Ne mandan messi al cor pien di disiri, In lei discende la virtù divina, Di costei si può dire: Gentil è in donna, ciocchè 'n lei si truova : E bello è tanto quanto lei simiglia. 'Non dico qual uomo, perocchè più onestamente per le donne si prende sperienza, che per l'uomo. (DANT. CONV.) 2 Essendo ella eccellentissima cosa, l' intelligenza dimostra e la bontà del Creatore, e così ajuta la nostra fede. Essendo ella una cosa visibilmente miracolosa (spiega l' Autore) ci fa veder possibili gli altri miracoli, che della Fede sono il principal fondamento. Cose appariscon nello suo aspetto, Gl'innati vizi1 che fanno altrui vile. Canzone, e' par, che tu parli contraro 1 Certi vizi sono nell' uomo, alli quali naturalmente egli è disposto; siccome alcuni per complessione collerica sono ad ira disposti : e questi cotali vizi io chiamo innati, cioè connaturali. (DANT. CONV.) 2 Cioè Iddio; per dare a intendere che per divino proponimento la natura cotale effetto produsse. (DANT. CONV.) 3 Si scusa d'una Ballatetta, che avea composta prima, e nella quale si lamentava di lei (ved. pag. 107). Che questa donna, che tant' umil fai, Tu sai, che 'l ciel sempr' è lucente e chiaro, pur Che l' anima temea, E teme ancora sì, che mi par fero, E quando poi a lei ti rappresente, 1 Come la nube fa parer a' nostri occhi che il sole si oscuri, benchè rimanga in se lucidissimo; così la passione all' amante fa parer fero e disdegnoso il sembiante onesto. CANZONE VIII. CONTRA GLI ERRANTI. Differisce il cantar d'Amore, e ricerca qual sia la vera nobiltà degli uomini. Le dolci rime d'Amor, ch'i' solia Cercar ne' miei pensieri, Convien ch i' lasci, non perch' i' non speri Ad esse ritornare; Ma perchè gli atti disdegnosi e feri, Che nella donna mia Sono appariti, m' han chiuso la via Dell' usato parlare: E poichè tempo mi par ď aspettare, Diporrò giù lo mio soave stile, Ch'i' ho tenuto nel trattar d'Amore, Per lo qual veramente uomo è gentile, aspra e sottile', 1 Dico aspra, quanto al suono del dettato, che a tanta materia non conviene essere leno; e dico sottile, quanto alla sentenzia delle parole, che sottilmente argomentando e disputando procedono. (DANT. CONV.) Riprovando il giudicio falso e vile' E cominciando, chiamo quel signore 3 Tale imperò, che gentilezza volse, Secondo 'l suo parere, Che fosse antica possession d' avere, E altri fu di più lieve sapere, E l'ultima particola ne tolse; Che non l' avea fors' elli. 1 1 Falso, cioè rimosso dalla verità, e vile, cioè da viltà d'animo affermato e fortificato. (DANT. CONV.) 2 Per questa sua donna intende la Filosofia, che è premio a se stessa. Quel signore è il vero. « Chiamo, dice Dante, la ve« rità che sia meco, la quale è quel signore, che negli occhi « cioè nelle dimostrazioni della Filosofia dimora: e ben è si« gnore; che a lei disposata l'anima, è donna; altrimenti è « serva, fuori d'ogni libertà. " 3 Tale imperò ec. Federigo di Soave, Imperador de' Romani, domandato che fosse nobiltà, rispose, ch'era antica ricchezza, e belli costumi. E altri fu di più lieve sapere, che altri pensando e rivolgendo questa diffinizione in ogni parte, levò via l'ultima particola, cioè i belli costumi (perchè forse non li aveva), e la definì semplicemente: possessione d'antica ricchezza. Di dietro da costui ec. : E questa opinione è quasi di tutti. |