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tedrale di santo Stefano, ed ivi restò la cattedra vescovile per altri due buoni secoli, ed ivi appresso continuarono i vescovi ad avere l'abitazione; e lo si raccoglie palesemente da un diploma del vescovo Grimaldo, che visse in sulla metà dell' undecimo secolo, e che alla sua volta ricorderò.

I corpi, trasferiti dalla cattedrale di santo Stefano e collocati nel sotterraneo della chiesa di san Lorenzo, furono quelli di san Ciriaco, di san Liberio, di santa Palazia e di san Marcellino, dei quali in seguito avrò occasione di ricordare la solennissima ricognizione e la traslazione dalle antiche arche, in cui stavano, alle odierne magnifiche e decorose.

Ma proseguendo a dire dei vescovi di Ancona, devo notare uno sbaglio d'inavvertenza fuggito dalla penna del Peruzzi, circa il sunnominato Tigrino. « Pieno di meriti, dic' egli, sul finire dell' 865 o sul principiare » dell' 866 compiè egli la sua gloriosa carriera. » Doveva invece notarne la morte cinque o forse sei anni avanti, perchè nel dì 18 novembre 861 era di già al possesso della santa sede anconitana il succedutogli vescovo LEOPARDO; ed assisteva al concilio romano del papa Nicolò I contro l'arcivescovo di Ravenna; e vi si sottoscriveva cogli altri vescovi; ed il suo nome segnava così: Lepardus Ancona (4). Lo sbaglio suo derivò dal non avere avuto notizia degli atti del sunnominato concilio. Del resto, sostenne Leopardo onorevole legazione nella Bulgaria, inviatovi dal pontefice Adriano II, in compagnia di altri ragguardevoli soggetti: altro di lui non si sa, tranne che si pose in dubbio da spensierato scrittore, se Leopardo, dopo quella legazione, abbia fatto ritorno alla sua sede. Al che facendo attenzione il Peruzzi, così scriveva (2): « Che altro pertanto poteva rimanere al vesco» vo Leopardo se non che, renduto conto al pontefice di quanto ed egli e » i suoi colleghi avevano fedelmente adoperato, tornarsene alla sua sede?... » Lo che se avesse riflettuto il pio autore della più recente cronatassi dei » nostri vescovi, non avrebbe per certo scritto, non sapersi, s'egli più vi » facesse ritorno. Io non so vedere, come possa dubitarsene. »

Di ben più alto onore fu fregiato dall' apostolica Sede nell' 878 il veSCOVO PAOLO, che sulla cattedra anconitana era succeduto al defunto Leopardo. Egli era stato prescelto alla legazione solenne di Costantinopoli, insieme con Eugenio vescovo di Ostia, per la causa dello scismatico Fozio,

(1) Ne ho portato gli atti nel vol. 11, ove parlai della chiesa di Ravenna, ed è la sottoscrizione di questo vescovo, nella pag. 88.

(2) Chiesa anconitana, pag. 97 della part. 1.

intrusosi in quella chiesa patriarcale. Ma Paolo tradi vilmente le speranze del pontefice, che lo aveva mandato, e si macchiò colla sacrilega adesione al partito dello scismatico. Fu quindi deposto dalla sua sede e scomunieato: il fatto è notissimo nella storia ecclesiastica, perciò mi astengo dall'esporne le particolari circostanze. Alquanto di più mi devo invece fermare sul vescovo BOLONGERIO O BENOLERGIO, che nell' 887 gli era venuto dietro nell' apostolico ministero. L' Ughelli, il Saracini, lo Speciali ed altri scrittori l' hanno ammesso sull'appoggio del famoso diploma di Teodicio od Eodicio; non già Teodosio (1); vescovo di Fermo: il Compagnoni, il Catalani, il Vecchietti ed altri dicono, doverlosi escludere, perchè quel diploma è già dimostrato a tutta evidenza immaginario e supposto. E anche io l' bo mostrato tale bensì nella mia narrazione della chiesa fermana: non perciò io sono d'avviso, che s'abbiano a riputare immaginarii i vescovi colà nominati. Perchè, come notai e là e in altri luoghi, l' essere apocrifo il documento non prova che siano falsi anche i nomi dei vescovi sottoscritti; anzi per dargli credito era necessario, che colui, il quale lo immaginò, vi ponesse dei nomi veri e di persone realmente vissute in quel tempo. E poichè di quasi tutti i vescovi colà sottoscritti si può dimostrare per altri documenti l'esistenza sulle rispettive sedi ivi indicate; perchè vi si dovrà escludere l'anconitano Benolergio, comechè d'altra fonte non se n'abbia finora potuto avere notizia? Io, per me, lo ammetto; e lo ammetto perchè appunto lo trovo annoverato in una scrie di vescovi realmente esistiti, e recati a dare apparenza di verità ad un apocrifo documento.

