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fu Piero di Alvernia ed altri molti antiqui Dottori. La terza poi che è degli Italiani, afferma per due privilegi esser superiore; il primo è, che quelli, che più dolcemente e più sottilmente hanno scritto Poemi, sono stati i suoi domestici, e famigliari, cioè Cino da Pistoia, e lo amico suo; il secondo è, che pare, che più s' accostino alla Grammatica, la quale è comune. E questo, a coloro, che vogliono con ragione considerare, par gravissimo argomento. Ma noi lasciando da parte il giudicio di questo, e rivolgendo il trattato nostro al volgare Italiano, ci sforzeremo di dire le variazioni ricevute in esso, e quelle fra se compareremo. Dicemo adunque la Italia essere primamente in due parti divisa, cioè nella destra, e nella sinistra; e se alcuno dimandasse qual è la linea, che questa diparte, brievemente rispondo essere il giogo dell' Appennino; il quale come un colmo di fistola, di qua e di là a diverse gronde piove, e l'acque di qua e di là per lunghi embrici a diversi liti distillano, come Lucano nel secondo descrive; e il destro lato ha il mar Tirreno per grondatoio, il sinistro v' ha lo Adriatico. Del destro lato poi sono regioni la Puglia, ma non tutta, Roma, il Ducato, la Toscana, e la Marca di Genova. Del sinistro sono parte della Puglia, la Marca d'Ancona, la Romagna, la Lombardia, la Marca Trivigiana, con Venezia. Il Friuli veramente, e l'Istria non possono essere se non della parte sinistra d'Italia; e le Isole del mar Tirreno, cioè Sicilia e Sardigna, non sono se non della destra, o veramente sono da essere alla destra parte d'Italia accompagnate. In ciascuno adunque di questi due lati d'Italia, ed in quelle parti, che si accompagnano ad essi, le lingue degli uomini sono varie; cioè la lingua dei Siciliani coi Pugliesi e quella dei Pugliesi coi Romani, e dei Romani coi Spoletani, e di questi coi Toscani, e dei Toscani coi Genovesi, e dei Genovesi coi Sardi. E similmente quella dei Calavresi con gli Anconitani, e di costoro coi Romagnuoli, e dei Romagnuoli coi Lombardi, e dei Lombardi coi Trivigiani e Ve1 neziani, e di questi coi Friulani, e di essi con gl'Istriani;

1

Aquileja al tempo del Trissino era la capitale del Friuli, e però

cum Aquilejensibus lo tradusse coi Friuliani.

Aquilejensibus, et istorum cum Istrianis: de quo Latinorum neminem nobiscum dissentire putamus. Quare non a minus XIV Vulgaribus sola videtur Italia variari: quæ adhuc omnia Vulgaria in se se variantur, ut puta in Tuscia Senenses et Aretini; in Lombardia Ferrarienses et Placentini: nec non in eadem civitate aliqualem variationem perpendimus, ut superius in Capitulo immediato posuimus. Quapropter si primas, et secundarias, et subsecundarias vulgaris Italiæ variationes calcularė velimus, in hoc minimo mundi angulo non solum ad millenam loquelæ variationem venire contigerit, sed etiam ad magis ultra.

CAPUT XI.

Ostenditur Italiæ aliquos habere idioma incomptum et ineptum.

Tam multis varietatibus Latino dissonante vulgari, decentiorem atque illustrem Italiæ venemur loquelam, et ut nostræ venationi pervium callem habere possimus, perplexos frutices, atque sentes prius ejiciamus de silva. Sicut ergo Romani se cunctis præponendos existimant, in hac eradicatione sive discerptione non immerito eos aliis præponamus, protestantes eosdem in nulla vulgaris eloquentiæ ratione fore tangendos. Dicimus ergo Romanorum non Vulgare, sed potius tristiloquium Italorum Vulgarium omnium esse turpissimum: nec mirum, cum etiam morum, habituumque deformitate præ cunctis videantur fœtere; dicunt enim Mesure quinte dici.1 Post hos incolas Anconitanæ Marchiæ decerpamus, qui Chignamente sciate siate loquuntur : cum quibus et Spoletanos abjicimus: nec prætereundum est quod in improperium istarum trium gentium cantiones

Notò il Corbinelli che i Romaneschi dicevano mia sura per mia suora, e chinte per chente; onde quelle parole varrebbero sorella mia, che è quello che tu dici?

2 Chignamente crede il Corbinelli

esser lo stesso vocabolo di chinchimente, che in Ancona usavasi per qualmente. Sciate forse vale siate, o com' altri crede state: ma in dialetti si antichi e sì informi è sempre un tirar a indovinare.

nella qual cosa dico, che nessuno degl' Italiani dissentirà da noi. Onde la Italia solo appare da non meno di XIV Volgari esser variata ciascuno dei quali ancora in se stesso si varia: come in Toscana i Senesi e gli Aretini, in Lombardia i Ferraresi e i Piacentini; e parimente in una istessa città troviamo essere qualche variazione di parlare, come nel Capitolo di sopra abbiamo detto. Il perchè se vorremo calculare le prime, le seconde, e le sottoseconde variazioni del Volgare d'Italia, avverrà che in questo minimo cantone del mondo, si verrà non solamente a mille variazioni di loquela, ma ancora a molte più.

