Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[ocr errors]

ma perchè le ceremonie e le preci differivano da quelle del rituale romano, e in molte cose si avvicinavano al tuttora esistente rito ambrosiano. Di una tale diversità di rito fa prova il rituale, stampato in Venezia nel 1542 col doppio titolo: Cathecuminum juxta ritum sanctae Romanae Ecclesiae = Cathecuminum secundum usum anconitanum. Indarno io feci ogni possibile indagine per trovare un esemplare di questo antico sacramentario, di cui neppure in Ancona si conserva più traccia. Fu il dotto Compagnoni vescovo di Ozimo, che ce ne tramandò la memoria in una postilla, scritta di propria sua mano in un esemplare della Relazione di Corsini sullo scoprimento de' sacri corpi de' ss. Ciriaco, Marcellino e Liberio: nè avendo potuto avere quel rituale, per cui dare un'idea dei riti usati nella chiesa anconitana a que' tempi, mi contenterò di trascrivere la postilla del diligente storico, quale nelle note alla Dissertazione del Peruzzi sulla chiesa di Ancona ce la trasmisero i due eruditi canonici Luigi Pauri e Sebastiano Petrelli (1). Essa è così: « Avvi un piccol libretto stampato in Venezia per » Jo: Antonium et Petrum fratres de Nicolinis de Sabio, expensis vero D. » (sic) Marcum Salvionum Anno Domini 1542; in 8., col seguente titolo » Cathecuminum juxta ritum Sanctae Romanae Ecclesiae - Cathecuminum » secundum usum anconitanum ; e quivi dopo tre sole carte ad facien» dum Baptismum secundum Curiam Romanam, segue dalla 4 alla 16 secun» dum morem Anconitanum. Ordo ad Cathecumenum faciendum, dove nel » fine si hanno Letanie ad Fontes; ed in queste dopo l'invocazione di san » Stefano e di san Lorenzo, si ha Sancte Quiriace, sancte Peregrine fra i » martiri. Poscia tra i confessori Sancte Marcelline, sancte Liberi. Final» mente tra le Vergini, Sancta Palacia. In una delle rubriche si dice, che il » battesimo si amministri sub trina mersione (lo che si era detto ancor » prima secondo il rito Romano) colle seguenti parole - Deinde baptizet » sacerdos infantem sub trina immersione, Sanctam Trinitatem semel invo» cans, et dicens — Et ego etc. in nomine Patris; et mergat semel. Et Filii ; » et mergat iterum etc. Di più, secondo l' ordine di Roma, dopo introdotto » l'infante nella chiesa, segue la rubrica Et ponant infantem in pavi» mento; et dicto Credo et Pater noster, tunc tangat aures et nares ejus » cum sputo etc. Nel principio dell' Ordine Anconitano si comincia ad in» terrogare - Quod est nomen ejus: e rispondendosi Joannes vel Maria, tunc

(1) Nella pag. 88 della part. 1.

[ocr errors]

Sacerdos dicat, Joannes vel Maria quod vis fieri? R. Christianus tribus vicibus. Tunc sacerdos ponat manus super caput ejus et dicat: In no, mine D. N. J. induaris et ab hodierna die Joannes christianus voceris. › Tunc exsufflet in faciem ejus etc. E le altre seguenti cose concordano ‣ quasi tutte coll' odierno Romano, tranne qualche minuzia, ver. gr. Ponet

Capam super caput ejus dicens ⚫ segue poi

[ocr errors]

Accipe capam vestem candidam etc. Modus purificationis mulieris post partum. Dipoi, Benedictio Sponsalium. Indi, Ordo ad communicandum Infirmum. Poi Ordo ad ungendum Infirmum. Dipoi, Ordo commendationis animae, dove nelle litanie, dopo s. Lorenzo s'invoca s. Daniele, dopo s. Silvestro, s. Massimo, e dopo s. Lucia, s. Giustina. Finalmente si termina il libretto colla › benedizione delle uova, delle carni e dell'agnello di Pasqua. È ancora da notarsi, che nella benedizione degli sposi si dice, che il sacerdote — » Finito Evangelio debet facere confessionem, -et facta confessione debet accipere buccellatum et dividere: et dare sibi partem: et aliam debet tenere pro se, et benedicere panem similiter etc. » Fin qui il vescovo Compagnoni. Si prosegua ora la storia.

