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SONETTO TRENTESIMOTTAVO.

pien d'affanni, mondo cieco e vile,
O Fortuna, volubile e fallace,
Nimica di felici, e d'ogni pace,
Ch' al vento sei di fermezza simile.
Forte, nè ricco, savio, nè gentile

Può contrastare al tuo moto rapace.
Tal esaltasti già, che in terra giace,
Tal signor festi, che ora è servo e vile.
Chi ben riguarda quel che già facesti
Alla Tebana prole, e al re Priamo,
Ed altri assai che di sedia sponesti,
Conoscerà lo tuo effetto gramo,

Pien di tormenti e di sospiri mesti,
Stabile come la foglia nel ramo;

E chi sperando in te sua vita induce,
Perde Colui che d'ogni specchio è luce.

SONETTO TRENTESIMONONO.

O

Madre di virtute, Luce eterna,
Che partoriste quel frutto benegno,
Che l'aspra morte sostenne sul legno,
Per scampar noi dall' oscura caverna.

Tu del ciel Donna e del mondo Superna,
Deh, prega dunque il tuo Figliuol ben degno,
Che mi conduca al seo celeste regno,
Per quel valor che sempre ci governa!

Tu sai che in te fu sempre la mia spene,
Tu sai che in te fu sempre il mio diporto:
Or mi soccorri, o infinito bene;

Achtunddreißigstes Sonett.

Welt voll Trübsal, die so blind und häßlich,
Fortuna, die dein Rad du launisch_rollest,
Das Glück befeindest und dem Frieden grollest,
Du bist an Treue gleich dem Wind verläßlich.
Nicht Mut noch Reichtum, Weisheit, Adelsrecht
Kann deinem Räuberdrange widerstehen.
Den du erhöht hast, läßt du untergehen
Und machst, wer erst Gebieter war, zum Knecht.
Wer nachdenkt, was du Thebens Völkern schon,
Dem König Priamus getan und allen,
Die du gestürzt von ihrem sichern Chron,

Der fürchtet auch, durch dich in Gram zu fallen,
Da du nur Qual und Seufzer giebst zum Lohn
Und standhaft bist wie Laub im Windeswallen.
Ja, wer mit dir sein Lebensglück besiegelt,
Verliert Ihn, drin die Welt sich glänzend spiegelt.

Neununddreißigstes Sonett.

Mutter aller Tugend, ewige Leuchte,
Die uns die benedeite Frucht geboren,
Die sich am Kreuz den bittern Tod erkoren,
Die uns der Hölle Nacht auf ewig scheuchte.

Du Himmelsherrin, Königin auf Erden,

Gieb, daß dein Sohn, durch dein Gebet beschworen, Mich führt zu seines Himmelreiches Toren, Kraft jener Macht, die Trost uns in Beschwerden! Du weißt, du warst mein ewiger Hoffnungsschimmer, Du weißt, du warst mein ewiger Freudenbronnen: Jest hilf mir, o mein Heil, das endlos immer;

Or mi soccorri, ch' io son giunto al porto,
Il qual passar per forza mi conviene:
Deh, non m'abbandonar, sommo conforto!
Chè se mai feci al mondo alcun delito,
L'alma ne piange, e 'l cor ne vien contrito!

EPIGRAMMI.

I.

Versi composti da Dante Alighieri per indurre un signore a privar di sua casa una certa persona, che sotto il manto della onestà cor. troppa dimestichezza conversava con la moglie.

hi nella pelle d'un monton fasciasse

Chi

Un lupo e fra le pecore mettesse,

Dimmi: cre' tu, perchè monton paresse,

Ch' egli però le pecore salvasse ?

2.

Sottoscritta d'una pittura rappresentante il paradiso sopr' all' anticc seggio del Doge.

Amor che mosse già l'eterno Padre

L'A

Per figlia aver di sua Deità trina

Costei che fu del suo Figlio poi madre,

Dell' universo qui la fa Regina.

3.

Ad un uomo da nulla, che paragonava Dante per la sua piccola statura alla più piccola e sparuta lettera dell' alfabeto, ch'è la nona cioè la i.

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tu, che sprezzi la nona figura

E sei da men della sua antecedente,
Va e raddoppia la sua susseguente,
Per altro non ti ha fatto la natura!

Jetzt hilf mir, wo der Hafen bald gewonnen,

Den ich erreichen muß als rüstiger Schwimmer: Ach bleib, mein höchster Trost, mir holdgesonnen. Mocht jemals Schuld auf Erden mich umschlingen, Weint drob die Seele, und mein Herz will springen!

Epigramme.

1.

Verse Dante Alighieris, die einen Freund veranlassen sollen, daß er jemand sein Haus verbiete, der unter dem Mantel der Ehrbarkeit auf einem allzu vertrauten Fuße mit des Hausherrn Gattin stand.

er da mit eines Schafes fell bedeckte

Wer Den Wolf und ihn der Herde dann vereint,

Sag mir: glaubst du, weil er ein Lamm jetzt scheint,
Daß seine Gier die Herde nicht mehr schreckte ?

2.

Unterschrift auf einem das Paradies darstellenden Gemälde über dem alten Chronsitz des Dogen.

iebe trieb einst den Herrn auf ewigem Throne,

Liebe

Als Tochter der Dreieinigkeit soll gelten

Sie, die er dann zur Mutter schuf dem Sohne,

Hier macht sie sie zur Königin der Welten.

3.

An einen, der Dante wegen seiner kleinen Gestalt mit dem kleinsten und unbedeutendsten Buchstaben des Alphabets verglichen hatte, nämlich mit dem i.

D

du, der so des neunten Zeichens lacht

Und minder gilt als das, was ihm voransteht,
Geh und verdopple das, was hintendran steht,
Zu anderm hat Natur dich nicht gemacht!

SONETTO PRIMO DELLA VITA NUOVA.

A

(Domanda.)

ciascun' alma presa e gentil core,

Nel cui cospetto viene il dir presente,
A ciò che mi riscrivan suo parvente,
Salute in lor signor, cioè Amore!
Già eran quasi ch' atterzate l'ore

Del tempo che ogni stella n'è lucente,
Quando m'apparve Amor subitamente,
Cui essenza membrar mi dà orrore.
Allegro mi sembrava Amor, tenendo

Mio core in mano, e nelle braccia avea
Madonna, involta in un drappo, dormendo.
Poi la svegliava, e d'esto core ardendo
Lei paventosa umilmente pascea:
Appresso gir ne lo vedea piangendo.

MESSER CINO DA PISTOJA A DANTE ALIGHIERI. (Per risposta.)

Naturalmente chere ogni amadore

Di suo cor la sua donna far saccente,

E questo per la vision presente
Intese dimostrare a te Amore.

In ciò che dello tuo ardente core
Pasceva la tua donna umilemente,
Che lungamente stata era dormente
Involta in drappo, d'ogni pena fuore.
Allegro si mostrò Amor, venendo

A te, per darti ciò che 'l cor chieda,
Insieme due coraggi comprendendo.

E l'amoroso pena conoscendo,

Che nella donna conceputo avea,
Per pietà di lei pianse dipartendo.

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