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e di me, che mi dimandasse se amore alla mia loquela propia è in me, e io gli rispondessi di si appresso le su proposte ragioni. Ma tuttavia è a mostrare che non solamente amore, ma perfettissimo amore di quella è in me, e da biasimare ancora i suoi avversarii. Ciò mostrando, a chi bene intenderà dirò come a lei fui fatto amico, e poi come l'amistà è confermata. Dico che (siccome veder si può che scrive Tullio in quello d'Amicizia, non discordando dalla sentenzia del Filosofo aperta nell'ottavo e nel nono dell'Etica) naturalmente la prossimitade e la bontà sono cagioni di amore generative; il beneficio, lo studio e la consuetudine sono cagioni d'amore accrescitive. E tutte queste cagioni vi sono state a generare e a confortare l'amore ch'io porto al mio Volgare, siccome brievemente io mostro. Tanto è la cosa più prossima, quanto di tutte le cose del suo genere altrui è più unita; onde di tutti gli uomini il figliuolo è più prossimo al padre, e di tutte le arti la medicina è più prossima al medico, e la musica al musico, perocchè a loro sono più unite che l'altre; di tutta la terra è più prossima quella dove l'uomo tiene sè medesimo, perocchè è ad esso più unita. E così lo propio Volgare è più prossimo in quanto è più unito, che uno e solo è prima nella mente che alcuno altro, e che non solamente per se è unito ma per accidente, in quanto è congiunto colle più prossime persone siccome colli parenti e propii cittadini e colla propia gente. E questo è lo Volgare propio, lo quale è non prossimo, ma massimamente prossimo a ciascuno; per che se la prossimitade è seme d'amistà, come è detto di sopra, manifesto è ch'ella è delle cagioni stata dell'amore ch'io porto alla mia loquela, ch'è a me prossima più che l'altre. La sopraddetta cagione, cioè d'essere più unito quello che è solo prima in tutta la mente, mosse la consuetudine della gente che fanno li primogeniti

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succedere solamente, siccome più propinqui; e, perchè più propinqui, più amati. Ancora la bontà fece me a lei amico, E qui è da sapere che ogni bontà propia in alcuna cosa è amabile in quella; siccome nella maschiezza essere bene barbuto, e nella femminezza essere bene pulita di barba in tutta la faccia; siccome nel bracco bene odorare, e siccome nel veltro bene correre. E quanto ella è più propia, tanto ancora è più amabile; onde, avvegnachè ciascuna virtù sia amabile nell'uomo, quella è più amabile in esso, ch'è prù umana, e questa è la giustizia, la quale è solamente nella parte razionale ovvero intellettuale, cioè nella volontà. Questa è tanto amabile che, siccome dice il Filosofo nel quinto dell' Etica, i suoi nimici l'amano, siccome sono ladroni e rubatori; e però vedemo che 'l suo contrario, cioè la ingiustizia, massimamente è odiata; sì come tradimento, ingratitudine e falsità, furto, rapina, inganno, e loro simili; li quali sono tanto inumani peccati, che, ad iscusare sè dell'infamia di quelli, si concede da lunga usanza che uomo parli di sè siccome detto è di possa dire sè essere fedele e leale. Di questa virtù innanzi dirò più pienamente nel quattordecimo Trattato; e qui lasciando, torno al proposito. Provato è adunque la bontà della cosa più propia. È da vedere quella che più in essa è amata e commendata, e qual è essa. E noi vedemo che in ciascuna cosa di sermone lo bene manifestare del concetto è più amato e commendato: dunque è questa la prima sua bontà. E conciossiacosachè questa sia nel nostro Volgare, siccome manifestato è di sopra in altro Capitolo, manifesto è ched ella è la cagione stata dell'amore ch'io porto ad esso; poichè, siccome detto è, la bontà è cagione d'amore generativa.

sopra, e

GAPITOLO XII.