Nulla poi ci trasmise la storia circa il vescovo ERFERMARIO, che nel 967 possedeva la santa cattedra anconitana: le guerre di Guido e di Berengario e le altre dure vicende, che desolavano in quei tempi l' Italia, sparsero una folta nebbia sulla storia di questa e di molte altre chiese, sicchè se ne ignorano, non che gli avvenimenti, i nomi persino dei vescovi che le governarono. Perciò da Benolergio sino ad Erfermario, nel lungo tratto di oltant' anni, non si ha veruna notizia di qualche sacro pastore; se pur in tutto questo spazio di tempo non trasse la chiesa anconitana i suoi giorni nel lutto di una continua vedovanza. TRASONE II ci si presenta possessore

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di questa santa cattedra, dopo Erfermario: se ne trova il nome in un placito tenuto in Ravenna l'anno 996, nel palazzo del re, fuori della porta di san Lorenzo. Circa il quale placito, sbagliarono il Muratori e il Maroni, dicendolo tenuto a Roma, anzichè a Ravenna; e lo Zaccheria, il Vecchietti e il Compagnoni ne dimostrarono con tutta chiarezza lo sbaglio. Pare, che questa non sia l'unica notizia, che si abbia di Trasone; benchè questa sola ci sia ricordata dal Peruzzi. Un diploma di Ottone II, cui altri dissero anche III, dato nel 985 a favore del monastero di santa Fiora, nella diocesi di Arezzo, ce ne mostra il nome; perciò si deve anticipare di tredici anni l'esistenza di lui sulla santa sede anconitana; e protrarla poscia non saprei dire sino a qual tempo. Certo, che dall' Ughelli non se ne può trarre alcun lume, perchè egli dall' aver nominato questo Trasone, percorre un vuoto di quasi due secoli e ci mostra il vescovo che reggeva la chiesa di Ancona nel 1479. Nel quale vuoto larghissimo nove altri vescovi, ch'egli ignorò e che ci legano assai bene la serie, devonsi collocare: otto li conobbe anche il Peruzzi, che mi è guida nel discorrerne, il nono non lo volle ammettere. Primo di questi vescovi, il quale successe immediatamente a Trasone, benchè non si sappia precisamente in qual anno, fu STEFANO, che viveva nel 1050 e che il Peruzzi per escludere ogni laguna tra esso e il suo predecessore Trasone lo conghiettura con qualche probabilità entrato al governo di questa chiesa nell'anno 1020. Sia pure: ma io, non volendomi discostare dal mio sistema di appigliarmi preferibilmente alle date certe, senza contraddire a quello scrittore dottissimo, ne segno l'esistenza nel 1050. Ci conservò il nome di questo Stefano il profondissimo erudito pontefice Benedetto XIV, in una sua lettera all' anconitano vescovo dei suoi giorni, Nicola Mancinforte, manifestandoglielo ricordato dal pontefice Giovanni XIX, in un breve col quale concedeva indulgenze spirituali a chi avesse cooperato con elemosine alla rifabbrica della chiesa magallonese. Molti vescovi italiani e francesi ivi sono commemorati: lo Stefano, di cui parlo, vi è qualificato episcopus anconensis, col barbaro latino di quella età (1): il breve è dato nel 1030, ed in quest'anno se ne può con tutta certezza segnare il nome. Di un altro vescovo di Ancona, GRIMALDO, O GRIMOALDO, Conservò memoria una pergamena del 4054, la quale contiene una donazione da lui fatta di alcuni fondi ai monaci benedettini di Pennocchiara.

(1) La lettera del Lambertini è nel tom. 11 del suo bollario, alla pag. 302.

Egli vi è sottoscritto Grimaldus gratia Dei sanctae anconitanae ecclesiae episcopus; e dopo di lui vedonsi sottoscritte le prime dignità del suo capitolo, ch'erano, come lo sono anche adesso, l'arcidiacono, l'arciprete e il primicerio. Ed eziandio su questo vescovo sono d'accordo col Peruzzi, che prima del detto anno 1051 veniss'egli al governo della chiesa anconitana; ma non ardisco fissarlo, senza verun sicuro fondamento, nel 1058. Siccome non ardisco fissare nel 1064 il vescovo GERARDO, che dopo Grimaldo enumerò nella sua serie il Peruzzi. La notizia, che si ha di questo anconitano pastore, appartiene all'anno 1069; ed è perciò che sotto un tal anno io lo segno. Egli è sottoscritto ad una bolla del pontefice Alessandro II, la quale esiste nel libro de' Privilegii del vescovato ferrarese, alla pag. 50, ed è stata promulgata nel concilio tenuto in Roma da quel pontefice, per dare scomunica all' intruso Samuele, che aveva usurpato il pastorale seggio di quella chiesa, e stabilirvi invece canonicamente Grazioso, conosciuto da taluno per Graziano. La qual bolla ho portato nella mia narrazione sulla chiesa di Ferrara (1), e l'ho mostrata appartenere all'anno 1069; checchè n'abbiano detto l' Ughelli, il Mansi e gli annalisti camaldolesi.