Ne mi fermerò qui a notare lo sconvolgimento e le omissioni, che nella serie dei vescovi anconitani si trovano nell' Ughelli, nel Lucenti, nel Maroni e persino negli stessi scrittori di Ancona: troppo a lungo mi dovrei trattenere, se volessi ad uno ad uno confutarne gli errori: sopra di ogni altro dev'essere preferito il Peruzzi, la cui diligenza ed erudizione in questa partita sono superiori a qualunque encomio. Egli pertanto, dopo il vescovo Marco sunnominato, inserisce un anonimo, ricordato dal decreto di Graziano nel 492; il quale per altro potrebb' essere stato il medesimo Marco, nulla trovandosi d'inconveniente o di assurdo nel riputarlo possessore di questa sede trent'anni dopo la notizia, prima ed unica, che di lui si aveva nel 462. Tuttavolta egli così la pensa e dice: « Non avendo noi fondamento di ragione a credere, che tuttora sedesse sulla cattedra anconitana quel Marco, del quale abbiamo parlato or ora, dobbiamo credere, che altri gli fosse succeduto. Ne ignoriamo però il nome e le geste. E anch' io, non avendo fondamento di ragione da oppore alla opinione di lui, ammetto di buon grado cotesto vescovo anonimo, tanto più, che per esso avvicinasi meglio il tempo del successore SAN TRASONE, nolissimo nella immemorabile e sempre costante tradizione della chiesa anconitana, per lo ritrovamento del corpo di san Liberio, nell' anno 500,

[ocr errors]

indicatogli per celeste rivelazione. E lo trovò colà appunto, dove aveva condotto penitente la vita e dove aveva chiuso in pace i suoi giorni; appresso a s. Silvestro, che allora cangiò il nome e fu intitolato a s. Liberio: tutto questo ho notato altra volta, nè qui fa d'uopo ulteriormente parlarne. Piuttosto mi fermerò a parlare alcun poco del vescovo successore di s. Trasone, vescovo illustre per la chiarezza del sangue e più assai per la santità della vita e per lo splendore de' miracoli operati e in vita e dopo la morte. Egli è SAN MARCELLINO, patrizio anconitano della famiglia Boccamaiori. Non saprei dire l'anno preciso della sua promozione al vescovato di questa sua palria: approssimativamente lo si può credere vissuto in sulla metà del secolo sesto. Di lui racconta il pontefice san Gregorio (4), ch' estinse un ferocissimo incendio, del quale ardeva la città, facendosi condurre su di una seggiola incontro al fuoco; perchè non vi poteva andare camminando impeditone dal male di gotta, che molestavalo; ed opponendo alle fiamme il libro degli evangelii, che teneva in mano: e le fiamme si ristettero e si smorzarono. Esiste anche oggidi questo prezioso evangeliario e si conserva nel tesoro delle preziose reliquie, di cui è ricca la cattedrale anconitana, ed è uno dei più ragguardevoli monumenti, che si conoscano, di ecclesiastica antichità. Sperimentò Ancona l'efficacia delle preghiere e dell'intercessione di questo suo santo vescovo, allorchè stretta dall' assedio di Totila, fu lo scoglio fatale, a cui ruppe, nè più risorse, la prepotenza dei goti (2). Ma nel mentre appunto, che la liberata città gioiva della sua vittoria; nel mentre, che rinforzata risorgeva dai sofferti mali, e per l'industria de' suoi cittadini rifioriva e nel commercio e nelle arti; un nuovo luttuoso disastro nell'anno 598 la ricondusse sull'orlo dell' estremo suo eccidio. Un orribile terremoto, circa le feste del Natale, la scosse dalle fondamenta e conquassò. « Dieci giorni e dieci notti, scrive il Peruzzi (5), a più riprese i violenti scotimenti si rinnovarono. Narrano, che la più parte degli edifizii ne furono danneggiati, alcuni atterrati del tutto, e non pochi cittadini sotto le rovine schiacciati e sepolti. . . . . Narrano ancora, » che allora dirupasse il fianco del Guasco, che assai più che non ora pro» tendevasi in mare (scomparvero allora del tutto, sino alle fondamenta i » resti del tempio di Venere ), ed altri dirupamenti avvenissero delle

D

(1) Nel lib. 1 de' Dialoghi, cap. vI. (2) Ved. il Peruzzi, Stor. di Ancona, lib. I, pag. 111 del tom. 1, = oppure nel

tom. x delle Opere complete, pag. 118

e seg.

(3) Luog. testè cit.

» minori eminenze del Cónero e d'un fianco del Cónero stesso, pel cui divallamento si formassero il maggiore ed il minore laghetti alle radici di quello. Narrano finalmente, che allora partecipasse e fosse ingoiata non poca parte dell' antichissima Numana, oggi Umana. »>

