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fine del primo libro avemo promesso. Cerchiamo adunque primamente, se tutti quelli che fanno versi volgari, lo denno usare, o no. Vero è, che così superficialmente appare di sì, perciò che ciascuno che fa versi, dee ornare i suoi versi in quanto'l può. Là onde non essendo niuno si grande ornamento, com'è il Volgare illustre, pare che ciascun versificatore lo debbia usare. Oltre di questo, se quello, che in suo genere è ottimo, si mescola con lo inferiore, pare che non solamente non gli tolga nulla, ma che lo faccia migliore. E però se alcun versificatore, ancora che faccia rozzamente versi, lo mescolerà con la sua rozzezza, non solamente a lei farà bene, ma appare che così gli sia bisogno di fare; perciò che molto è più bisogno di aiuto a quelli che ponno poco, che a quelli che ponno assai; e così appare, che a tutti i versificatori sia licito di usarlo. Ma questo è falsissimo; perciò che ancora gli eccellentissimi Poeti non se ne denno sempre vestire, come per le cose di sotto trattate si potrà comprendere. Adunque questo illustre Volgare ricerca uomini simili a se, sì come ancora fanno gli altri nostri costumi ed abiti: la magnificenzia grande ricerca uomini potenti, la porpora uomini nobili; così ancora questo vuole uomini di ingegno e di scienza eccellenti, e gli altri dispregia come per le cose, che poi si diranno, sarà manifesto. Tutto quello adunque, che a noi si conviene, o per il genere, o per la sua specie, o per lo individuo ci si conviene; come è sentire, ridere, armeggiare; ma questo a noi non si conviene per il genere, perchè sarebbe convenevole anco alle bestie; nè per la specie, perchè a tutti gli uomini saria convenevole di che non c'è alcun dubbio; che niun dice, che'l si convenga ai montanari. Ma gli ottimi concetti non possono essere, se non dove è scienzia ed ingegno; adunque la ottima loquela non si conviene ai rozzi parlatori; conviene si per l'individuo; ma nulla all' individuo conviene se non per le proprie dignità; come è mercantare, armeg↓ giare, reggere. E però se le cose convenienti risguardano le dignità, cioè i degni (ed alcuni possono essere degni, altri più degni ed altri degnissimi), è manifesto, che le cose buone ai degni, le migliori ai più degni, le ottime ai degnissimi si convengono. E conciò sia che la loquela non altrimenti sia necessario istromento ai

instrumentum nostræ conceptionis, quam equus militis; et optimis militibus optimi conveniant equi, optimis conceptionibus, ut dictum est, optima loquela conveniet. Sed optimæ conceptiones non possunt esse, nisi ubi scientia et ingenium est; ergo optima loquela non convenit nisi in illis, in quibus ingenium et scientia est; et sic non omnibus versificantibus optima loquela convenit, cum plerique sine scientia et ingenio versificentur; et per consequens, nec optimum vulgare. Quare si non omnibus convenit, non omnes ipsum debent uti; quia inconvenienter agere nullus debet. Et ubi dicitur quod quilibet suos versus exornare debet in quantum potest, verum esse testamur; sed nec bovem ephippiatum, nec balteatum suem dicemus ornatum, immo potius deturpatum ridemus illum; est enim exornatio alicujus convenientis additio. Ad illud ubi dicitur, quod superiora inferioribus admixta perfectum adducunt, dicimus verum esse, quando cesset discretio, puta si aurum cum argento conflemus; sed si discretio remanet,1 inferiora vilescunt, puta cum formosæ mulieres deformibus admiscentur. Unde cum sententia versificantium semper verbis discretive mixta remaneat, si non fuerit optima, optimo sociata Vulgari, non melior, sed deterior apparebit, quemadmodum turpis mulier, si auro vel serico vestiatur.

CAPUT II.

In qua materia conveniat ornata Eloquentia Vulgaris.

Postquam non omnes versificantes, sed tantum excellentissimos Illustre uti Vulgare debere astruximus, consequens est astruere, utrum omnia ipso tractanda sint, aut non; et si non omnia, quæ ipso digna sunt segregatim ostendere. Circa quod primo reperiendum est id, quod intelligimus per

La voce remanet, dice il Torri Volg. Eloq., Livorno 1850), che nella fiorentina edizione del 1840

fu senz'alcuna ragione cambiata

cesset. Ma il Torri ha preso equivoco, poichè il cambiamento non esiste.

nostri concetti, di quello che si sia il cavallo al soldato; e convenendosi gli ottimi cavalli agli ottimi soldati, agli ottimi concetti (come è detto) la ottima loquela si converrà. Ma gli ottimi concetti non ponno essere, se non dove è scienzia ed ingegno; adun- ↓ que la ottima loquela non si conviene se non a quelli, che hanno scienzia ed ingegno; e così non a tutti i versificatori si convien ottima loquela, e conseguentemente nè l'ottimo Volgare, conciò sia che molti senza scienzia e senza ingegno facciano versi. E però se a tutti non conviene, tutti non denno usare esso; perciò che niuno dee far quello, che non se gli conviene. E dove è detto che ognuno dee ornare i suoi versi quanto può, affermiamo esser vero; ma nè il bove efippiato, nè il porco balteato1 chiameremo ornato, anzi fatto brutto, e di loro ci rideremo; perciò che l' ornamento non è altro che uno aggiungere qualche convenevole cosa alla cosa che si orna. A quello ove è detto che la cosa superiore con la inferiore mescolata adduce perfezione, dico esser vero, quando la separazione non rimane; come è, se l'oro fonderemo insieme con l'argento; ma se la separazione rimane, la cosa inferiore si fa più vile; come è mescolare belle donne con brutte. Là onde conciò sia che la sentenzia dei versificatori sempre rimanga separatamente mescolata con le parole, se la non sarà ottima, ad ottimo Volgare accompagnata, non migliore, ma peggiore apparirà, a guisa di una brutta donna, che sia di seta o d'oro vestita.

