SONETTO PRIMO.
Guido, vorrei: che tu e Lapo ed io
Fossimo presi per incantamento,
E messi in un vascel, ch' ad ogni vento Per mare andasse a voler vostro e mio, Sicchè fortuna od altro tempo rio Non ci potesse dare impedimento, Anzi, vivendo sempre in un talento, Di stare insieme crescesse il disio. E Monna Vanna, e Monna Lagía poi, Con quella, ch'è sul numero del trenta, Con noi ponesse il buono incantatore; E quivi ragionar sempre d'amore,
E ciascuna di lor fosse contenta, Siccome io credo che sariamo noi.
SONETTO SECONDO.
Se 'l bello aspetto non mi fosse tolto
Di quella donna, ch' io veder disiro, Per cui dolente qui piango e sospiro, Così lontan dal suo leggiadro volto: Ciò che mi grava e che mi pesa molto E che mi fa sentir crudel martiro In guisa tal, che appena in vita spiro, Com' uomo quasi di speranza sciolto,
Mi saria leve e senz' alcuno affanno.
Ma perch' io non la veggio, com' io soglio, Amor m' affligge, ond' io prendo cordoglio, E si d'ogni conforto mi dispoglio,
Che tutte cose, ch'altrui piacer danno, Mi son moleste e 'l contrario mi fanno,
uido, ich wünschte: dich, Lapo und mich Ergriff ein Zaubrer und versezt geschwinde Uns in ein Schifflein, das bei jedem Winde Das Meer durchführ, wie ihr es wollt und ich, Wo weder Sturm noch andre Ungunst sich Erkühnte, daß es uns die Flügel binde, Auch daß ein jeder Lebenslust empfinde Und keinen jemals Trennungswunsch beschlich. Daß Monna Vanna, Monna Lagia dann Und die, der Nummer Dreißig ist beschieden, Der gute Zaubrer auch uns herverschriebe; Und daß wir sprächen immer nur von Liebe, Und ihrer jede wäre so zufrieden,
Wie wir uns, glaub ich, selbst erfreuten dran.
Zweites Sonett.
Jermißte ich den schönen Anblick nicht
Von jener Frau, die ich zu sehn verlange, Um die ich seufzend traure, weinend bange, So fern von ihrem lieben Angesicht: Das, was mich niederbeugt und schwer bedrückt, Und mich so grausam martert, daß ich bebe, Und wenn auch atme noch, schon kaum mehr lebe, Gleich einem, dem die Hoffnung ganz entrückt, Wär dann mir leicht und ich nicht grambedeckt. Doch weil ich sie noch muß wie früher missen, So beugt mich Amor unter Kümmernissen, Und nirgend ist ein Trost für mich zu wissen, Daß alles, was den andern Freude weckt, Mir ekelt und das Gegenteil bezweckt.
Dantes poetische Werke. IV.
oi, donne, che pietoso atto mostrate,
Chi è esta donna, che giace sì venta? Saria mai quella ch'è nel mio cor penta? Deh! s'ella è dessa, più non mel celate! Ben ha le sue sembianze sì cambiate, E la figura sua mi par sì spenta, Ch' al mio parere ella non rappresenta Quella che fa parer l' altre beate. «Se nostra donna conoscer non puoi, Ch'è sì conquisa, non mi par gran fatto, Perocchè quel medesmo avvenne a noi. Ma, se tu mirerai al gentil atto
Degli occhi suoi, conosceraila poi: Non pianger più, tu sei già tutto sfatto!»
SONETTO QUARTO.
Onde venite voi così pensose?
Ditemel, s'a voi piace, in cortesia! Ch'i' ho dottanza che la donna mia Non vi faccia tornar così dogliose. Deh! gentil donne, non siate sdegnose, Nè di ristare alquanto in questa via, E dire al doloroso, che disia Udir della sua donna, alcune cose, Avvegnachè gravoso m'è l'udire:
Si m'ha in tutto Amor da se scacciato, Ch'ogni suo atto mi trae a finire. Guardate bene, s'io son consumato, Ch'ogni mio spirto comincia a fuggire, Se da voi, donne, non son confortato.
Drittes Sonett.
hr Frauen, deren Wesen Mitleid zeigt,
Wär fie es, deren Bild ich trag im Herzen? Ach wenn sies ist, nicht länger mirs verschweigt! Traun, ihre Haltung macht sie so unkenntlich,
Und ihr Gesicht scheint mir so gramgebleicht, Daß, wie mir scheint, sie nicht mehr jener gleicht, Die andre fraun beseligte unendlich. Wenn fremd dir unsrer Herrin Züge waren, Die so besiegt ward, ists kein Wunder eben, Da wir das Gleiche an uns selbst erfahren. Doch wird sie, willst du acht des Adels geben In ihren Augen, sich dir offenbaren: Nicht weine mehr, fast schon ist hin dein Leben!"
on wannen kommt ihr so gedankenschwer ? Sagt mirs, ich bitte, wollt so freundlich sein! Weil ich besorgen muß, die Herrin mein
Hab Schuld, daß ihr so traurig kommt daher. Ach! edle Fraun, laßt mich nicht Groll gewahren, Bleibt stehn auf diesem Weg noch etwas mehr Und sagts dem Ärmsten, der sich sehnt so sehr, Von seiner Dame etwas zu erfahren, Obgleich mir jede Wahrheit bitter schmeckt, Seitdem so ganz sich Amor von mir kehrte, Daß all sein Tun mein Ende nur bezweckt. Bemerket wohl, wie ich mich schon verzehrte,
Denn jeder Lebensgeist will fliehn erschreckt, Falls, Fraun, nicht euer Mund mir Trost bescherte.
SONETTO QUINTO.
donne io vidi una gentile schiera Quest' Ognissanti prossimo passato, Ed una ne venia quasi primiera, Seco menando Amor dal destro lato. Dagli occhi suoi gettava una lumiera,
La qual pareva un spirito infiammato: Ed i' ebbi tanto ardir, che in la sua cera Guardando, vidi un angiol figurato.
A chi era degno poi dava salute
Con gli occhi suoi quella benigna e piana, Empiendo il core a ciascun di virtute.
Credo che in ciel nascesse esta soprana, E venne in terra per nostra salute: Dunque beata chi l'è prossimana!
dolci rime, che parlando andate Della donna gentil che l'altre onora, A voi verrà, se non è giunto ancora, Un, che direte: «Questi è nostro frate.> Io vi scongiuro, che non lo ascoltiate, Per quel Signor che le donne innamora, Chè nella sua sentenza non dimora Cosa che amica sia di veritate.
E se voi foste per le sue parole
Mosse a venire inver la donna vostra, Non vi arrestate, ma venite a lei!
Dite: «Madonna, la venuta nostra È per raccomandare un che si duole,
Dicendo: Ov'è il desio degli occhi miei?»
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