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prendeva parte ad una controversia, che in quell' anno agitavasi tra un Guido generale dei camaldolesi ed un Martino vescovo di Arezzo. Lo Speciali (1) ci fa sapere, che nell' archivio della sua chiesa parrocchiale di san Marco esisteva a' suoi giorni una pergamena autentica, dalla quale appariva, questo vescovo avere consecrato quella chiesa, appartenente allora all' ordine de'crociferi, ed avere altresì determinato i confini tra essa e la contigua parrocchia di san Martino. Peccato, che lo Speciali non abbia notato l'anno di quella consecrazione! Tuttavolta ci fa noto, che in quella pergamena si leggeva tutto intiero il nome di Gerardo, mentre in tutti gli altri documenti, che ce lo ricordano, se ne trova il nome indicato colla sola iniziale G. Del resto, la memoria di lui ci è conservata sotto l'anno 1211 in una lettera del papa Innocenzo III circa una controversia insorta tra il vescovo d'Osimo ed i frati templari di san Filippo del PiaDo (2). Ed inoltre sotto l'anno 1218 abbiamo un documento, già pubblicato da più scrittori, ma che sfuggì d'occhio al dotto Peruzzi nè lo ricordò nella sua Chiesa Anconitana, dal quale apparisce, essere stato eletto il nostro Gerardo a giudicare una lite tra Riccardo vescovo di Fano ed Atanasio abate di san Paterniano (3). Ed in questo medesimo anno 1218 egli si recò a Fano, insieme con Trasmondo vescovo di Senigallia e con Rainaldo priore del monastero dell'Avellana, per quietare le discordie insorte in quella città tra il vescovo e il popolo. Le quali discordie non poterono eglino sedare; sicchè il papa Onorio III ne scomunicò i cittadini ed incarico della intimazione della censura lo stesso vescovo Gerardo di Ancona unitamente ai vescovi Trasmondo di Sinigaglia sunnominato e Monaldo di Fossombrone.

Un altro monumento, che ci ricorda l'esistenza di Gerardo II, lo abhiamo nella pietra, tuttora esistente, la quale attesta il ritrovamento dei corpi de' santi Pellegrino, Ercolano e Flaviano, nell' anno 1224, il giorno 2 maggio, e della quale ho parlato alcune pagine addietro (4).

Questo ritrovamento è il secondo, che avvenne, delle sante reliquie dei martiri sunnominati. Del primo ritrovamento di esse ho parlato alla sua

(1) Riflession, addizion, cap.xvII, p. 29. (2) Ved. il Baluzio, lib xiv, lett. xx. (3) Darò questo documento nella storia deila Chiesa di Fano, in questo medesimo

Vol. III.

volume. Ved. il Manni, Sigilli, tom. vm, pag. 80 e gli Annal. Camald. tom. iv, p. 87.

(4) Nella pag 16 e seg.

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volta (1). Di questo raccontano gli atti, presso i bollandisti, che quei venerabili corpi furono trovati da due sacerdoti Filippo ed Ugone e dai muratori, che lavoravano nel ristauro di quella chiesa minacciante rovina o rovinata ormai per l'antichità. Sappiamo dallo Speciali, che la fabbrica del cadente tempio s' era incominciata nel 1243; ma che, insorta non so quale controversia tra i due sunnominati sacerdoti e gli operai od amministratori della cattedrale, ne rimase interrotto il lavoro, sicchè non fu compiuto che nell' anno suindicato. Ed allora appunto avvenne, che per le molte grazie celesti concesse ai fedeli per la intercessione di quei santi martiri, la chiesa, in cui riposavano, dedicata ed intitolata sino allora al santissimo Salvatore, incominciò ad assumere il nome di san Pellegrino, cui sino al giorno d'oggi conserva.

Sollecito e premuroso com ́ era il vescovo Gerardo II delle cose della sua chiesa, determinò al numero di dodiei i canonici della cattedrale, compresovi il priore; della quale determinazione, da lui stabilita nel 1225, ottenne l'approvazione nell'anno stesso dal papa Onorio III e quattordici anni dipoi dal papa Gregorio IX, come dovrò dire in appresso. Altra notizia, che ci rimase di lui, è del 1227, quando gli veniva data commissione di scomunicare il senato di Fano, se non avesse restituito immediatamente i beni usurpati all' abazia di san Paterniano; sul quale proposito egli medesimo scrisse lettera a quel senato, intimandogli la scomunica papale, ove, cessato ogn' indugio, non avesse ubbidito.

