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non ardia di levare gli occhi, nè di rispondere al suo saluto; e di questo molti, siccome esperti, mi potrebbero testimoniare a chi nol credesse. Ella coronata e vestita d' umiltà s' andava, nulla gloria mostrando di ciò ch' ella vedeva ed udiva. Dicevano molti, poichè passata era: «Questa non è femmina, anzi è uno de' bellissimi Angeli del cielo.» Ed altri dicevano: «Questa è una maraviglia; che bene letto sia lo Signore che sì mirabilmente sa operare!» Io dico ch'ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti i piaceri, che quelli che la miravano comprendevano in loro una dolcezza onesta e soave tanto, che ridire nol sapevano; nè alcuno era lo quale potesse mirar lei, che nel principio non gli convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei procedeano mirabilmente e virtuosamente. Ond' io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stile della sua loda, proposi di dire parole nelle quali dessi ad intendere delle sue mirabili ed eccellenti operazioni, acciocchè non pure coloro che la poteano sensibilmente vedere, ma gli altri sapessero di lei quello che per le parole ne posso fare intendere. Allora dissi questo sonetto:

Tanto gentile e tanto onesta pare
La donna mia, quand' ella altrui saluta,
Ch'ogni lingua divien tremando muta,
E gli occhi non l'ardiscon di guardare.

Ella sen va, sentendosi laudare,
Benignamente d'umiltà vestuta;
E par che sia una cosa venuta
Di cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi si piacente a chi la mira,

Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
Che intender non la può chi non la prova.

E par che della sua labbia si muova
Un spirto soave e pien d'amore,
Che va dicendo all' anima: «Sospira.>

bescheiden, daß er nicht wagte, die Augen aufzuschlagen noch ihren Gruß zu erwidern; und dies könnten mir viele, die es selbst erfahren, bei denen bezeugen, die es nicht glauben mögen. Gekrönt und gekleidet mit Demut ging fie einher, keine Hoffart zeigte sie über das, was sie sah und hörte. Es sagten viele, wenn sie vorbeigegangen war: „Dies ist kein Weib, sondern einer der schönsten Engel des Himmels." Und andere sagten: „Dies ist ein Wunder; gelobt sei der Herr, der so Wunderbares zu wirken weiß!" Ich sage, sie zeigte sich so lieblich und aller Anmut voll, daß jene, die sie anschauten, innerlich eine so sittsame und süße Beseligung empfanden, daß sie es nicht zu schildern wußten; auch gab es niemand, der sie hätte erblicken können, ohne sogleich seufzen zu müssen. Dies und noch Wunderbareres ging von ihr aus, wunderbarlich und tugendlich. Als ich deshalb darüber nachsann und zu ihren Lobpreisungen wieder den Griffel ansetzen wollte, beschloß ich, Worte zu schreiben, die ihre wunderbaren und herrlichen Wirkungen erklären sollten, damit nicht nur die, die sie mit Augen sehen konnten, nein, damit auch andere von ihr wüßten, was sich in Worten davon erklären läßt. Darauf dichtete ich dieses Sonett:

So lieblich scheint und sittsam im Gebaren
Die Herrin mein, wenn sie sich grüßend neigt,
Daß jede Zunge zittern muß und schweigt,
Und sich kein Blick erkühnt, sie zu gewahren.

Hingeht fie, mag fie Lob auch viel erfahren,
Die sich im Demutkleid bescheiden zeigt,
Und scheint ein Wesen, das zur Erde steigt
Vom Himmel, Wunder hier zu offenbaren.

Sie zeigt dem, der sie sieht, solch lieb Gesicht,
Daß sie durchs Aug ins Herz gießt süße Labe,
Die nicht begreifen kann, wers nicht erlebt.

Auch scheint es, daß von ihren Lippen schwebt
Ein sanfter Hauch, erfüllt von Umors Gabe,
Der immerfort zur Seele „Seufze“ spricht.

Questo sonetto è sì piano ad intendere, per quello che narrato è dinanzi, che non ha bisogno d' alcuna divisione, e però lassando lui e dico che questa mia donna venne in tanta grazia, che non solamente era ella onorata e laudata, ma per lei erano onorate e laudate molte. Ond' io veggendo ciò e volendolo manifestare a chi ciò non vedea, proposi anche di dire parole, nelle quali ciò fosse significato. E dissi questo sonetto, lo quale narra di lei come la sua virtù adoperava nelle altre, si come appare ne la sua divisione.

Vede perfettamente ogni salute

Chi la mia donna tra le donne vede:
Quelle che van con lei, sono tenute
Di bella grazia a Dio render mercede.

E sua beltate è di tanta virtute,
Che nulla invidia all' altre ne procede,
Anzi le face andar seco vestute
Di gentilezza, d' amore e di fede.