CAPITOLO XI.

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Si dimostra, che alcuni in Italia hanno brutto ed inornato parlare.

Essendo il Volgare Italiano per molte varietà dissonante, investighiamo la più bella ed illustre loquela d' Italia; ed acciò che alla nostra investigazione possiamo avere un picciolo calle, gettiamo prima fuori della selva gli arbori attraversati, e le spine. Si come adunque i Romani si stimano di dover essere a tutti preposti, così in questa eradicazione, ovvero estirpazione, non immeritamente agli altri li preporremo; protestando essi in niuna ragione della Volgare Eloquenza esser da toccare. Dicemo adunque il Volgare de' Romani, o per dir meglio il loro tristo parlare, essere il più brutto di tutti i Volgari Italiani; e non è maraviglia, sendo nei costumi, e nelle deformità degli abiti loro sopra tutti puzzolenti. Essi dicono Mesure quinte dici. Dopo questi caviamo quelli della Marca d' Ancona, i quali dicono Chignamente sciate siate; con i quali mandiamo via i Spoletani. E non è da preterire, che in vituperio di queste tre genti sono state

DANTE.

2.

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quam plures inventæ sunt, inter quas unam vidimus recte, atque perfecte ligatam: quam quidam Florentinus nomine Castra composuerat; incipiebat etenim :

<< Una ferina va scopai da Cascoli

Çita çita sen gia grande aina.'»

Post quos Mediolanenses, atque Bergomates, eorumque finitimos eruncemus: in quorum etiam improperium quendam cecinisse recolimus :

« In te l' ora del Vesper

Ziò fu del mes d' Ochiover. »

Post hos Aquilejenses, et Istrianos cribremus, qui Çes fastù,3 crudeliter accentuando, eructant. Cumque iis montaninas omnes, et rusticanas loquelas ejiciamus, quæ semper mediastinis civibus accentus enormitate dissonare videntur, ut Cassentinenses, et Pratenses; Sardos etiam qui non Latini sunt, sed Latinis adsociandi videntur, ejiciamus: quoniam soli sine proprio Vulgari esse videntur, Grammaticam tanquam simiæ homines imitantes, nam: Domus nova, et Dominus meus, loquuntur.

CAPUT XII.

De idiomate Siculo et Apulo.

Exacceratis quodammodo vulgaribus Italis, inter ea, quæ remanserunt in cribro, comparationem facientes, honorabilius, atque honorificentius, breviter seligamus; et primo de Siciliano examinemus ingenium, nam videtur Sicilianum

1 II Fontanini (Eloq. ital.) supponendo che Cascoli sia nome proprio di luogo, nè diverso da Casoli, che sta nell' Abruzzo citeriore (non entrandoci Ascoli città della Marca), propone di leggere questi due versi cosi:

Una ferma vosco poi da Cascoli
Zita zita sen gia a grande aina.

ta, perchè (dice il Corbinelli) i Rómaneschi dicevano ainate su per af frettatevi.

Il Fontanini, che raddrizzò la lezione di questi due versi, dice significare nell' ora del Vespero, ciò fu del mese d'Ottobre.

3

Çes fastù, o çe fastù, significa che

Zita vale zitta, cheta, e aina val fret- fai tu?

molte Canzoni composte, tra le quali ne vidi una drittamente, e perfettamente legata, la quale un certo Fiorentino, nominato il Castra, avea composto, e cominciava:

<< Una ferina va scopai da Cascoli

Çita çita sen gia grande aina. »

Dopo questi i Milanesi, e i Bergamaschi, ed i loro vicini gettiam via;1 in vituperio dei quali mi ricordo alcuno aver cantato:

2

<< In te l'ora del Vesper

Ziò fu del mes d' Ochiover. »>

Dopo questi crivelliamo gli Aquileiensi, e gl' Istriani, i quali con crudeli accenti dicono Ces fastù; e con questi mandiam via tutte le montanine e villanesche loquele; le quali di bruttezza di accenti sono sempre dissonanti dai cittadini, che stanno in mezzo le città, come i Casentinesi e i Pratesi. I Sardi ancora, i quali non sono d'Italia, ma alla Italia accompagnati, gettiam via: perchè questi soli ci paiono essere senza proprio Volgare, ed imitano la Grammatica, come fanno le simie gli uomini; perchè dicono: Domus nova, et Dominus meus.

CAPITOLO XII.

Dello idioma Siciliano e Pugliese.

Dei crivellati (per modo di dire) Vulgari d'Italia, facendo comparazione tra quelli, che nel crivello sono rimasi, brievemente scegliamo il più onorevole di essi. E primieramente esaminiamo lo ingegno circa il Siciliano, perciò che pare che il Volgare Si

1 Runcinare è da runcina, roncola, ed eruncinare vale figuratamente sbarbicare le cattive erbe; onde il gettiam via della traduzione è traslato di traslato.

2 A crudeliter accentuando, risponderebbe più propriamente la frase con aspro accento, che quella del Trissino con crudeli accenti.

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