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sangue il fio di cotanta arditezza. Questa ragione a chi non avesse vedute le opere dell' Alighieri, nè conoscesse la storia del di lui secolo, potrebbe sembrare sodisfacente ma qual è quegli, il quale, iniziato per alcun poco nella nostra letteratura, non sappia che Dante, fiero ed indomito per carattere, compiacendosi ne' patimenti siccome prove a dimostrar sua fortezza, e ne' propri difetti siccome inevitabili seguaci a virtù tutte lontane dalle battute vie, non avea ritegno ad urtare uomini ed opinioni? Alcune delle sue Canzoni, varie delle sue Epistole, molti passi del Convito ed il Trattato della Monarchia non racchiudono forse alti, arditi e liberi sensi? Ma che dico? la Divina Commedia stessa, il capolavoro di Dante, è forse meno l'opera di una immensa dottrina che di una bile generosa? In questo poema particolarmente egli prende occasione di esalare tutta l'amarezza d' un cuore esulcerato. Il suo risentimento vi comparisce senza alcun velo; tutto ciò che l'ignoranza e la barbarie, gli odii civili e l'ambizione, l'ostinata rivalità del trono e dell' altare, una politica falsa e sanguinaria ebbero mai d'odioso e di detestabile, tutto entra nel piano che il poeta si propose. Il colorito e la tinta di questi differenti oggetti è sempre proporzionato alla loro nerezza, ed il pennello di Dante non comparisce mai tanto sublime, quanto allorchè tratteggia fieramente quegli orrori. Quale scrittore pertanto, o fra gli antichi o fra i moderni, svelando le turpitudini di tanta gente del suo secolo, ha osato senza alcun velame d'allegoria, e senza ricorrere ad un arcano linguaggio, parlar più forte e più libero di Dante? Per fare che i buoni imparassero a sperare (dice uno scrittore della vita di lui), e i tristi a temere, presentò loro un libro, ogni pagina del quale ha impressa in fronte questa sentenza: Discite justitiam moniti et non temnere Divos. Nell' eseguire sì ardito disegno si determinò a parlar liberamente de' suoi contemporanei, e massime de' potenti, cagione delle comuni calamità; e ne assegna per ragione quella stessa per cui la tragedia si versa sempre sulle vicissitudini di uomini illustri, dal che vien detta tragedia reale; vale a dire perchè gli esempi tratti da gente ignota sono meno istruttivi di quelli che si desumono da cognitissimi personaggi: onde non timido amico del vero, e rimossa da se ogni menzogna, fe' come il vento che le più alte

cime più percuote. Molti de' suoi contemporanei e conoscenti, di soverchio timidi e circospetti, lo tacciavano d'imprudente, e lo consigliavano a raffrenarsi; ma ei gl' incolpava di pigri e di vili, e fe' dirsi dalla filosofia (Purg., V, 13):

«Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
Sta', come torre, fermo, che non crolla
Giammai la cima per soffiar di venti. >>

E in tutto il suo misterioso corso non dimenticò mai quel precetto di Polibio, che gli dicea: Nè dal riprendere l'amico, nè da lodare l'avversario ti resterai quando verità te lo imponga. Or sa egli il lettore chi sia mai il biografo che così scrive di Dante? È quell' istesso Rossetti, che poco innanzi ce lo ha dipinto timido e meticuloso sì come una femmina.

Se questo moderno interpetre è spesso e gravemente caduto in contradizione con se medesimo, non ha meno dato nel falso, quando, per tirar le sentenze al proprio sistema, s'è posto a interpetrare questo e quel luogo, e a definire quel tale o quel tal altro vocabolo. Colla parola settaria Salute, la quale oggi ha più spesso il significato di salvezza, venne, secondo il Rossetti, 2 chiamato l'imperatore ancora da Dante, e ne cita gli esempi seguenti: Foi, i quali oppressi piangete, sollevate l'animo, imperocchè presso è la vostra Salute (Lettera alla venuta di Arrigo). E quando questa gentilissima Salute salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse obumbrare a me la intollerabile beatitudine ec. (Vita Nuova). — Quando la mia Donna appariva da parte alcuna, per la speranza dell' ammirabile Salute, nullo nimico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di carità, la quale mi facea perdonare a chiunque m' avesse offeso (Ivi). Sicchè appare manifestamente che nella sua Salute abitava la mia beatitudine (Ivi): << Piacciavi di mandar vostra salute

Dunque vostra salute omai si muova. »

Canz. I, st. 1 e 5.

Ma io rispondo dicendo, che questo vocabolo nel primo esempio ha

Vila di Dante, pag. XXXIII.

Vedi fra gli altri luoghi la pag. 374 del vol. II.

indubbiamente il significato di salvezza; nel secondo è lezione errata, e dee leggersi gentilissima Donna, come leggono più testi; negli altri quattro dipoi ha quello di saluto, salutazione, come s' incontra di frequente negli antichi scrittori, e come appare ancor dagli esempi seguenti: A' perfidi e crudeli dell'Isola di Cicilia, Martino papa quarto quella salute, della quale degni sete (Giovanni Villani, lib. LXVI, 2). — Per questo quella salute, che per me desidero, ti mando (Bocc., Filoc., III, 196). Ch' appena gli potei render saQuando per gentil atto di salute ver bella

lute (Petr., cap. 2).

donna levo gli occhi alquanto. (Cino, Canz. XVI).

