SONETTO Dal pigro e grave sonno, ove sepolta Per tuo non sano oprar, cerca e sospira ; SONETT 0. Tanti con mia vergogna aspri tormenti E tu campo hai da far più degne prove. SONETTO. Degna nutrice de le chiare genti, Ch'a i dì men foschi trionfar del Mondo; Albergo già di Dei fido e giocondo, Or di lagrime triste e di lamenti; Come posso udir io le tue dolenti Voci, e mirar senza dolor profondo E sì dentro al mio cor sona il tuo nome, SONET TO. Sovra un bel verde cespo e in mezzo un prato Dipinto di color mille diversi Due pure e bianche vittime, ch' io scersi Dianzi ne' paschi del mio Tirsi amato, Zefiro, io voglio offrirti; e da l' un lato Donne leggiadre in bei pietosi versi Diran, come i tuoi di più cari fersi Nel lume d'un bel viso innamorato; Da l' altro porgeran giovani ardenti Voti ed incensi, e tutti in cerchio poi Diranti unico Re de gli altri venti; Se i fior, che 'l Sol nel suo bel viso ancide Bianchi e vermigli, co' soavi tuoi Fiati rinfreschi, a cui l'aria e 'l Ciel ride. FRANCESCO MARIA MOLZA. Di lui scrisse esattamente la vita l'Abate Serassi nell' edizione di Bergamo 1747. Fu uno de' più leggiadri talenti che vantasse l'Italia in que' tempi. Nacque in Modena nel 1489. Fu inclinato ai piaceri, cui per altro divise sempre cogli studj. Riportò una ferita da un suo rivale, per cui fu diseredato dal padre, e ne contrasse una tale malattia, che dopo lungo travaglio fu tratto a morte in assai fresca età. Fu uno de' principali ornamenti dell' Accademia Romana. Tra le sue opere celebre è specialmente la Ninfa Tiberina. SONETTO. Su questo lito e questa istessa arena E con possenti braccia e invitta lena Cadde di Libia il fiero mostro anciso, Così mostrando a la fortuna il viso, SONETTO. Gite, Coppia gentil, e 'l bel sommesso E col desio ch' al cor avete impresso, E purghi d'ogni error l'Asia e l'Egitto: CANZON E. Ne l'apparir del giorno Vid'io, chiusi ancor gli occhi, entro una luce Ch' avea del cielo i maggior lumi spenti, Una donna real, che, come duce, Traea schiera d'intorno, E cantando venia con dolci accenti: O fortunate genti, S'oggi in pregio tra voi Fosse la mia virtute, Com' era al tempo de gli antichi eroi! Che se tra ghiande ed acqne e pelli irsute Qual vi daria per me gioja e salute Quando l'eterno Amore Creò la luna e'l sole e l'altre stelle Perchè meco o di me tutte son nate; Son io io son del cielo E quando Dio pietà vi mostra e zelo, Io son che giovo ed amo, E dispenso le grazie di là suso, Già venni in terra, e Pluto ch' era chiuso Lei per mia serva, ch' era in ciel reina. L'amor de l'oro ingordo Le furie e'l lezzo, onde malvagio e lordo D'un caro amante mio. Per amor d'uno io vegno A star con voi, ch'or sotto umana veste Dal ciel discese, e quanto ha del celeste L'ha da lui, che n'ha quanto il ciel n'avea. |