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In su quest'ore accese

Rammemoriam gl' illustri fatti, e quelli,
Finchè ne ferve il cielo,

Smaltiam di questo gelo.

Di quel gelo, di questo

Sacro di fresca vita almo elisire ;
E quanto le bell'ire

Sangue costaro a la Germania infesto,
Tanto versiam su i cori

Dei congelati umori.

CANZONE.

Odi, Nise, che vivanda

A noi manda

Con quest' ultimo corriere
La bell' isola incantata,
Sede amata

Del bel tempo e del piacere.
Storditella, non intendi;
E comprendi

Tanto men, quanto più pensi :
La bell' isola incantata

L'avvocata

Pietosissima de' sensi.

Ne men or? Poter del mondo!

Gli è ben tondo,

Cara Nise, il tuo cervello.
La bell'isola, che Amore
Per amore

Nominò Cipro novello.
Quella, dove la sua madre
Da le squadre,

Onde l'Asia è così altera,
Rifuggissi, allor che vinta

Fu rispinta

D'Amatunta e di Citera:
E cotanto ivi si piacque,
Che in quell'acque
Semi ascose di beltade,
Da fiorire al caldo al gelo,
Di quel cielo

Per le belle alme contrade.
El gran Dio de la fierezza
Per finezza

A la Diva del suo core,
Due miniere illustri e chiare
Terra e mare

Fe' di gemino valore.
D'Inghilterra: intendi ancora ?
Oh in buon' ora!

D'Inghilterra, storditella!
D' Inghilterra, il bel paese

Sì cortese,

Onde solo Europa è bella.
D'Inghilterra dunque è giunto
In buon punto

Un gentil vago lavoro,
Bianca pasta odorosetta,
Liquidetta,

Di tre sensi almo ristoro.
Una pasta profumata,

Dilicata

Che vien sangue in un momento.

Basti dir, che l'inventrice

Sua felice

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Fino al riso è poca cosa:
Faticosa

Ben è l'altra e pellegrina.

Se le pesti, ecco un unguento :
Sul tormento

Del fornel se tu le poni,

Poco è il poco, e troppo il troppo,
Di galoppo

Se ne passano a' carboni.

Io 'l dirò, Nise, ma a patti,
Che rimpiatti

Nel tuo petto il gran segreto :
Non vuol esser molinello,

Non pestello,

Ma grattugia

e tiello cheto.

Grattugetta traditora,

Che in brev'ora

Tanto secchi e tanto morda,
Ch' ogni mandorla al precetto
Del vaglietto

A risponder non sia sorda.
Con la pingue limatura

Mal sicura

Dal respir, cotanto è lieve,
Staccherai con man soave
La sì grave

Del tuo viso asciutta neve.

Qui per terzo, in peso eguale,
Vedrà 'l sale

Così dolce, onde 'l Brasile
Viver sempre dona a tutti
Fiori e frutti

Con miracol si gentile.
Poi fiorisci il tuo muschietto

D'un spruzzetto

9

De la dura indica noce
Che colà ne l'Oriente
Febo ardente

Dal Zenit profuma e coce.
Ne sdegnar due fila sole,
Ma ve! sole,

Del bel manto giallo in oro
Di quel fior, che nuovo Mida
Si confida

Quanto ei tocca tinger d' oro. Bianco sugo, in cui converse, O disperse

Il suo verde il prato erboso,
Ne le mamme d'una bella
Vecchierella,

Che fe' padre il nuovo sposo.
Piovi ardito in su la massa,
Che s'abbassa

Ne l'argento, in cui s'intride,
E si stretto vi s'alloggia,
Ch' altra pioggia

Par che inviti, o che disfide.
Sia la pioggia d'acqua purà,
Qual natura

Giù dal ciel la lascia andare;
Solamente sia bollente,
Sia cocente

Sia bastante ad allungare.
Allungar quel denso latte,
Che combatte

A favor di sue farine
La pigrizia d' un palato
Dilicato,

Che vuol rose senza spine.
Tempo, o Nise, è d'investire,

Di ferire

Col martel che frulla e spacca,
Che fa stragi sì famose,

Si spumose

Ne la manna di Caracca.

Frulla in giro quella clava,
Ch'è sì brava,

Che co' denti onnipotenti
Quanto più rompe e disgiunge,
Più congiunge

I divisi ingredienti.

Indi posti in su la brace

Dà lor pace:

Ma non sì che tra di loro
A ogni tanto il turbinetto
Velocetto

Non ritorni al suo lavoro.
Quando poi la cotta pasta
Se gli appasta

Tenacetta alquanto in giro
Per dar cenno ch'ella è fatta,
E tu ratta

Tolla via da quel martiro.
Solo aggiungi la ricetta,
Ch' ambra eletta

Macinata fina fina

Da staccetto di zendado
Rado rado

Vi si asperga come brina.
Che a misura che s' infonde
Si confonde

Presto presto in sua sostanza
Con l'ambrosia tepiduccia,
Che si succia

Quella liquida fragranza.

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