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SONETTO XVIII.

IL DOLOROSO ANNOVALE.

Era venuta nella mente mia
Quella donna gentil, cui piange Amore,
Entro quel punto che lo suo valore
Vi trasse a riguardar quel ch'io facia'.

Amor, che nella mente la sentia,
S'era svegliato nel distrutto core,
E diceva a' sospiri : andate fore;
Perchè ciascun dolente sen partia.

Piangendo uscivan fuori del mio petto,
Con una voce che sovente mena

Le lagrime dogliose agli occhi tristi.

Ma quegli che n'uscian con maggior pena, Venien dicendo: O nobile intelletto,

Oggi fa l'anno che nel ciel salisti.

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SONETTO XIX.

LO SGUARDO PIETOSO 1.

Videro gli occhi miei quanta pietate
Era apparita in la vostra figura,
Quando guardaste gli atti e la statura,
Ch' io faccio pel dolor molte fiate.

Allor m' accorsi, che voi
pensavate
La qualità della mia vita oscura;
Sicchè mi giunse nello cor paura
Di dimostrar cogli occhi mia viltate.

E tolsimi dinanzi a voi, sentendo
Che si movean le lacrime dal core,
Ch'era sommosso dalla vostra vista.

Io dicea poscia nell'anima trista : Ben è con quella donna quello Amore, Lo qual mi face andar così piangendo.

1 Ad una donna gentile che da una fenestra guardava il Poeta, mentr' egli non credendosi veduto da alcuno, s'immergeva nella sua tristezza.

SONETTO XX.

Alla medesima donna gentile 1.

Color d' Amore, e di pietà sembianti
Non preser mai così mirabilmente
Viso di donna, per veder sovente
Occhi gentili, e dolorosi pianti ;

Come lo vostro, qualora davanti
Vedetevi la mia labbia dolente;
Sicchè per voi mi vien cosa alla mente,
Ch'i' temo forte, non lo cor si schianti.

Io non posso tener gli occhi distrutti,
Che non riguardin voi spesse fiate,
Pel desiderio di pianger, ch' egli hanno.

E voi crescete sì lor volontate,
Che della voglia si consuman tutti;
Ma lacrimar dinanzi a voi non sanno.

1 Avvenne poi che là dovunque questa donna mi vedea, si facea d'una vista così pietosa e d'un color pallido, quasi come d'Amore; onde molte volte mi ricordava della mia nobilissima donna che di simile colore si mostrava. (DANT. V. N.)

SONETTO XXI.

Nello stesso argomento 1.

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L'amaro lacrimar.che voi faceste,
Occhi miei, così lunga stagione,
Facean maravigliar l'altre persone
Della pietate, come voi vedeste.

Ora mi par, che voi l'obliereste,
S'io fossi dal mio lato sì fellone,
Ch'i' non ven disturbassi ogni cagione,
Membrandovi colei, cui voi piangeste.

La vostra vanità mi fa pensare,
E spaventami sì, ch'i' temo forte
Del viso d' una donna che vi mira.

Voi non dovreste mai, se non per morte
La nostra donna, ch' è morta, obliare.
Così dice il mio core; e poi sospira.

1 lo venni a tanto per la vista di questa donna, che gli occhi miei si cominciarono a dilettare troppo di vederla; onde molte volte me ne crucciava nel mio cuore. (DANT. V. N.)

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SONETTO XXII.

Battaglia di pensieri pel nuovo amore.

Gentil pensiero, che parla di vui,
Sen vien a dimorar meco sovente;
E ragiona d'Amor sì dolcemente,
Che face consentir lo core in lui.

L'Anima dice al cor: chi è costui,
Che viene a consolar la nostra mente?
Ed è la sua virtù tanto possente,
Ch'altro pensier non lascia star con nui?

Ei le risponde: o anima pensosa,
Questi è uno spiritel nuovo d'Amore,
Che reca innanzi me li suoi disiri :

E la sua vita, e tutto il suo valore, Mosse dagli occhi di quella pietosa, Che si turbava de' nostri martiri1.

1 Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima comincio a dire a questa donna, come 'l mio desiderio si volge tutto verso lei. Nella seconda dico, come l'Anima, cioè la ragione, dice al cioè all'appetito. Nella terza dico, com' egli risponde. (DANT. V. N.)

cuore,

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