La vista sua face ogni cosa umile,
E non fa sola sè parer piacente,
Ma ciascuna per lei riceve onore.

Ed è negli atti suoi tanto gentile,
Che nessun la si può recare a mente,

Che non sospiri in dolcezza d'amore.

Questo sonetto ha tre parti. Nella prima dico tra che gente questa donna più mirabile parea; nella seconda dico come era graziosa la sua compagnia; nella terza dico di quelle cose ch' ella virtuosamente operava in altrui. La seconda comincia quivi: «Quelle che van..., la terza quivi: E sua beltate... Quest' ultima parte si divide in tre: nella prima dico quello che operava nelle donne, cioè per loro medesime; nella seconda dico quello che operava in loro per altrui; nella terza dico come non solamente nelle donne operava, ma in

Dieses Sonett ist durch das vorher Erzählte so leicht zu verstehen, daß es keiner Einteilung bedarf, und darum lasse ich es stehen und sage, daß diese meine Herrin in so große Gunst kam, daß nicht nur sie geehrt und gepriesen ward, sondern ihrethalb viele Frauen geehrt und gepriesen wurden. Weil ich dies sah und es jedem, der es nicht sah, kundtun wollte, beschloß ich, noch ein Gedicht zu verfassen, darin dies zum Ausdruck gebracht würde. Und ich dichtete dieses Sonett, das von ihr erzählt, wie ihre Tugend auf die andern Frauen einwirkte, wie das hervorgeht aus seiner Einteilung.

Es schaut vollkommen alle Seligkeit,
Wer meine Herrin darf bei Frauen sehen:
Es müssen, die ihr dienen zum Geleit,
Gott danken, läßt er solche Gunft geschehen.

Und ihre Schönheit ist so kraftgeweiht,
Daß ihr drob Neiderinnen nie entstehen,
Nein, sie bewirkt, daß jene auch im Kleid
Der Liebe, Huld und Treue mit ihr gehen.

Jhr Blick zwingt jeden zu bescheidner Haltung,
Und nicht nur sie nimmt dadurch Liebreiz an,
Nein, jede frau läßt Ehre fie empfangen.

So hold ist sie in ihres Cuns Entfaltung,
Daß keiner ihrer sich erinnern kann,
Der nicht erseufzt in süßem Liebesbangen.

Dieses Sonett hat drei Teile. Im ersten sage ich, unter welchen Leuten diese Herrin am wunderbarsten erschien, im zweiten sage ich, wie beglückend ihre Gesellschaft war, im dritten spreche ich davon, wie fie wundertätig bei andern wirkte. Der zweite beginnt bei: „Es müssen...“, der dritte bei: „Und ihre Schönheit...“ Dieser letzte Teil zerfällt in drei: im ersten sage ich, was sie in den Frauen bewirkte, d. h. in Bezug auf diese selbst, im zweiten sage ich, was fie in ihnen in Bezug auf andere bewirkte, im dritten sage ich, wie sie nicht nur bei den

tutte le persone, e non solamente nella sua presenza, ma, ricordandosi di lei, mirabilmente operava. La seconda comincia quivi: «La vista.....», la terza quivi: «Ed è negli atti...»

Appresso ciò, cominciai a pensare un giorno sopra quello

che detto avea della mia donna, cioè in questi due sonetti precedenti; e veggendo nel mio pensiero ch'io non avea detto di quello che al presente tempo adoperava in me, parvemi difettivamente aver parlato. E però proposi di dire parole, nelle quali io dicessi come mi parea esser disposto alla sua operazione, e come operava in me la sua virtude. E non credendo ciò poter narrare in brevità di sonetto, cominciai allora una canzone, la quale comincia:

Sì lungamente m' ha tenuto Amore,

E costumato alla sua signoria,
Che sì com' egli m' era forte in pria,
Così mi sta soave ora nel core.
Però quando mi toglie sì'l valore,
Che gli spiriti par che fuggan via,
Allor sente la frale anima mia
Tanta dolcezza, che 'l viso ne smuore.
Poi prende Amore in me tanta virtute,
Che fa li miei sospiri gir parlando;
Ed escon fuor chiamando

La donna mia, per darmi più salute.
Questo m' avvien ovunque ella mi vede,

E si è cosa umil, che nol si crede.

UOMODO SEDET SOLA CIVITAS PLENA POPULO!

QUOM

FACTA EST QUASI VIDUA DOMINA GENTIUM!

Io era nel proponimento ancora di questa canzone, e compiuta n' avea questa sovrascritta stanza, quando lo Signore della giustizia chiamò questa gentilissima a gloriare sotto l'insegna di quella Reina benedetta Maria, lo cui

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