Nel Sonetto che incomincia Nelle man vostre, o dolce donna mia, che il Rossetti sull'asserzione d'alcuni editori suppone di Dante, e che veramente è di Cino, si rinviene l'espressione La morte che non ho servita. Questa frase è, secondo lui, ghibellina e settaria, ed equivale a quest'altra: Il Guelfismo, che non mi ha avuto a seguace, o sivvero a cui non ho prestato servigio. Ma del verbo servire nel significato di meritare s'incontrano diecine e centinaia d'esempi nei nostri antichi scrittori di prose, non che di versi; ed eccone alcuni: I nostri sudditi, che, contro a noi hanno servita morte, domandan patti (Giovanni Villani, lib. LXVII, 4). menate voi a impendere questo cavaliere? ed elli risposero:-perocchè egli ha bene morte servita (Nov. ant., LX, 3).

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Perchè

Avendo dal

Comune di Fiorenza le paghe che avea servite (Matt. Villani, XI, 18).

--

Non ti voglion rendere il trionfo, che tu hai servito nelle lontane battaglie (Tav. Dicer.). Poich' egli è adunque evidente che quelle semplici e nude parole non altro suonano se non La morte che non ho meritata, il settario della frase non esiste che nella fantasia del sistematico interpetre.

Crucciose invettive contro cotesta Morte, vale a dire contro il molti degli antichi

Guelfismo, s'incontrano, dice il Rossetti,

in

poeti; e delle varie di Dante c'invita a veder quella della Vita

Nuova, di cui ecco il principio:

<< Morte villana, di pietà nemica,

Di dolor madre antica, ec. »>

1 Vol. II, pag. 377.

cime più percuote. Molti de' suoi contemporanei e conoscenti, di soverchio timidi e circospetti, lo tacciavano d'imprudente, e lo consigliavano a raffrenarsi; ma ei gl' incolpava di pigri e di vili, e fe' dirsi dalla filosofia (Purg., V, 13):

<< Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
Sta', come torre, fermo, che non crolla
Giammai la cima per soffiar di venti. »

E in tutto il suo misterioso corso non dimenticò mai quel precetto di Polibio, che gli dicea: Nè dal riprendere l'amico, nè da lodare l'avversario ti resterai quando verità te lo imponga. Or sa egli il lettore chi sia mai il biografo che così scrive di Dante? È quell' istesso Rossetti, che poco innanzi ce lo ha dipinto timido e meticuloso sì come una femmina.

Se questo moderno interpetre è spesso e gravemente caduto in contradizione con se medesimo, non ha meno dato nel falso, quando, per tirar le sentenze al proprio sistema, s'è posto a interpetrare questo e quel luogo, e a definire quel tale o quel tal altro vocabolo. Colla parola settaria Salute, la quale oggi ha più spesso il significato di salvezza, venne, secondo il Rossetti, 2 chiamato l'imperatore ancora da Dante, e ne cita gli esempi seguenti: Voi, i quali oppressi piangete, sollevate l'animo, imperocchè presso è la vostra Salute (Lettera alla venuta di Arrigo). E quando questa gentilissima Salute salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse obumbrare a me la intollerabile beatitudine ec. (Vita Nuova). Quando la mia Donna appariva da parte alcuna, per la speranza dell' ammirabile Salute, nullo nimico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di carità, la quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso (Ivi). Sicchè appare manifestamente che nella sua Salute abitava la mia beatitudine (Ivi): « Piacciavi di mandar vostra salute

Dunque vostra salute omai si muova. >>

Canz. I, st. 1 e 5.

Ma io rispondo dicendo, che questo vocabolo nel primo esempio ha

Vila di Dante, pag. XXXIII.

Vedi fra gli altri luoghi la pag. 374 del vol. II.

indubbiamente il significato di salvezza; nel secondo è lezione errata, e dee leggersi gentilissima Donna, come leggono più testi; negli altri quattro dipoi ha quello di saluto, salutazione, come s' incontra di frequente negli antichi scrittori, e come appare ancor dagli esempi seguenti: A' perfidi e crudeli dell'Isola di Cicilia, Martino papa quarto quella salute, della quale degni sete (Giovanni Villani, lib. LXVI, 2). ·Per questo quella salute, che per me desidero, ti mando (Bocc., Filoc., III, 196). Ch' appena gli potei render salute (Petr., cap. 2). Quando per gentil atto di salute ver bella donna levo gli occhi alquanto. (Cino, Canz. XVI).

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Nel Sonetto che incomincia Nelle man vostre, o dolce donna mia, che il Rossetti sull'asserzione d'alcuni editori suppone di Dante, e che veramente è di Cino, si rinviene l'espressione La morte che non ho servita. Questa frase è, secondo lui, ghibellina e settaria, ed equivale a quest' altra: Il Guelfismo, che non mi ha avuto a seguace, o sivvero a cui non ho prestato servigio. Ma del verbo servire nel significato di meritare s'incontrano diecine e centinaia d'esempi nei nostri antichi scrittori di prose, non che di versi; ed eccone alcuni : I nostri sudditi, che, contro a noi hanno servita morte, domandan patti (Giovanni Villani, lib. LXVII, 4). — Perchè menate voi a impendere questo cavaliere? ed elli risposero :-perocchè egli ha bene morte servita (Nov. ant., LX, 3). — Avendo dal Comune di Fiorenza le paghe che avea servite (Matt. Villani, XI, 18). Non ti voglion rendere il trionfo, che tu hai servito nelle lontane battaglie (Tav. Dicer.). Poich' egli è adunque evidente che quelle semplici e nude parole non altro suonano se non La morte che non ho meritata, il settario della frase non esiste che nella fantasia del sistematico interpetre.

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Crucciose invettive contro cotesta Morte, vale a dire contro il Guelfismo, s'incontrano, dice il Rossetti, in molti degli antichi poeti; e delle varie di Dante c'invita a veder quella della Vita Nuova, di cui ecco il principio:

<< Morte villana, di pietà nemica,

Di dolor madre antica, ec. >>

1 Vol. II, pag. 377.

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