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cata dal Doni (Prose antiche di Dante ec.), esortandolo a volger l'armi contro Firenze, e da essa ancora raccogliesi che Dante era stato personalmente ad inchinarsi ad Arrigo. E questi infatti era contro dei Fiorentini fortemente sdegnato; ma i poco felici successi ch'egli ebbe in Italia, e poi la morte che lo sorprese nel 1313, non gli permisero di eseguire i suoi disegni ; e l'unico frutto che Dante n'ebbe, fu il perdere ogni speranza di rimetter piede in Firenze. Il sig. Pelli differisce (§. 13.) al 1315 la confermazione della sentenza di esilio contro di lui pronunciata; ma l'ab. Mehus accenna una carta (Vita Ambr. Camald. p. 182.) del 1311, in cui si dichiara che Dante era irremissibilmente escluso dalla sua patria. E allora è probabile ch'ei se ne andasse a Parigi, non già ambasciadore de' Fiorentini, come dice il Filelfo, ma per desiderio di passare utilmente il tempo, e di semprepiù istruirsi in quella università. Questo viaggio di Dante rammentasi da Giovanni Villani, come già abbiam detto, da Benvenuto da Imola (l. c. p. 1164), da Filippo Villani (Ap. Mehus. l. c. pag. 167) e dal Boccac-. cio (Vita di Dante et Geneal. Deor. l. 14 c. 11.), il quale aggiugne che in quel luminoso teatro ei sostenne publicamente una disputa su varie

quistioni teologiche. Un'altra disputa filosofica ei tenne nel 1320 in Verona, se pur non è un'impostura un libretto stampato in Venezia nel 1508, di cui parlano Apostolo Zeno (Lettere t. 2. p. 304) e il Pelli ( §. 14. 18), e che ha questo titolo: Quæstio florulenta ac perutilis de duobus Elementis Aquæ et Terræ tractans, nuper reperta, quæ olim Mantuæ auspicata, Veronæ vero disputata et decisa, ac manu propria scripta a Dante Florentino Poeta Clarissimo, quæ diligenter et accurate correcta fuit per Rev. Magistrum Joan. Benedictum Moncettum de Castilione Aretino Regentem Patavinum Ordinis Eremitarum Divi Augustini Sacræque Theologiæ Doctorem excellentissimum. L'ultima stanza di Dante fu la città di Ravenna, a cui egli recossi sul finir de' suoi giorni, invitato da Guido Novello da Polenta coltivatore insieme e splendido protettore de' buoni studi, come dice il Boccaccio. Fra le prose di Dante, publicate dal Doni, avvi una lunga lettera da lui scritta al suddetto Guido, da cui egli era stato inviato l'anno 1313 a Venezia ambasciadore al nuovo doge, nella qual lettera, di Venezia e de' Veneziani ei parla con insofferibil disprezzo. Ma che una tal lettera e in conseguenza anche una tale ambasciata che ad essa sola si appoggia, sia una impostura del

Doni, era già stato avvertito dal canon. Biscioni nel ristampare ch'ei fece le medesime Prose, e si è lungamente provato dal Doge Foscarini (Letterat. venez. p. 319 ec.), e più fortemente ancora dal p. degli Agostini (Scritt. venez. t. 1. pref. p. 17 ec.) il quale inoltre confuta a lungo le accuse che l'autor della lettera dà a' Veneziani. Più verisimile è un'altra ambasciata di Dante ai medesimi, che si narra da Giannozzo Manetti nella Vita ch'egli ne scrisse, dicendo che essendo in guerra i Veneziani con Guido, questi il mandò ad essi ambasciadore per ottenere la расе; che Dante avendo perciò più volte richiesta pubblica udienza, questa per l'odio, di che i Veneziani ardevano contro di Guido, gli fu sempre negata; di che egli dolente e afflitto tornossene a Ravenna, e in poco tempo vi morì l'anno 1321. In somigliante maniera raccontano il fatto anche Filippo Villani e Domenico di Bandino d'Arezzo (Ap. Mehus l. c. p. 167. 170), e si accenna ancora da Giovanni Villani, il quale così narra la morte di Dante: « Nel detto anno 1321 del mese di Settembre il «dì di Santa Croce morì il grande e valente "poeta Dante Alighieri di Firenze nella Città di << Ravenna in Romagna essendo tornato d'am<< basceria da Vinegia in servigio de' Signori da

<< Polenta, con cui dimorava. » ( l. 9. c. 133). Queste parole del Villani ci danno l'epoca certa della morte di Dante, confermata con altre pruove dal sig. Pelli (Nuova Racc. d' Opusc. t. 17), il quale poscia ragiona dell' onorevol sepolcro che Guido da Polenta volea innalzargli, ma che, non avendolo egli potuto per la morte, da cui non molto dopo fu preso, gli fu poscia eretto l'anno 1483 da Bernardo Bembo pretor di Ravenna per la Repubblica di Venezia, e restaurato nel 1692 dal card. Domenico Maria Corsi legato di Romagna; intorno al qual monumento degna è d'essere letta una erudita dissertazione del conte Ippolito Gamba Ghiselli contro un supposto m. Lovillet, il quale avea preteso di togliere a Ravenna la gloria di posseder le ceneri del Poeta. Il Pelli reca ancora le diverse iscrizioni onde esso ne fu onorato; e narra le istanze più volte fatte dai Fiorentini, ma sempre inutilmente, per riaverne le ceneri; il disegno da essi formato, ma che non ebbe effetto, di ergergli un maestoso deposito; e l'onore che gli fu in Firenze renduto, con coronarne solennemente l'imagine nel tempio di s. Giovanni, come narra in una sua lettera il Ficino, il qual racconto però da altri si prende in senso allegorico; e finalmente ragiona (§. 16) delle

medaglie in onor di esso battute, e delle statue a lui innalzate. Il Boccaccio ce lo descrive come uomo ne' suoi costumi sommamente composto, cortese e civile. Al contrario Giovanni Villani ce ne fa un carattere alquanto diverso, e io recherò qui il passo in cui ne ragiona, perchè parmi il più acconcio a darcene una giusta idea (l. 9, c. 134). « Questi fu grande letterato quasi <«< in ogni scienza, tutto fosse laico; fu sommo « Poeta et Philosofo et Rettorico, perfetto tanto « in dittare, et versificare, come in aringhiera parlare, nobilissimo dicitore, et in rima som« mo con più pulito et bello stile, che mai fosse << in nostra lingua infino al suo tempo et più « innanzi. Fece in sua giovanezza el libro della « Vita nuova di amore, et poi quando fu in esilio « fece da 20 Canzoni morali et d'amore molto

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eccellenti, et infra l'altre fece tre Pistole, « l' una mandò al reggimento di Firenze, do

gliendosi del suo esilio senza colpa; l'altra « mandò all'Imperadore Arrigo, quando era allo «assedio di Brescia, riprendendolo della sua << stanza, quasi profetizando; la terza a' Cardi« nali Italiani, quando era la vacatione dopo la « morte di Papa Clemente, acciò che s'accordassero a eleggere Papa Italiano; tutte in la«tino con alto dittato et con eccellenti senten

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