Sayfadaki görseller
PDF
ePub

dare il secolo suo, nella Bucolica disse: Ora torna la Vergine, ora tornano i regni di Saturno. Chiamavasi la Vergine la Giustizia, la quale chiamavano ancora Astrea, cioè stellante. I regni di Saturno chiamavansi i regni ottimi, i quali chiamavano ancora i regni d'oro. E la giustizia è potentissima solo sotto uno Monarca. Adunque alla ottima disposizione del mondo necessaria è la Monarchia. E da notare che la giustizia in sè, e in propria natura considerata, è una certa rettitudine e regola, che da ogni parte scaccia il torto; e così non riceve in sè più e meno, siccome la bianchezza nella sua astrazione considerata, perchè queste forme avvengono al composto, e di sè sono una essenzia semplice e invariabile, come dice il maestro de' sei principii. Niente di meno ricevono più e meno dalla parte de' suggetti, secondo che più e meno de' contrarii in que' suggetti è mescolato. Adunque dove minima cosa di contrarietà si mescola con la giustizia, quanto allo abito e quanto alla operazione, la giustizia è potentissima: e puossi allora dire di lei come disse Aristotele: Nė Espero né Lucifero è si ammirabile. Imperocchè ella è allora simile alla luna, che risguarda il fratello suo per diametro dalla purpurea e mattutina serenità. In quanto allo abito, la giustizia alcuna volta ha contrarietà nel volere ; imperò ove la volontà da ogni cupidità non è sincera, benchè la giustizia vi sia, niente di meno la giustizia non è nello splendore della purità sua ; imperocchè ella ha il suggetto il quale a lei si contrappone. E però meritamente sono scacciati quelli che riducono il giudice a perturbazione d'animo. Ma quanto alla operazione, la giustizia ha contrarietà nel potere; imperocchè essendo la giustizia virtù a rispetto d'altri, chi sarà che adoperi secondo questa, se non ha polenzia di tribuire a ciascuno quello che gli si conviene? Di qui procede che quanto il giusto è più potente, tanto la giustizia nella operazione sua è più ampla; e di qui in questo modo s' arguisce: La giustizia è potentissima nel mondo, quando ella è in

potentissimo subjecto inest: Hujusmodi solus Monarcha est: Ergo soli Monarchæ insistens justitia, in mundo potissima est. Iste prosyllogismus currit per secundam figuram, cum negatione intrinseca; et est similis huic: Omne B est A, solum C est A; ergo solum C est B. Quod est : Omne B est A, nullum præter C est A; ergo nullum præter C est B, etc. Prima propositio declaratione præcedente apparet; alia sic ostenditur, et primum quantum ad velle, deinde quantum ad posse. Ad evidentiam primi notandum, quod justitiæ maxime contrariatur cupiditas, ut innuit Aristoteles in quinto ad Nicomachum. Remota cupiditate omnino, nihil justitiæ restat adversum; unde sententia Philosophi est, ut quæ lege determinari possunt, nullo modo judici relinquantur. Et hoc metu cupiditatis fieri oportet, de facili mentes hominum detorquentis. Ubi ergo non est quod possit optari, impossibile est ibi cupiditatem esse: destructis enim objectis, passiones esse non possunt. Sed Monarcha non habet quod possit optare: sua namque jurisdictio terminatur oceano solum ; quod non contingit Principibus aliis, quorum principatus ad alios terminantur; ut puta Regis Castellæ, ad illum qui Regis Aragonum. Ex quo sequitur, quod Monarcha sincerissimum inter mortales justitiæ possit esse subjectum. Præterea, quemadmodum cupiditas habitualem justitiam quodammodo, quantumcumque pauca, obnubilat : sic charitas, seu recta dilectio, illam acuit atque dilucidat. Cui ergo maxime recta dilectio inesse potest, potissimum locum in illo potest habere justitia Hujusmodi est Monarcha Ergo eo existente, justitia potissima est, vel esse potest. Quod autem recta dilectio faciat quod dictum est, hinc haberi potest. Cupiditas namque, societate hominum spreta, quærit aliena; charitas vero, spretis aliis omnibus, quærit Deum et hominem, et per consequens bonum hominis. Cumque inter alia bona hominis potissimum sit in pace vivere (ut supra dicebatur), et hoc operetur maxime atque potissime justitia charitas maxime justitiam vigorabit, et potior potius. Et quod Monarchæ maxime hominum recta dilectio

