Sayfadaki görseller
PDF
ePub

EPOCA TERZA

DAL 1500. SINO AL 1550.

JACOPO SANNAZZARO.

Fu per così dire l'anello d'unione fra questo e l'antecedente secolo. Nacque nel 1458. da nobile famiglia oriunda dalla Spagna. Giovinetto passò nell'accademia di cui era capo il Pontano, ed assunse il nome di Apio Sincero. Sino dall' età di otto anni concepì un in nocente amore per Carmasina Bonifacia di pari età, che divenne poscia l'argomento di dogliose sue rime. Grandi onori ebbe da Ferdinando I. a cui si serbò fedele anche nelle disavventure. Mori nel 1530., ed ebbe sepoltura in una chie sa da lui eretta sul dorso del ridente Posilipo. Fu di costumi puri ed illibati, e coltivò le muse latine egualmente che l' italiane. La sua Arcadia è opera classica nel genere pastorale. Il Consigliere Corniani ne scrisse di recente I elogio.

CANZON E.

Alma beata e bella,

Che da' legami sciolta

Nuda salisti ne' superni chiostri;
Ove con la tua stella

Ti godi insieme accolta,

E lieta vai schernendo i pensier nostri,

Quasi un bel Sol ti mostri
Tra i più chiari spirti,
E co i vestigi santi

Calchi le stelle erranti ;

E tra pure fontane e sacri mirti
Pasci celesti greggi,

Ei tuoi cari pastori indi correggi.

Altri monti, altri piani,

Altri boschetti e rivi

Vedi nel Ciel, e più novelli fiori :
Altri Fauni e Silvani,

Per luoghi dolci estivi

Seguir le Ninfe, in più felici amori:
Tal fra soavi odori,

Dolce cantando all' ombra

Tra Dafni e Melibeo,

Siede il nostro Androgeo,

E di rara dolcezza il Cielo ingombra,
Temprando gli elementi

Col suon de' novi inusitati accenti.

Quale la vite a l'olmo,

Ed a gli armenti il toro

E l'ondeggianti biade à lieti campi;

Tale la gloria e 'l colmo

Fostù del nostro coro.

Ahi cruda morte, e chi fia che ne scampi,

Se con tue fiamme avvampi

Le più elevate cime?

Chi vedrà mai nel Mondo

Pastor tanto giocondo,

Che cantando fra noi si dolci rime

Sparga il bosco di fronde,

E di bei rami induca ombra su l'onde?

Pianser le sante Dive
La tua spietata morte,

I fiumi il sanno e le spelonche e i faggi;
Pianser le verdi rive,

L'erbe pallide e smorte,

El Sol più giorni non mostrò suoi raggi; Nè gli animai selvaggi

Usciro in alcun prato;

Nè greggi andar per monti;
Ne gustaro erbe o fonti

[ocr errors]

Tanto dolse a ciascun l'acerbo fato

Tal che al chiaro ed al fosco,
Androgèo Androgèo sonava il bosco.

Dunque fresche corone

A la tua sacra tomba,

E voti di bifolchi ogn' or vedrai;
Talchè in ogni stagione,
Quasi nova colomba,

Per bocche de' pastor volando andrai;
Ne verrà tempo mai,

Che 'l tuo bel nome estingua,

Mentre serpenti in dumi

Saranno, e pesci in fiumi:

Ne sol vivrai ne la mia stanca lingua,
Ma per pastor diversi

In mille altre sampogne e mille versi.

Se spirto alcun d'amor vive fra voi,
Querce frondose e folte,

Fate ombra a le quïete ossa sepolte.

PIETRO BEMBO

Figlio di Bernardo patrizio veneto. Costantino Lascari gli fu maestro nella lingua greca, e Niccolò Leonio Tomeo nella filosofia. Divenne uno de' principali ornamenti dell' Acca demia veneta aperta da Aldo Manuzio il vec chio. Grandi onori ebbe dalla corte di Urbino, presso la quale si trattenne per sei anni. Nel 1512. passò con Giuliano de' Medici a Roma, ove si rese caro a Giulio II., e poscia a Leone X., da cui fu scelto per segretario. Quivi condusse una vita non troppo lodevole. Ritiratosi quindi in Padova coltivò le virtù morali, ed ogni sorta di studj. In questo suo soggiorno scrisse gran parte della Storia di Venezia. Ritornò a Roma nominato Cardinale da Pao lo III., che in appresso il nominò pure al Vescovado di Gubbio, e poscia a quello di Bergamo. Mort in Roma caro al Pontefice, e rispettato da tutti i più ragguardevoli personag gi a' 18. di Gennajo del 1547. in età di 77. anni. Fu uno de' ristauratori della buona let teratura in questo secolo. Si sollevò sopra il volgo de' poeti, ma nelle sue Rime è alquanto difficile e duro. La sua maggior lode gli derivò dalle opere da lui scritte in latino. V. il C. Mazzucchelli.

GONETто.

Re de gli altri superbo e sacro monte,
Ch' Italia tutta imperïoso parti,

E per mille contrade e più comparti
Le spalle il fianco e l'una e l'altra fronte.
Da le mie voglie mal per me si pronte,
Vo risecando le non sane parti,

E raccogliendo i miei pensieri sparti
Sul lito, a cui vicin cadeo Fetonte,
Per appoggiarli al tuo sinistro corno,
Là dove bagna il bel Metauro, e dove
Valor e cortesia fanno soggiorno.
E s'a prego mortal Febo si move,

Tu sarai 'l mio Parnaso, e'l crine intorno
Ancor mi cingerai d'edere nove.

SONETTO.

Nè Tigre, sè vedendo orbata e sola,
Corre si lieve dietro al caro pegno,
Nè d'arco stral va sì veloce al segno,
Come la nostra vita al suo fin vola.
Ma poi, Gasparro mio, che pur s'invola
Talor a morte un pellegrino ingegno,
Fate sia contra lei vostro ritegno,
Quel, ch'Amor v'insegnò ne la sua scola.
Spiegando in rime nove antico foco,
E i doni di colei celesti e rari,
Che temprò con piacer le vostre doglie.
Talche poi sempre ogni abitato loco

Parli d'ambi due voi, nè gli anni avari
Se ne portin giammai più, che le spoglio.

[ocr errors]
« ÖncekiDevam »