Detto come nella propia loquela sono quelle due cose per le quali io sono fatto amico a lei, cioè prossimitade a me e bontà propia, dirò come per beneficio e concordia di studio, e per benivolenza di lunga consuetudine, l'amistà è confermata e fatta grande. Dico prima ch'io per me ho da lei ricevuto dono di grandissimi beneficii. E però è da sapere che intra tutti i beneficii è maggiore quello che è più prezioso a chi lo riceve: e nulla cosa è tanto preziosa, quanto quella per la quale tutte l'altre si vogliono; e tutte l'altre cose si vogliono per la perfezione di colui che vuole. Onde, conciossiacosachè due perfezioni abbia l'uomo, una prima e una seconda (la prima lo fa essere, la seconda lo fa essere buono), se la propia loquela m'è stata cagione dell' una e dell'altra, grandissimo beneficio ho da lei ricevuto. E ch'ella sia stat a a me d'esse per me non stesse, brievemente si può mostrare. Non è secondo a una cosa, essere più cagioni efficienti, avvegnachè una sia massima dell' altre, onde il fuoco e 'I martello sono cagioni efficienti del coltello, avvegnachè massimamente è il fabbro? Questo mio Volgare fù congiugnitore delli miei generanti, che con esso parlavano, siccome il fuoco è disponitore del ferro al fabbro che fa il coltello; per che manifesto è lui essere concorso alla mia generazione, e così essere alcuna cagione del mio essere. Ancora questo mio Volgare fu introducitore di me nella via di scienza, ch'è ultima perfezione, in quanto con esso io entrai nello Latino, e con esso mi fu mostrato; il quale Latino poi mi fu via a più innanzi andare; e così è palese e per me conosciuto esso essere stato a me grandissimo benefattore. Anch'è stato meco d'uno medesimo studio,

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appare,

e

e ciò posso così mostrare. Ciascuna cosa studia naturalinente alla sua conservazione; onde se 'l Volgare per sè studiare potesse, studierebbe a quella; e quella sarebbe acconciare sè a più stabilità; e più stabilità non potrebbe avere, che legar sè con numero e con rime. E questo medesimo studio è stato mio, siccome tanto è palese, che non domanda testimonianza; per che uno medesimo studio è stato il suo e 'l mio; perchè di questa concordia l'amistà è confermata e accresciuta. Anche ci è stata la benivolenza della consuetudine; chè dal principio della mia vita ho avuta con esso benivolenza e conversazione, usato quello deliberando, interpretando e quistionando; per che, se l'amistà s'accresce per la consuetudine, siccome sensibilmente manifesto è che essa è in me massimamente cresciuta, chè sono con esso Volgare tutto mio tempo usato. E così si vede essere a questa amistà concorse tutte le cagioni generative e accrescitive dell'amistà; per che si conchiude che non solamente amore, ma perfettissimo amore sia quello ch'io in lui debbo avere, ed ho. Così rivolgendo gli occhi addietro, e raccogliendo le ragioni prenotate, puotesi vedere questo pane, col quale si deono mangiare le infrascritte Canzoni, essere sufficientemente purgato dalle macole, e dall'essere di biado; per che tempo è d'intendere a ministrare le vivande. Questo sarà quello pane orzato, del quale si satolleranno migliaia, e a me ne soverchieranno le sporte piene. Questo sarà luce nuova, sole nuovo, il quale surgerà ove l'usato tramonterà, e darà luce a coloro che sono in tenebre e in oscurità per lo usato sole che a loro non luce.

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TRATTATO SECONDO

Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete,

Udite il ragionar ch'è nel mio core,
Ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo;
Il ciel, che segue lo vostro valore,
Gentili creature che voi sete,

Mi tragge nello stato ov'io mi trovo;
Onde 'l parlar della vita, ch'io provo,
Par che si drizzi degnamente a vui:
Però vi priego che lo m'intendiate.
Io vi dirò del cor la novitate,
Come l'anima trista piange in lui;
E come un spirto contra lei favella,
Che vien pe' raggi della vostra stella,
Suolea esser vita dello cor dolente

Un soave pensier, che se ne gia
Molte fiate a' piè del vostro Sire;
Ove una donna gloriar vedia,
Di cui parlava a me si dolcemente,
Che l'anima dicea: i' men vo' gire.
Or apparisce chi lo fa fuggire;

E siguroreggia me di tal vertute,
Che 'l cor ne trema si che fuori appare.
Questi mi face una donna guardare;
E dice: chi veder vuol la salute

Faccia che gli occhi d'esta donna miri,
S'egli non teme angoscia di sospiri.

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