uno suggetto volentissimo e potentissimo; E tale è solo il Monarca: Adunque solo quando ella è nel Monarca, la giustizia nel mondo è potentissima. Questo argumento corre per la seconda figura con la negazione intrinseca; ed è simile a questo: Ogni B è A, solo il C è A; adunque solo il C è B. E questo è quasi così: Ogni B è A, nessuno altro che il C è A; adunque nessun altro che il C è B. La prima proposizione apparisce per la dichiarazione sua; l'altra cosi si dimostra, e primo quanto al volere, dipoi quanto al potere. E sappiasi che alla giustizia massime si contrappone la cupidità, come dice Aristotele nel quinto a Nicomaco. Rimossa in tutto la cupidità, non resta alla giustizia alcun contrario; onde è sentenzia d' Aristotele: che quello che si può determinare per legge non si lasci allo arbitrio del giudice; e questo si fa per sospetto della cupidità, che facilmente travia la mente degli uomini. Ma dove non resta alcuna cosa che si possa desiderare, ivi non può essere cupidità; perchè distrutti gli oggetti, si distruggono i movimenti che sono ad essi. Ma il Monarca non ha che desiderare; imperocchè la sua giurisdizione dallo oceano è terminata; lo che non è negli altri principi, le signorie de' quali confinano al altre signorie, come il regno di Castiglia al regno d'Aragona. Per questo il Monarca intra tutti i mortali può essere sincerissimo suggetto della giustizia. Ancora come la cupidità, per poca ch'ella sia, o nubila o abbaglia l'abito della giustizia; così la carità o retta dilezione l'assottiglia e chiarifica. Adunque in colui può ottimo luogo avere la giustizia, nel quale può essere molta la retta dilezione, ed il Monarca è tale. Adunque, essendo lui, la giustizia è o può essere validissima. E che la retta dilezione faccia questo che è detto, così si dichiara: la cupidità, dispregiando la società umana, cerca altre cose; e la carità, spregiate tutte l'altre cose, cerca Iddio e gli uomini, e per conseguenza il bene degli uomini. E conciò sia che tra gli altri beni dello uomo sia il vivere in pace, come di sopra si diceva, e questo massime dalla giustizia proceda; la carità massime fortificherà la giustizia, e la maggiore carità maggiormente. E che il Monarca massime debba avere la retta dilezione degli uo

inesse debeat, patet sic. Omne diligibile tanto magis diligitur, quanto propinquius est diligenti. Sed homines propinquius Monarchæ sunt, quam aliis principibus: Ergo ab eo maxime diliguntur, vel diligi debent. Prima manifesta est, si natura passivorum et activorum consideretur. Secunda per hoc apparet, quia principibus aliis homines non appropinquant nisi in parte, Monarchæ vero secundum totum. Et rursus homines principibus aliis appropinquant per Monarcham, et non e converso; et sic per prius et immediate Monarchæ inest cura de omnibus; aliis autem principibus per Monarcham, eo quod cura ipsorum a cura illa suprema descendit. Præterea, quanto causa est utilior, tanto magis habet rationem causæ : quia inferior non est causa, nisi per superiorem, ut patet ex iis quæ de Causis. Et quanto causa magis est causa, tanto magis effectum diligit, cum dilectio talis sequatur causam per se. Cum ergo Monarcha sit utilissima causa inter mortales, ut homines bene vivant, quia Principes alii per illum, ut dictum est; consequens est, quod bonum hominum ab eo maxime diligatur. Quod autem Monarcha potissime se habeat ad operationem justitiæ, quis dubitat? nisi qui vocem hanc non intelligit, cum si Monarcha est, hostes habere non possit. Satis igitur declarata est subassumpta principalis, quia conclusio certa est scilicet quod ad optimam mundi dispositionem necesse est Monarchiam esse. 1

§ XIV. Et humanum genus, potissimum liberum, optime se habet. Hoc erit manifestum, si principium pateat libertatis. Propter quod sciendum, quod principium primum nostræ libertatis, est libertas arbitrii, quam multi babent in ore, in intellectu vero pauci. Veniunt namque usque ad hoc,

Coi concetti espressi in questo paragrafo, concorda ciò che Dante disse nel Convito, IV, 4: Il perchè a queste guerre e loro cagioni lorre via, conviene di necessità tulla la terra esser Monarchia, cioè uno solo principato e uno principe avere, il quale, tutto possedendo, e più deside

rare non possendo, li Re tenga contenti nelli termini delli regni, sicchè pace intra loro sia, nella quale si posino le cittadi, e in questa posa le vicinanze s' amino, in questo amore le case prendano ogni loro bisogno; il quale preso, l'uomo viva felicemente: ch'è quello per che l' uomo è nato.

mini, così si dimostra: Ogni cosa amabile tanto più è amata, quanto è più propinqua allo amante. Ma gli uomini sono più propinqui al Monarca che agli altri principi: adunque da lui massime sono o debbono essere amati. La prima è manifesta se si considera la natura de' pazienti e degli agenti; la seconda per questo apparisce, perchè gli uomini non s'appropinquano agli altri principi che in parte, al Monarca poi in tutto. Ed ancora : gli uomini s' appropinquano agli altri principi, mediante il Monarca, e non per contrario; e così principalmente e sanza mezzo il Monarca ha cura di tutti, e gli altri principi hanno cura pel Monarca, per ciò che la cura loro da quella suprema cura discende. Inoltre: Quanto la cagione è più universale, tanto più ha forza di cagione, perché la inferiore cagione non è cagione se non per virtù della superiore, come è manifesto nel libro delle Cause; e quanto la cagione è più cagione, tanto più ama lo effetto, conciò sia che tale dilezione dalla natura della cagione dipende: Adunque perchè il Monarca è intra i mortali universalissima cagione che gli uomini vivano bene, facendo gli altri principi questo per vigore di lui, seguita che il bene degli uomini è massime da lui amato. E che il Monarca massime sia disposto all'operazione della giustizia, nessuno dubita, intendendo che s' egli è Monarca non può avere nimici. Abbastanza adunque è dichiarato l'assunto principale, perciocchè la certa conclusione si è questa: che, cioè, all' ottima disposizione del Mondo è necessario essere la Monarchia.

§ XIV. Così l'umana generazione, quando è massime libera, otlimamente vive; e questo sarà manifesto se il principio della libertà si dichiara. Però è da sapere che il principio primo della libertà nostra è la libertà dello arbitrio, la quale in bocca l'hanno molti, e pochi nello intelletto; perchè insino qui e' pervengono,

« ÖncekiDevam »