Di altri tre vescovi anconitani, successori del sunnominato Gerardo, ci dà notizia il Garampi, scrutatore diligentissimo delle ecclesiastiche antichità. Trovò egli nell' archivio capitolare della cattedrale di Ancona due bolle pontificie, una di Alessandro III e l'altra di Onorio III, colle quali, oltre al concedersi ai canonici « la metà delle oblazioni fatte ai corpi dei santi, che riposano nella loro chiesa,» venivano condonati loro «< i do» dici denari papiensi, che per provida considerazione avevano loro condonato Transberto, Marcellino e Bernardo, già vescovi anconitani, dalle ⚫ oblazioni della pasqua e del natale del Signore (2). » Sull'appoggio adunque delle due bolle sunnominate si conoscono questi tre; Transberto, cioè, e Marcellino immediatamente succeduti l'uno dopo l'altro a Gerardo; Bernardo succeduto ad un anonimo, che fu tra lui e Marcellino. Del tempo in cui vissero, e delle cose, che di loro si sanno, dirò brevemente.

Confesso ingenuamente, che di TRANSBERTO e di MARCELLINO non si ha

(1) Vol. iv, pag. 47.

(2) Dimidiam partem oblationum ad corpora sanctorum in vestra Ecclesia quiescentium oblatarum .... duodecim dinarios Papienses, quod de oblationi

bus Paschae et Natalis Domini vobis Transbertus, Marcellinus et Bernardus Anconitani quondam Episcopi consideratione provida remiserunt.

sicuro indizio sugli anni del loro vescovato; certo è per altro, che nel 1118 la sede anconitana era occupata dall' anonimo suindicato, del quale alla sua volta discorrerò. Resta dunque, che il vescovato di questi due s'abbia ad ammettere tra il 1069, ultimo indizio, che s' abbia del loro predecessore Gerardo, e il 1448, in cui s' ha notizia dell'esistenza di un loro successore. Perciò piacque allo Sbaraglia ed al Coleti (1) collocarlo sotto l'anno 1080; il Peruzzi invece lo posticipò di un decennio; ed è probabile egualmente l'opinione di questo e l'opinione di quello. Nego bensì ciò che afferma il Corsini, avvenuta sotto il vescovo Marcellino II la traslazione e la deposizione delle reliquie dell'antico vescovo san Marcellino I, a cui ha relazione l' epigrafe, che porterò qui sotto.

Pria per altro è d'uopo notare, che quando il vescovo Nicola Mancinforte, nell' anno 1755 a' 20 dicembre, visitò i corpi de' santi protettori, che riposano nelle tre urne magnifiche della confessione, ossia del sotterraneo, della cattedrale odierna, furono trovate in quella di san Ciriaco tre monete d'argento, e in quella di san Marcellino una iscrizione, scolpita su di un lastrone di marmo, che serviva, dirò così, di secondo coperchio all'urna medesima. Ma poichè, nell' estrarre questo lastrone, avvenne, che si guastassero alcune lettere, massime le appartenenti all' anno dell'antica deposizione delle sacre reliquie; ossia della loro traslazione dell'antica cattedrale di santo Stefano fuori delle mura; perciò l' iscrizione lasciò grave dubbio circa l'anno preciso, e ci si offre semplicemente così (2).

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S'ingegnò il Corsini, coll' ajuto delle monete suindicate, ch'erano nella cassa di san Ciriaco, a voler supplire alla mancanza delle lettere perdute nell' anno di questa lapida; ma poichè parti da un falso principio quanto alle monete, così sbagliò anche nel determinarcene l'anno. Nel diritto di tutte e tre si vede impresso il volto di san Marco, colla testa affatto ignuda e con piviale sugli omeri, e vi si legge all' intorno :

S. MARCVS VENECIA

(1) Mss. inediti della Marciana, cod. CLV della clas. IX.

(2) È tutta distesa in una sola riga.

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