorderò col Saracini, che le loro sacre reliquie furono trovate nell' anno 400, e che la città, per singolarissimi beneficii conseguiti dalla intercessione di esse, le stabili sue particolari protettrici e ne decretò solenne e pomposa festa annuale nel dì 6 ottobre.

Ed allo stesso diligente ed erudito Peruzzi m' è duopo rimettere i miei lettori quanto alla dimostrazione, quasi direi matematica (2), della verità del vescovato di san CIRIACO martire, il quale fu successore di san Primiano sulla santa sede di Ancona. Successore non immediato, dic' egli, perchè troppo largo è lo spazio, che corre dal martirio di s. Primiano sino al tempo, in cui lo si può credere presumibilmente innalzato alla dignità vescovile di questa chiesa. E certamente allorchè sant' Elena trovò la croce del Redentore, nell' anno 527 egli era tuttora ebreo rabbino, e nominavasi Giuda, come vedrassi in appresso. Del vescovato di lui nella chiesa anconitana mossero questioni gravissime accreditati scrittori, le quali non devo oltrepassare in silenzio: nè mi fia difficile il porre in luce la verità di questo interessantissimo punto di ecclesiastica storia, perchè, dopo le diligenti indagini del Peruzzi, non avrò che a compendiare quanto egli scrisse su tal proposito (5).

(1) Pag. 21 e seg.

(2) Dalla pag. 62 alla 88 della sua preziosa dissertazione sulla Chiesa anconitana.

(3) Anche l'anconitano canonico Vincenzo Baroni e l'arcidiacono Mariano Bedetti scrissero a difesa della verità del ve

scovato di san Ciriaco in Ancona, contro chi lo affermava patriarca o vescovo di Gerusalemme. Fu altresì stampata in Ancona, nel 1758, una dotta dissertazione intitolata: Problema theologico-critico de episcopali sancti Judae-Quiriaci sede.

Fuvvi tra gli stessi anconitani chi contrastò a san Ciriaco il vescovato di questa chiesa, e lo dissero invece vescovo o patriarca di Gerusalemme; altri lo difesero e lo dimostrarono evidentemente di Ancona. Nacque lo sbaglio di quelli da una inesattezza degli antichi egualmente che dei moderni martirologi, ove nel dì 4 maggio, accennando alla patria piuttostochè alla sede vescovile di Ciriaco, dicesi di lui: Jerosolymis sancti Cyriaci episcopi, qui cum loca sancta visitaret sub Juliano Apostata caesus est (4). Ma, e non bastava invece questa semplice semplicissima indicazione del martirologio, per assicurarci, che Ciriaco era vescovo bensì, non per altro di Gerusalemme? S'egli soffrì il martirio sotto l'apostata Giuliano; ed è ciò indubitato, e ne convengono anche gli avversarii; come poteva esser egli vescovo di Gerusalemme mentre sulla sede gerosolimitana sedeva in quel tempo il rinomatissimo san Cirillo? E vi sedeva sino dall' anno 550, successore di Massimo, e vi sedette sino al 586. Questa sola unica osservazione atterra e distrugge, per quanto mi sembra, pienissimamente ed invincibilmente qualunque altro argomento si potesse addurre a sostegno del vescovato o patriarcato gerosolimitano di san Ciriaco: ed è perciò, che ogni altra contraddizione oltrepasso per amore di brevità, e rimetto chi desiderasse saperne di più alle dotte osservazioni dell' arciprete Peruzzi, nelle pagine da me indicate di sopra. Noterò soltanto la ridicolezza del bollandista Papebrokio, il quale, non potendo resistere all' evidenza di un tal fatto, anticipò di due secoli il vescovato di san Ciriaco, pur di sostenerlo vescovo di Gerusalemme; mentre le parole stesse del martirologio ci fanno palesemente sapere, che il gerosolimitano Cirillo era un vescovo, il quale, mentre dalla sua diocesi erasi trasferito colà, per visitare i santi luoghi, colà sostenne il martirio. Sulla quale sciocchezza del Papebrockio, in onta del calcolo del vescovato di san Cirillo dal 550 al 586, così la discorre il Peruzzi: «Argomento di tanta evidenza, che disperatone il Papebrockio, ed incapatosi a pur volerlo vescovo di Gerusalemme, immaginò di trasportarlo a' tempi di Adriano, e farlo morire nel secondo secolo nella rivoluzione di Barcocheba!! Fantasticheria indegna di quel dottissimo! dal Tillemont dichiarata priva d'ogni fondamento, contraddetta da più auto⚫revoli martirologii, ed invincibilmente confutata dal Baroni. »

1

Or si venga a dire brevemente ciò che di certo e d'incontrastabile ha

(1) Martyrol. Rom., 1v non. Maii.