L'ultima memoria, che ci sia pervenuta, la quale attesti l'esistenza di lui, è del 1228; benchè possa dirsi, ch'egli abbia vissuto alcuni altri anni dipoi. Leggesi infatti il suo nome su di una pietra, dissotterrata da presso alla chiesa di san Primiano; il cui tenore trascrivo, conservatoci dal Maroni:

ANN. DOMINI. M.CC. XXVIII. TEMPORE. DOMNI. GREGORII, PP. ET. DOMNI. FRIDERICI. ROM. IMPERATORIS. ET. VENERABILIS PATRIS GERARDI. ANCONIT. EPISC. FACTVM. EST. HOC. OPVS PER. MANVS. EGREGII. MARCELLINI. MAGISTRI. DE . VGOLINO

L'Ughelli ignorò affatto l'esistenza di questo Gerardo II e del suo successore PERSEVALLO, di cui vengo tosto a parlare; ed empi il lungo tratto

(1) Nella pag. 16 e seg.

di tempo tra Beroaldo, sotto il 4486, e il successore del detto Persevallo, inserendovi un frate Rufino Lupato padovano tra il 1222 e il 1245, il quale non può in veruna guisa aver luogo tra gli anconitani pastori.

Persevallo doveva ormai trovarsi al possesso della cattedra di questa chiesa nell' anno 1259; perchè la lettera del papa Gregorio IX, la quale conferma il numero de dodici canonici della cattedrale, stabilitovi, siccome dissi, dal pontefice Onorio III, parla di Gerardo già morto. Essa precisamente è del giorno 15 luglio del detto anno. Di Persevallo conservò memoria, in questo medesimo anno, una pergamena dell' archivio camaldolese di Fontebuona, il cui contenuto pubblicò il Mittarelli (4), ed è il seguente: Anno Domini MCCXXXIX die XIX septembris, Dominus Reuseval episcopus anconitanus promisit domno Guidoni, priori canaldudulensi, quod tempore vitae suae non molestabit nec molestari permittet ecclesiam sanctae Luciae anconitanae diocesis ordinis camaldulensis, » nec gravabit aut gravari permittet spiritualiter et temporaliter. » In questo documento il nome di Reuseval, invece di Perseval o Persevallus è certamente guasto o alterato; perchè un' altra carta del suo successore GIOVANNI III Boni, diretta al capitolo ed ai canonici della cattedrale, ai quali conferma tutti i privilegi e le giurisdizioni da quello concesse ai medesimi, lo nomina chiaramente e senza veruna ambiguità Persevallus. Ha questa carta la data de 27 febbraro 1245, e per essa il detto vescovo Giovanni III conferma tuttociò, cui a Venerabilis pater bonae memoriae Persevallus olim praedecessor meus capitulo Ecclesiae Anconitanae concesserat, sciliciter integraliter omnes oblationes quae dantur, seu offeruntur in Ecclesia Anconitana ratione vigiliarum seu annivesariorum, quae ⚫ fiunt pro defunctis, in denariis et in esculentis, et poculentis et in quibuscumque rebus et oblationibus collatis ratione praedictarum etc. » Ma non è questo il primo documento, che s' abbia, del pastorale governo di lui, sicchè se ne debba fissare il principio nell' indicato anno soltanto. Egli, canonico e cittadino anconitano, vi era stato eletto dal capitolo, e vi era stato confermato dal papa Innocenzo IV, nell'anno 1245, con apostoliche lettere del giorno 8 gennaro. Di saggie ed ottime discipline per lo bene della sua chiesa fu egli autore: tra le quali non deesi tacere quella, per cui ordinava, che nessuno potesse ottenere nella diocesi ecclesiastico

(1) Annal. Camaldul., tom. IV. pag. 87 e 346.

benefizio se non avesse compito l'anno XXV della sua età, e non si fosse dedicato almeno per tre anni allo studio. Del che ottenne approvazione pontificia, con lettera in data di Lione, 4 febbrajo 1246, la quale si conserva nell' archivio de' canonici. Da tre altre lettere dello stesso papa pubblicate dall' Ughelli (4), ci è fatto sapere, che in questo tempo la chiesa di Ancona era stata ridotta a lagrimevole strettezza ed a gravissima povertà dagli osimani, seguaci dell' imperatore Federigo; perciò Innocenzo IV esorta caldamente Giovanni a ricuperare e ristabilire i diritti della sua chiesa, e lo scioglie, a cagione dell' infelicità dei tempi, dall' obbligo della visita apostolica. Tutte e tre queste lettere hanno la data del maggio dell'anno IV di quel pontefice, ossia dell' anno 1247.

