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Dicemi esser fallace ogni mia speme,
L'amor, la fede de la Donna mia;
Narra i varj pensier, quali ebbe pria,
Ch'Amor ponesse in lei tutto 'l mio bene.
Pensando a questo, morte per ristoro
Chiama, e pietosa mi udirebbe allora ;
Ma Amor, che sa quanto a torto mi doglia,
Mi mostra que' begli occhi; e innanzi loro
Fugge ogni rio pensier, ogni ria voglia,
Come tenebre innanzi a l'alma Aurora.

SONETT O.

Spesso mi torna a mente, anzi già mai
Non può partir da la memoria mia
L'abito e'l tempo e 'l luogo dove pria
La mia donna gentil fiso mirai.
Quel che paresse allora, Amor tu'l sai,
Che con lei sempre fosti in compagnia;
Quanto vaga gentil leggiadra e pia
Non si può dir nè immaginar assai.
Quale sovra i nevosi ed alti monti

Apollo spande il suo bel lume adorno,
Tale i crin suoi sovra la bianca gonna.
Il tempo e 'l luogo non convien ch'io conti:
Chè dov'è si bel sole, è sempre giorno;
E paradiso ov'è sì bella donna.

SONET TO.

O bella violetta, tu se' nata

Ove gia 'l primo mio bel desio nacque ;
Lagrime triste e belle furon l'
Che t'han nutrita e più volte bagnata.

acque

Pietate in quella terra fortunata
Nutri il desio, ove il bel cesto giacque :
La bella man ti colse, e poi le piacque
Farne la mia per si bel don beata.
E mi pare ad ognor fuggir ti voglia
A quella bella mano, onde or ti tegno
Al nudo petto dolcemente stretta ;
Al nudo petto, che desire e doglia
Tiene in loco del cor, che il petto ha a sdegno,
E stassi, onde tu vieni, o violetta.

GASPARE VISCONTI

Il suo Canzoniere fu stampato in Milano nel 1493. e moltissimo piacque a' suoi coetanei. Ora sarebbe appena tollerabile. Voleva però essere rammentato, perchè Milanese.

SONETT O.

O sassi, o mura, che in voi chiuso avete
Il Sol che nel mio cor lucea si forte,
E luce e lucerà per fin che morte
Non solva questa mia terrena rete:
Non so se il bene immenso comprendete
Che alberga in voi per vostra dolce sorte,
E che l'alte maniere oneste e accorte,
Tesor di questa etate, in voi chiudete.
Per voi convien che lacrimando viva,
Tenendomi nascoso il vivo lampo,
Che ovunque splende, germina virtute.
Per voi 'nnanzi al suo tempo viene a riva
Mia vita, che non sa più trovar scampo,
Prima del cibo de la sua salute.

MATTEO MARIA BOJARDO.

Fu Conte di Scandiano. Nacque circa il 1430. alla Fratta presso Ferrara, e finì di vivere nel 1492. Fu caro al Duca Borso, e ad Ercole I. dal quale ebbe onorevoli cariche. Vuol essere posto fra più colți uomini, e più leggiadri ingegni di quest' età, Compose l'Or, lando Innamorato, a cui debbe specialmente la celebrità del suo nome. Vallisnieri, e Maz zucchelli ne scrissero la vita.

CANZONE,

Come in la notte liquida e serena
Vien la stella d'Amor innanzi giorno
Di raggi d'oro e di splendor si piena,
Che l'orizzonte è di sua luce adorno;

Ed ella a tergo mena

L'altre stelle minore,

Ch' a lei d' intorno intorno

Cedon parte del ciel, e fangli onore;

Indi rorando splendido liquore

Da l'umida sua chioma, onde si bagna
La verde erbetta, e il colorito fiore,
Fa rugiadosa tutta la campagna:

Così costei de l'altre il pregio acquista,
Perchè Amor l'accompagna,

E fa sparir ogni altra bella vista,

Chi mai vide al mattin nascer l'Aurora,
Di rose coronata e di giacinto,

Che fuor del mare il di non esce ancora,
E del suo lampeggiar è il ciel dipinto;

E lei più s'incolora

D' una luce vermiglia,
Da la qual fora vinto

Qual ostro più tra noi gli rassomiglia;

E il rozzo pastorel si maraviglia
Del vago rosseggiar dell' Oriente,

Che a poco a poco su nel ciel si appiglia,
E com' più mira più si fa lucente:

Vedrà così nell' angelico viso

Se alcun fia che possente
Si trovi a riguardarla in vista fiso.

ANGELO POLIZIANO,

Nacque in Montepulciano ai 24. di Luglio del 1454., e mort in Settembre nel 1494. Fu in questo secolo il ristauratore dell' italiana 'letteratura, come Petrarca lo era stato nel precedente. Ebbe il padrocinio della casa Medici, e fu detto a ragione il padre delle lettere. Le sue Stanze per la giostra di Giuliano de' Medici debbono dirsi uno de' più squisiti poemetti del Parnaso italiano.

CANZONE.

Vaghe le montanine e pastorelle,
Ďonde venite si leggiadre e belle ?

Vegnam da l'alpe presso ad un boschetto:
Piccola capannella è 'l nostro sito;
Col padre e con la madre in picciol letto
Dove Natura ci ha sempre nudrito,
Torniam la sera dal prato fiorito;
Chè abbiam pasciute nostre pecorelle.

Qual è'l paese dove nate siete,

Che si bel frutto sovra ogni altro luce?
Creature d'Amor voi mi parete,
Tanta è la vostra faccia che riluce.
Nè oro nè argento in voi non luce,
E mal vestite, e parete angiolelle.

Ben si posson doler vostre bellezze,
Poi che fra valli e monti le mostrate:
Chè non è terra di sì grandi altezzę,
Che voi non foste degne ed onorate.
Ora mi dite, se vi contentate
Di star ne l' alpe cosi poverelle.

Più è contenta ciascuna di noi

Gire a la mandria drieto a la pastura,
Più che non fate ciascuna di voi
Gire a danzare dentro a vostre mura.
Ricchezza non cerchiam, nè più ventura,
Se non be' fiori, e facciam grillandelle,

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