dimostrato il Peruzzi circa questo Ciriaco, e che io tengo per indubitato sull' appoggio dei ragionamenti di lui, tratti dagli anconitani documenti di bassirilievi antichissimi, di monete, ed altro, non che da testimonianze di gravissimi autori, che n' esaminarono nelle viscere la questione. Egli, dopo di avere ribattute di passo in passo e, per così dire, di sillaba in sillaba tutte le opposizioni degli avversarii, e di avere dimostrato colle autorità, coi ragionamenti, coi fatti la realtà del vescovato di san Ciriaco in Ancona, raggruppa le sparse fila del suo lavoro e conchiude, il vescovo s. Ciriaco, principale protettore di questa diocesi e di questa città, essere stato da prima ebreo, col nome di Giuda; essere stato « quel medesimo, che all'imperatrice » Elena indicò il luogo, dove interrata era la salutifera Croce del Reden» tore (1), ed alla vista dei miracoli avvenuti al dissotterramento di quella » convertitosi, abbracciò il cristianesimo; » essersi recato poscia da Gerusalemme ad Ancona attrattovi dalla devozione verso santo Stefano, il » cui santuario celebratissimo era per tutto il mondo cristiano; » aversi meritato per lo suo fervore e per le sue virtù la stima e l'ammirazione degli anconitani, sino ad esservi ammesso nel clero ed innalzato in seguito alla dignità di loro padre e pastore; essersi recato a visitare per divozione i santi luoghi di Palestina, allora appunto, che l' apostata Giuliano delirava per lo ristauro dell' antico tempio di Gerusalemme; ivi finalmente aver finito col martirio i suoi giorni, nell' anno 563, accusato dagli antichi suoi correligionarii per lo zelo, con cui predicava i trionfi della fede cristiana.

Ne tacer devo, che il corpo prezioso e tuttora intatto di questo suo vescovo ricuperò, circa un mezzo secolo dopo, la chiesa anconitana per la pietà e generosità dell' imperatrice Galla Placidia; e che portato in Ancona fu deposto nella cattedrale di santo Stefano, d' onde in seguito fu trasferito alla seconda cattedrale, ove sino al giorno d'oggi riposa. Ma di ciò alla sua volta. Qui noterò soltanto uno dei tanti sbagli del Papebrockio, il quale afferma: « ecclesiam sancti Stephani fuisse a Galla Placidia erectam, et

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ejus de quo agitur, sancti Cyriaci corpore locupletatam, constans habet populi anconilani traditio. » No: la chiesa di santo Stefano non fu eretta da Gaila Placidia; ce ne assicura la testimonianza di sant' Agostino, portata da me poche pagine addietro, il quale nel tempo suo; e sant' Agostino,

(1) Si consulti, a tale proposito, altresì lo Speciali Gerolamo, nelle sue Notizie isto

riche de santi protettori della città di Ancona, Venezia, 1759, pag. 4 e seg.

come ognun sa, fiori contemporaneo (1) a quell' imperatrice; nominava antica la memoria, ossia il santuario di santo Stefano. Galla Placidia avrà dunque ristaurato, o forse ingrandito quel tempio, che già da quattro e più secoli esisteva.

Appartiene a questo tempo la venuta in Ancona del pio eremita Liberio, su cui tante assurdità e tanti anacronismi introdusse il Papebrockio, sino a posticiparne di otto secoli l'esistenza. Nè delle sue assurdità mi voglio occupare; assai diligentemente le pose in luce e le confutò l'eruditissimo Peruzzi (2). Qui dirò soltanto le cose storiche e positive, rimettendo il desideroso di saperne di più agli scritti di quel valente spositore delle patrie memorie. Premetterò soltanto, a confutazione del Papebrockio, che sino dal sesto secolo si hanno monumenti del culto prestato a san Liberio in Ancona. Era questo Liberio oriundo dalla schiatta dei re di Armenia; figlio, per quanto portano le anconitane tradizioni, di un re: e se ciò è vero non potrebb' essere, che della schiatta degli arsacidi, e probabilmente figlio di Vramsapore (5): venuto in questa città circa l'anno 420. Nelle contigue montagne menò vita eremitica per più anni; si rese chiaro per santità e per miracoli; terminò in pace i suoi giorni ed ebbe sepoltura nella chiesa suburbicaria di san Silvestro, che poscia, quando il vescovo san Trasone trovò il di lui corpo, circa un secolo dipoi, fu cangiata al titolo del suo nome; finalmente, dopo la strage dei saraceni, fu da questa chiesa trasferito entro le mura della città e depositato nella nuova cattedrale di san Lorenzo.

Un largo vuoto di novantanove anni ci lasciarono qui nella storia anconitana le vicende oscure di quell' età, tra il martirio del santo vescovo Ciriaco e l' unica notizia, rimastaci del primo vescovo, che gli si conosca succeduto nel pastorale ministero: MARCO, io voglio dire, che nel 462 trovavasi al concilio lateranese del papa Ilaro. In questa età, e non saprei con sicurezza indicare quanto più oltre continuasse, aveva la chiesa anconitana il suo rito particolare nell' amministrazione dei sacramenti, e in ispecialità del battesimo. Non già soltanto perchè si amministrasse per immersione, come praticavasi in questi secoli in tutto il resto della chiesa occidentale, e come sino al giorno d'oggi continuasi a praticare nell'orientale;

(1) Nacque nel 355, mori nel 430.
(2) Luog. cit., dalla pag. 23 alla 33.

(3) Ved. la mia opera sull' Armenia, vol. 11, cap. x, art. 111.

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