CAPITOLO II.

In qual materia stia bene usare il Volgare Illustre.

Dappoichè avemo dimostrato, che non tutti i versificatori, ma solamente gli eccellentissimi denno usare il Volgare Illustre, conseguente cosa è dimostrare poi, se tutte le materie sono da essere trattate in esso, o no; e se non sono tutte, veder separatamente quali sono degne di esso. Circa la qual cosa prima è da trovare

Bove efippiato, porco bal- di sella... porco cinturato o orteato, cioè bove insellato o decorato

nato di cintura.

illud quod dicimus, dignum esse quod dignitatem habet, si- cut nobile, quod nobilitatem; et sic cognito habituante, habituatum cognoscitur, in quantum hujus: unde cognita diIgnitate, cognoscemus et dignum. Est enim dignitas meritorum effectus, sive terminus: ut cum quis benemeruit, ad boni dignitatem perventum esse dicimus: cum male vero, ad mali: puta bene militantem, ad victoriæ dignitatem; bene autem regentem, ad regni: nec non mendacem ad ruboris dignitatem, et latronem ad eam, quæ est mortis. Sed cum in benemerentibus fiant comparationes, sicut in aliis, ut quidam bene, quidam melius, quidam optime, quidam male, quidam pejus, quidam pessime mereantur, et hujusmodi comparationes non fiant, nisi per respectum ad terminum meritorum, quem dignitatem dicimus, ut dictum est manifestum est quod dignitates inter se comparantur secundum magis et minus, ut quædam magnæ, quædam majores, quædam maximæ sint, et per consequens aliud dignum, aliud dignius, aliud dignissimum esse constat. Et cum comparatio dignitatum non fiat circa idem objectum, sed circa diversa, ut dignius dicamus quod majoribus, dignissimum quod maximis dignum est, quia nihil eodem dignius esse potest; manifestum est, quod optima optimis, secundum rerum exigentiam, digna sint. Unde cum hoc, quod dicimus Illustre, sit optimum aliorum Vulgarium, consequens est, ut sola optima digna sint ipso tractari: quæ quidem tractandorum dignissima nuncupamus. Nunc autem quæ sint ipsa venemur; ad quorum evidentiam sciendum est, quod sicut homo tripliciter spirituatus est, videlicet spiritu vegetabili, animali, et rationali,1 triplex iter perambulat. Nam secun

'Si avverta bene, che Dante non ha qui inteso dire che l'uomo ha tre anime, come non troppo accortamente ha tradotto il Trissino, ma ha inteso dire, che l'uomo ha un'anima di tre potenze o virtù: la vegetativa, per cui vive, l'animale, per cui sente, la razionale, per cui ra

giona. Nel Purg., XXV, 74-75, disse infatti l'anima umana essere

un'alma sola

Che vive, e sente, e se in se rigira. Vedasi anche il Convito, tratt. III, cap. 3, e tratt. IV, cap. 7, ove espone questa dottrina conforme a'principii aristotelici.

quello che noi intendemo, quando dicemo, degna essere quella cosa, che ha dignità, sì come è nobile quello che ha nobiltà; e così conosciuto lo abituante, si conosce lo abituato, in quanto abituato di questo: però conosciuta la dignità, conosceremo ancora il degno. È adunque la dignità un effetto, ovvero termine dei meriti; perciò che quando uno ha meritato bene, dicemo essere pervenuto alla dignità del bene; e quando ha meritato male, a quella del male; così quello che ha ben combattuto, è pervenuto alla dignità della vittoria, e quello che ha ben governato, a quella del regno; e così il bugiardo alla dignità della vergogna, ed il ladrone a quella della morte. Ma conciò sia che in quelli, che meritano bene, si facciano comparazioni, e così negli altri, perchè alcuni meritano bene, altri meglio, altri ottimamente, ed alcuni meritano male, altri peggio, altri pessimamente; e conciò ancora sia, che tali comparazioni non si facciano, se non avendo rispetto al termine dei meriti, il qual termine (come è detto) si dimanda dignità; manifesta cosa è, che parimente le dignità hanno comparazione tra se, secondo il più ed il meno; cioè che alcune sono grandi, altre maggiori, altre grandissime; e conseguentemente alcuna cosa è degna, altra più degna, altra degnissima. E conciò sia che la comparazione delle dignità non si faccia circa il medesimo obietto, ma circa diversi, perchè dicemo più degno quello, che è degno di una cosa più grande, e degnissimo quello, che è degno d'una altra cosa grandissima, perciò che niuno può essere di una stessa cosa più degno; manifesto è che le cose ottime (secondo che porta il devere) sono delle ottime degne. Laonde essendo questo Volgare (che dicemo illustre) ottimo sopra tutti gli altri Volgari, conseguente cosa è, che solamente le ottime materie siano degne di essere trattate in esso: ma quali si siano poi quelle materie, che chiamiamo degnissime, è buono al presente investigare. Per chiarezza delle quali cose è da sapere, che si come nell' uomo sono tre anime, cioè lá vegetabile, la animale e la razionale, così esso per tre sentieri cammina; perciò che secondo

DANTE.

2.

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