Questo vescovo « eresse una pia casa di tutte dame, che dapprima si » dissero le religiose di san Gabriele arcangelo e di san Bartolomeo, e » che in processo di tempo, abbracciato avendo la regola di sant' Agosti» no, nominate vennero canonichesse lateranensi, come s' addimandano » tuttora (2). » Non si sa quanti anni continuass' egli dipoi nel pastorale governo di questa chiesa: l' Ughelli lo disse nel 1256 Vicario generale di Ottaviano Ubaldini, cardinale diacono di santa Maria in via Lata, legato apostolico nel regno di Napoli.

Due vescovi, ciascuno dei quali aveva nome Pietro; e furono PIETRO I Capocci e PIETRO II Romanelli; vennero dietro successivamente, l'uno dopo l'altro, a Giovanni III; ma non vi fu storico che ne parlasse con esattezza. Chi li confuse in uno solo, a cagione della somiglianza del nome: chi ne omise uno; chi ne alternò l'esistenza. Infatti l'Ughelli fece menzione del solo Pietro Capocci; il Maroni, non ponendo mente alla diversità dei cognomi conobbe un solo vescovo Pietro; il Peruzzi collocò prima Pietro Romanello e poscia Pietro Capocci. Non parlo di altri, che in altra guisa sbagliarono: mi trattengo a dire del solo Peruzzi, il quale intese di correggere gli errori altrui, facendo succedere i due Pietri coll'ordino accennato. Egli cosi ne parla: « Questo Pietro di cognome Romanello, fu indicato, siccome successore del Boni, dallo Speciali; e fu dimenticato dall' autore dell' ultima cronatassi, stampata pel Palmili. Lo Speciali ricordollo dappresso l'autorità del Saracini e dell' Ughelli. E

(1) Ital sacr, tom. I.. de episcop. Anpag.

conit.,

335.

(2) Peruzzi, Della chiesa Anconit, vol. 1, pag.

106.

noi lo ricordiamo dappresso l'autorità dello Speciali, dal quale apprendiamo, che quale vescovo anconitano si vede nominato sotto il 1287 in ⚫ un breve di Onorio IV. Ma quell' anno fu l' ultimo appunto della sua vita e del suo episcopato, al quale da più anni è credibile che fosse stato • assunto. Sul volgere dello stesso anno gli fu surrogato questo, che noi diaciamo Pietro II. Lo stesso Speciali narra di lui, che per un breve direttogli dal sunnominato pontefice Onorio IV fu eletto alla rivendica»zione de' beni d'un monastero. La identità de' nomi e dell' anno, nel quale compaiono questi due Pietri, fu cagione, che il Maroni di due ne • facesse uno, non ponendo mente a' diversi cognomi, Romanelli del primo, Capocci del secondo. Ma il Capocci per breve tempo tenne la cat» tedra anconitana, traslato, dopo un anno, alla viterbese. » Così egli: alle cri osservazioni non posso acconsentire, perchè le trovo non del tutto esatte. Io invece, come ho notato testè, ammetto successore di Giovanni III Boni il vescovo Pietro I Capocci, e successore di questo il vescovo Pietro II Romanelli. Pietro Capocci dal vescovato di Ancona passò, è vero, al vescovato di Toscanella e Viterbo; ma non nel 1288, come afferma il Peruzzi. Nell' archivio della cattedrale Toscanellese esistono tre bolle del pontefice Onorio IV, le quali ci mostrano nel 1286 già vescovo di quella chiesa il Capocci (1), ed altri monumenti ecclesiastici di colà ce lo mostrano vissuto sino al 1505; sicchè il vescovo Pietro, di cui nel 1287 fanno menzione le bolle di Onorio IV, accennate dal Peruzzi, non potè essere che Pietro Romanelli; e per conseguenza il vescovato del Capocci sulla sede anconitana hassi ad anticipare dal 1286 all'indietro, e dal 1286 in seguito s'ha da ammettere esistente al governo di questa chiesa il Romanelli, il quale forse non vi durò che sino al 1289. Nel qual anno, e Don prima, tutti gli scrittori anconitani, checchè n'abbia detto inesattamente l'Ughelli, fissano il principio del vescovato di BERNARDO II. Di questo Bernardo non conobbero il cognome gli scrittori, che trattarono delle cose anconitane, neppure il diligentissimo Peruzzi. Ma poichè da questa sede egli fu trasferito, nel 1296, al vescovato di Rieti, le memorie di quella chiesa ce lo fanno conoscere e lucchese di patria e della famiglia de' dal Poggio. Forse perchè l'amministratore, che assunse il governo della chiesa anconitana, dopo la traslazione del vescovo Bernardo II, vi fu stabilito il

(1) Ved. ciò che ne dissi nella Chiesa di Toscanella e Viterbo, pag. 125 del vol. vi.

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