Viveva ancora in questa età il santo vescovo Marcellino; e viveva probabilmente anche nel 566 quando la peste flagellava, in un coll' Italia tutta, la sventurata città di Ancona; perchè, secondo l'opinione del Peruzzi, circa il 569 gli era dato successore un TOMMASO, cui l' Ughelli ed altri storici anconitani posero invece sette anni dopo. Di lui per altro non si sa nulla, tranne che nella santità e nei prodigi merita d'essere posto a pari col suo antecessore san Marcellino (4). Dopo il quale Tommaso entrò nel governo di questa chiesa un SEVERO, della cui integrità e santità di costumi sono illustre argomento le lettere, scrittegli dal pontefice san Gregorio: le darò poco appresso. Egli cominciò il suo pastorale governo circa l'anno 585. Errò il Muratori (2) scambiandolo con Severo metropolita scismatico di Aquileja; e il suo errore nacque dall' avere inconsideratamente creduto, che quel vescovo, il quale in una lettera, diretta a Giovanni arcivescovo di Ravenna, è nominato dal pontefice san Gregorio concrematae urbis Antistes, fosse questo di Ancona; e perciò sull' appoggio di questa lettera lo dipinse coi colori di ribelle e nemico alla santa Chiesa cattolica. Ecco le parole del Muratori: Quel Severo vescovo scismatico, la cui città era stata bru »ciata e per cui l' arcivescovo di Ravenna chiedeva delle limosine a san Gregorio, vien creduto vescovo di Aquileja dal cardinal Baronio e dal padre Mabillone (5). Io il tengo per Severo vescovo di Ancona, nominato altrove da san Gregorio, giacchè egli dice: Juxta quippe est civilas Fanum: il che non conviene nè a Grado, nè ad Aquileja. Nell' edizione ⚫ di san Gregorio falta dai padri benedettini, la lettera sedicesima del libro » nono è ad Serenum anconitanum episcopum. Si ha da leggere ad Severum, » apparendo ciò dalla susseguente lettera ottantesima nona. Dovea questo vescovo, addottrinato dalle disgrazie della sua città, avere abbandonato lo scisma e meritata la grazia di san Gregorio. » Ma con buona pace del Muratori, appunto perchè san Gregorio nominò altrove un Severo vescovo, alla cui sede juxta est civitas Farum, il Severo di Ancona non

[ocr errors]

(1) Ved. il Peruzzi, La chiesa anconitana, pag. 92.

Vol. VII.

(2) Annal. d'Ital. ann. 592.
(3) Anual. Bened. lib. viu, cap. 37.

dev'essere confuso col Severo concrematae urbis Antistes: e ne sono prova le lettere del medesimo santo pontefice, dirette all' anconitano pastore e prima e dopo, ch' egli di quell' altro Severo scrivesse all'arcivescovo di Ravenna.

Con una infatti; ch'è del 591, e ch'è quindi dell'anno precedente a quella, da cui derivò lo sbaglio del dotto annalista; il pontefice gli raccomanda la visita della diocesi di Rimini: questa l' ho portata nella mia narrazione di quella chiesa (4). Con una seconda lo esorta alla restituzione delle preziose suppellettili della chiesa di Fermo, le quali Fabio vescovo fermano, per porle in salvo dalla rapacità dei longobardi, aveva mandate in deposito al diacono di Ancona, che aveva nome similmente Severo, e che potrebb' essere il medesimo, di cui parlo, allora (cioè nel 580) diacono e poscia vescovo della chiesa anconitana; sebbene sia motivo di dubitarne quell' espressione della lettera diaconum tuum. Non direbbesi tuum, se foss' egli stesso il diacono diventato vescovo. La lettera pontificia e così (2): appartiene all' indizione seconda, ossia all' anno 598.

GREGORIVS SEVERO EPISCOPO ANCONITANO

« Vir reverendissimus Passivo frater et coëpiscopus noster adveniens » indicavit, argentum Ecclesiae suae a decessore suo Fabio apud Seve» rum (5) diaconum tuum pro temporis qualitate esse depositum. Cujus » parte aliqua restituta, partem apud eum asserit rejacere et restituere » eam quadam excusatione differre. Proinde his fraternitatem tuam horta» mur affatibus, ut eum admonere studeat, quatenus quae accepit sine con»tentione restituat. Aut si forte ab ejus restitutione aliqua se excusari >> ratione confidit, necesse est ut inter eum et actores Firmanae Ecclesiae, >> una cum Armenio fratre et coëpiscopo nostro, cognoscere debeatis et

(1) Vol. 11, pag. 376.

(2) Lib. x, lett. xvi, nel tom. 11 delle opere di san Greg., alla pag. 943. Ove mi è d'uopo notare, che qui manifestamente apparisce uno sbaglio degli editori benedettiui, intitolando questa lettera Gregorius Sereno, invece che Severo, episcopo anconitano. Lo sbaglio è notato anche nelle surriferite parole del Muratori: e viemmeglio

è notato dalla cronatassi de' vescovi anconitani, la quale non conosce il supposto Sereno, e dallo stesso confronto delle lettere di s. Gregorio dirette a questo medesimo vescovo. Lo confessano gli stessi editori, in annot. Prius legebatur Severo.

(3) Altri lessero Serenum; ma dai monumenti della chiesa di Fermo rilevasi, che il nome di questo diacono era Severo.

« ÖncekiDevam »