Vano error vi lusinga: si dipinga? Poco vedete, e parvi veder molto: Colui è più da suoi nemici avvolto. Di che deserti strani Per inondar i nostri dolci campi. Questo n'avvien, or chi fia, che ne scampi? Ben provide Natura al nostro stato, Quando de l'alpi schermo, Pose fra noi e la tedesca rabbia. Ma'l desir cieco, e'ncontra 'l suo ben fermo S'è poi tanto ingegnato, Ch' al corpo sano ha procurato scabbia. Fere selvagge, e mansuete gregge S'annidan sì, che sempre il miglior geme; Ed è questo del seme, Per più dolor, del popol senza legge; Al qual, come si legge, Mario aperse sì'l fianco, Che memoria de l'opra anco non langue, Quando assetato e stanco, Non più bevvè del fiume acqua, che Cesare, taccio, che per ogni piaggia Fece l'erbe sanguigne sangue. Di lor vene, ove 'l nostro ferro mise. Vostra mercè, cui tanto si commise Guastan del Mondo la più bella parte. Qual colpa, qual giudicio, o qual destino, Povero; e le fortune afflitte e sparte Che sparga'l sangue, e venda l'alma a prezzo? Non per odio d' altrui, nè per disprezzo. Ch' alzando 'l dito con la morte scherza. Più largamente, ch'altr' ira vi sferza. Di voi pensate, e vederete come Sgombra da te queste dannose some; Vano senza soggetto; Che'l furor di là su gente ritrosa Vincerne d' intelletto Peccato è nostro, e non natural cosa Non è questo 'l terren, ch'i' toccai pria ? Non è questo il mio nido, Ove nodrito fui si dolcemente? Non è questa la patria, in ch' io mi fido, Madre benigna e pia, Che copre l'uno e l'altro mio parente? Per Dio, questo la mente Talor vi mova; e con pietà guardate Le lagrime del popol doloroso, Che sol da voi riposo Dopo Dio spera; e pur che voi mostriate Segno alcun di pietate; Prenderà l'arme ; e fia 'l combatter corto; Ne gl' Italici cor non è ancor morto. Fugge, e la morte n'è sovra le spalle; Convien, che arrive a quel dubbioso calle. Piacciavi porre giù l'odio e lo sdegno, E quel, che 'n altrui pena Tempo si spende, in qualche atto più degno, O di mano o d' ingegno, In qualche bella lode, In qualche onesto studio si converta : E la strada del Ciel si trova aperta. Che tua ragion cortesemente dica ; Già dell' usanza pessima ed antica, Proverai tua ventura Fra magnanimi pochi, a ch' il ben piace; I'vo gridando pace, pace, pace. CINO RINUCCINI Figliuolo di Francesco ragguardevole Ca valier Fiorentino. Fu celebre circa il 1390.; ma poco felice nella scelta delle rime. Di li parla con più che ordinaria lode il Crescimbeni. SONETTO. Chi è costei, Amor, che quando appare Negli occhi vaghi allor ti metti a paré, Perchè se fusse Omer Virgilio o Dante Però che Dio da suoi eccelsi onori La produsse qua giù nel mondo errante GIUSTINA LEVI PEROTTI. Sonetto, che leggesi nelle Mescolanze d'Egidio Menagio. E fama che sia diretto al Pe trarca, e ch' egli vi abbia risposto coll' altro La gola il sonno, e l'oziose piume. Alcuni però lo credono di Ortensia di Guglielmo. Io vorrei pur drizzar queste mie piume Ma il Volgo inerte, che dal rio costume Vinto, ha d'ogni suo ben la via smarrita, Come degna di biasmo ognor m' addita, Ch'ir tenti d' Elicona al sacro fiume. All'ago, al fuso, più ch'al lauro, o al mirto, Dimmi tu ormai, che per più dritta via |