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CANZONE II.

Donna

onna pietosa, e di novella etate,
Adorna assai di gentilezze umane,
Era là v' io chiamava spesso morte:
Veggendo gli occhi miei pien di pietate,
Ed ascoltando le parole vane,

Si mosse con paura a pianger forte:
E l' altre donne, che si furo accorte
Di me per quella, che meco piangia,
Fecer lei partir via;

Ed appressarsi per farmi sentire.
Qual dice: non dormire;

E qual dice: perchè sì ti sconforte?
Allor lassai la nova fantasia,

Chiamando il nome della donna mia.
Era la voce mia si dolorosa,

E rotta si dall'angoscia, e dal pianto,
Ch'io solo intesi il nome nel mio core:
E con tutta la vista vergognosa,

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Ch' era nel viso mio giunta cotanto,
Mi fece verso lor volgere Amore:
Egli era tale a veder mio colore,
Che facea ragionar di morte altrui:
Deh confortiam costui,

Pregava l' una l'altra umilemente;
E dicevan sovente:

Che vedestu, che tu non hai valore?
E quando un poco confortato fui,
lo dissi: donne, dicerollo a vui.
Mentre io pensava la mia frale vita,

E vedea il suo durar come è leggero;
Piansemi Amor nel core, ove dimora:
Perchè l'anima mia fu sì smarrita,
Che sospirando dicea nel pensiero :
Ben converrà, che la mia donna mora.
Io presi tanto smarrimento allora,
Ch'io chiusi gli occhi vilmente gravati;
E furo sì smagati

Gli spirti miei, che ciascun giva errando:
E poscia immaginando

Di conoscenza, e di verità fuora,
Visi di donne m' apparver crucciati,
Che mi dicien pur: morrati, morrati.
Poi vidi cose dubitose molte

Nel vano immaginare, ov' io entrai:
E d'esser mi parea non so in qual loco;
E veder donne andar per via disciolte,

Qual lagrimando, e qual traendo guai
Che di tristizia saettavan foco.
Poi mi parve veder appoco appoco
Turbar lo sole, ed apparir la stella,
E pianger egli ed ella;

Cader gli augelli volando per l' a're;
E la terra tremare;

E uom m' apparve scolorito, e fioce,
Dicendomi: che fai? non sai novella?
Mort' è la donna tua, ch' era sì bella.
Levava gli occhi miei bagnati in pianti;

E vedea, che parean pioggia di manna
Gli Angeli, che tornavan suso in cielo;
Ed una nuvoletta avean davanti,
Dopo la qual gridavan tutti: Osanna;
E s'altro avesser detto, a voi direlo.
Allor diceva Amor: più non ti celo;
Vieni a veder nostra donna, che giace.
L'immaginar fallace

Mi condusse a veder madonna morta.
E quando l' avea scorta,

Vedea, che donne la covrian d' un velo;
Ed avea seco una umiltà verace,

Che parea, che dicesse: io son in pace. Io diveniva nel dolor si umile,

Veggendo in lei tanta umiltà formata,
Ch' io dicea Morte, assai dolce ti tegno;
Tu dei omai esser cosa gentile,

Poichè tu se' nella mia donna stata;

E dei aver pietate, e non disdegno :
Vedi, che si desideroso vegno

D'esser de' tuoi, ch' io ti somiglio in fede.
Vieni, che 'I cor ti chiede.

Poi mi partia, consumato ogni duolo:
E, quand' io era solo,

Dicea guardando verso l'alto regno:
Beato, anima bella, chi ti vede.

Voi mi chiamaste allor, vostra mercede.

SONETTO XII.

Io mi senti' svegliar dentro dal core

Un spirito amoroso, che dormia:
E poi vidi venir da lunge Amore
Allegro sì, che appena il conoscia;

Dicendo: or pensa pur di farmi onore;
E 'n ciascuna parola sua ridia :
E poco stando meco il mio Signore,
Guardando in quella parte, onde ei venia;

lo vidi monna Vanna, e monna Bice Venire in ver lo loco là v'io era, L'una appresso dell' altra meraviglia :

E, siccome la mente mi ridice,

Amor mi disse questa è primavera;
E quella ha nome Amor; sì mi somiglia.

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