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SONETT O.

Dal pellegrin, che torna al suo soggiorno
E con lo stanco piè posa ogni cura,
Ridir si fanno i fidi amiei intorno,
De l'aspre vie la più lontana e dura.

Dal mio cor, che a se stesso or fa ritorno,
Così domando anch' io la ria ventura,
In cui fallaci il raggiraro un giorno,
Ne la men saggia età, speme, e paura.
In vece di risposta, egli sospira,
E stassi ripensando al suo periglio,
Qual chi campo da l'onda, e a l'onda mira.

Pur col pensier del sostenuto esiglio
Ristringo il freno a l'appetito e a l'ira;
Che 'l pro de' mali è migliorar consiglio.

FRANCESCO DE LEMENE

Lodigiano, tra gli Arcadi Arezio Gateabico. Visse in patria, e diede alla luce tra le altre cose un volume di Rime varie, ed un al tro intitolato il Dio, opera teologica divisa in Sonetti, Inni, e Canzoni. Mori l anno 1704. Di lui ancora scrisse la vita Ludovico Mu ratori.

SONETT O.

Stravaganze d'un sogno! A me parea
La mia Donna a lo'nferno, e seco anch' io,
Ove Giustizia ambi condotti avea

Per gastigare il suo peccato, e 'l mio.
Temerario io peccai, che ad una Dea
D'alzarsi amando il mio pensiero ardio:
Ella cruda peccò, che non dovea
Chiuder in sen sì bello un cor sì rio.
Ma ne l'inferno a pena esser m'avviso,
Che mi parve cangiarsi in un momento
O Donna, il nostro inferno in paradiso.
Tu lieta mi parevi, ed io contento;
Io perchè rimirava il tuo bel viso,
Tu perchè rimiravi il mio tormento.

SONETT O.

Eterno Sol, che luminoso e vago,
Sei troppo fosco a lo 'ntelletto mio,
Di, come sei di te medesmo pago,
E tre persone una gran mente unio?
In te specchi te stesso, e d'arder vago
De l'immago che formi, è il tuo desío;
Ma non men di te stesso è Dio l'immago.
Nè men l'ardore onde tu l'ami, è Dio.
Così tu fatto trino egual ti miri,

E quella immago, e quel beato ardore
Che generi mirando, amando spiri.
In tre lumi distinto è il tuo splendore,
Come distinta in tre colori è un' lri,
E sei tu solo Amante, Amato, Amore.

MADRIGALE.

Offesa verginella

Piangendo il suo destino,

Tutta dolente e bella

Fu cangiata da Giove in augellino,
Che canta dolcemente, e spiega il volo
E questo è l'Usignuolo.

In verde colle udì con suo diletto
Cantar un giorno Amor quell' augelletto,
E del canto invaghito,

Con miracol gentil, prese di Giove
Ad emular le prove,

Onde, poi ch' ebbe udito

Quel musico Usignuol, che sì soave

Canta, gorgheggia, e trilla,

Cangiollo in verginella: e questa è Lilla.

CANZONE.

Su i cardini lucenti

Pria, che rotasse il Cielo, e nel suo pondo
Fosse librato il Mondo,

E il Mare incatenato, e sciolti i venti;
Pria che da proprj fonti
Con mormoranti balli
Movesse il fertil piè l'
Pria che fossero i monti,
Pria che fosser le valli,

argenteo flutto:

.

Pria che fosser gli abissi, e fosse il tutto; Nacque celeste Donna, pur ne ascea D'ogni bell' opra Architettrice e Dea.

Sovra candido foglio

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Sta di eccelso lavor l' Idea dipinta,

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A

Ed a grand' opre accinta

Dell' eterno voler s' accosta al soglio.
Di luce maestosa

Che fa perpetuo giorno

Era del gran Monarca il seggio ornate.
Schiera allora ozïosa

Stavano al piè d' intorno

Pietà, Giustizia, Onnipotenza, e Fato.
O qui spiegò la Dea, quanto descrisse
A quel volere onnipotente, e disse:
A me non sono ignote

Le gioje tue: sol di Te stesso vago
So, che tu sei sì pago,

Che tua felicità crescer non puote;
Pur in Te stesso ascondi

Tua gloria non intesa :

Apri, o immensa Bontà, gli erarj tui,
Te stesso omai diffondi,

O sommo Ben, palesa

Che sei beato, e puoi beare altrui ;

E in questa, ch'or ti mostro, opra stupenda La tua gloria immortal sempre si renda. Queste alate figure, i

Che con ombre minute io qui t' addito,
Sia numero infinito

Di semplici sostanze, e menti pure.
Con applausi canori

Tua Bontà, tuo Potere,

Fia, che il musico stuolo ognora ammiri. Distinte in nove cori,

Queste beate schiere

Ti formeranno intorno eterni giri.

Vo', che a giri si bei tu sieda dentro,
E lor l'Immensità serva di centro.

Saran pronti messaggi,

O gran voler, de' tuoi sovrani imperi;
A i secondi i primieri

Tramanderan del lume infuso i raggi.
Di libertà natía

Ai spirti sì veloci

Lascerem solo un peregrin momento.
E chi di lor travia
Paghi in esigli atroci

Il temerario suo folle ardimento;
E sia per sempre in vindice martire
E soggetto, e ministro a tue grand' ire.
D' incorruttibil tempre

Segno qui sotto i Cieli, e in moti varj
Vo, che fra lor contrarj

Angelica virtù li mova sempre.

Fonti d'ogni influenza

Quegli punti son stelle.

Queste vo', che sian fisse, e queste erranti.

Farà la tua potenza

A luci così belle

Cangiar gli effetti in variar sembianti
Or solo a noi palesi, altrui celati
Nasconderemo in questi lumi i Fati.

Per avvivar la mole,

Per dar la norma ai tempi, agli astri il lume, China il guardo, o gran Nume,

Che quest obliqua via, quest' ombra è il Sole. Del suo raggio vitale

Riempirà quest' aria

Chiara, s' ei sorge, e se ei tramontą bruna: Di luce sempre uguale,

Ch' agli occhi altrui par varia,

Coi raggi d'oro arricchirà la Luna:

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