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gnore, laverai tu a me i piedi ? e disotto dice: Non mi laverai i piedi in eterno. Dice ancora, avere egli percosso col coltello il servo del ministro ; ed in questo tutti e quattro s' accordano. Dice ancora Giovanni, essere egli1 entrato subito, quando venne nel monumento, veggendo l'altro discepolo che stava fermo all'uscio. Aggiugne ancora, che stando Gesù dopo la resurrezione nel lito, ed udendo Pietro che egli era il Signore, si mise la veste, (essendo prima ignudo) ed entrò in mare. Finalmente dice, che quando Pietro vide Giovanni, disse a Gesù: Costui che va facendo? E mi giova certamente tali cose del nostro pastore, in laude della sua purità, avere narrate; nelle quali apertamente si conosce, che quando parlava de' due coltelli, con semplice intenzione a Cristo rispondeva. Ed ancora se le parole di Cristo e Pietro s' hanno in figura ad intendere, non si debbono pur non ́ostante tirare a quel senso che costoro dicono, ma al senso di quel coltello, del quale Matteo così scrive: Non vi pensate ch'io sia venuto a mettere in terra pace, ma il coltello. Io sono venuto a separare l'uomo dal padre suo etc. La quale cosa si fa in opere ed in parole. E però diceva Luca a Teofilo: Le cose che cominciò Cristo a fare, ed a insegnare. Cristo comandava comperare tal coltello: il quale essere quivi doppio, ancora Piero rispondeva. Imperocchè egli erano apparecchiati alle parole ed all'opere, per le quali farebbono quello che Cristo diceva, cioè sè essere venuto a fare mediante il coltello, come detto abbiamo.

§ X. Dicono ancora alcuni, che Costantino, essendo mondato della lebbra per la intercessione di Silvestro allora Pontefice, donò la sedia dello Imperio, cioè Roma, alla Chiesa, con molte altre dignità dell' Imperio. Donde arguiscono che quelle dignità dipoi nessuno può ricevere, se non le riceve dalla Chiesa, della quale elle sono, secondo che loro dicono. E di questo bene seguiterebbe, come vogliono, l' una autorità dall' altra dipendere. Posti e soluti gli argomenti, i quali parevano fondati ne' divini ser

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divinis eloquiis habere videbantur; restant nunc illa ponenda et solvenda, quæ in gestis romanis et ratione humana radicantur. Ex quibus primum est, quod præmittitur, quod sic syllogizant. Ea quæ sunt Ecclesiæ, nemo de jure habere potest, nisi ab Ecclesia: et hoc conceditur; Romanum regimen est Ecclesiæ: Ergo ipsum nemo habere potest de jure, nisi ab Ecclesia. Et minorem probant per ea, quæ de Constantino superius tacta sunt. Hanc ergo minorem interimo; et cum probant, dico quod sua probatio nulla est: quia Constantinus alienare non poterat Imperii dignitatem, nec Ecclesia recipere. Et cum pertinaciter istent, quod dico sic ostendi potest. Nemini licet ea facere per officium sibi deputatur, quæ sunt contra illud officium: quia sic idem, in quantum idem, esset contrarium sibi ipsi; quod est impossibile. Sed contra officium deputatum Imperatori est scindere Imperium: cum officium ejus sit, humanum genus uni velle et uni nolle tenere subjectum, ut in primo hujus facile videri potest. Ergo scindere Imperium Imperatori non licet. Si ergo aliquæ dignitates per Constantinum essent alienatæ (ut dicunt) ab Imperio, et cessissent in potestatem Ecclesiæ, scissa esset tunica inconsutilis, quam scindere ausi non sunt qui Christum verum Deum lancea perforarunt. Præterea, sicut Ecclesia suum habet fundamentum, sic etiam Imperium suum; nam Ecclesiæ fundamentum Christus est; unde Apostolus ad Corinthios: Fundamentum aliud nemo potest ponere, præler id quod positum est, qui est Christus Jesus. Ipse est petra, super quam edificata est Ecclesia. Imperii vero fundamentum, jus humanum est. Modo dico, quod sicut Ecclesiæ fundamento suo contrariari non licet, sed debet semper inniti super illud, juxta illud Canticorum : Quæ est ista quæ ascendit de deserto, delitiis affluens, innixa super dilectum? sic et Imperio licitum non est contra jus humanum aliquid facere. Sed contra jus humanum esset, si seipsum Imperium destrueret; ergo Imperio seipsum destruere non licet. Cum ergo scindere Imperium esset de

moni, resta porre e solvere quelli che si fondano nelle cose fatte da' Romani, e nella umana ragione; de' quali primo è quello che così da costoro si propone: quelle cose che sono della Chiesa, nessuno può di ragione avere se non dalla Chiesa e questo si concede. Il romano reggimento è della Chiesa; adunque non lo può nessuno di ragione avere se non dalla Chiesa. E provano la minore per quelle cose che di Costantino di sopra sono dette. Questa minore io dunque niego loro; e quando ei la provano, dico che nulla pruovano, perchè Costantino non poteva alienare l' Imperio, e la Chiesa non lo poteva ricevere. E quando eglino si contrappongono pertinacemente, quello che dico così si può mostrare. A nessuno è lecito fare quelle cose, per l'officio a se deputato, le quali sono contro a esso officio; imperocchè così una cosa medesima, in quanto è essa medesima, a se stessa sarebbe contraria, e questo è impossibile. Ma contro all' officio dell' Imperatore è dividere l'Impero; essendochè l'officio suo sia ad uno volere e ad uno nonvolere tenere l'umana generazione soggiogata, come nel primo libro dimostrammo: e però non è lecito allo Imperadore dividere l'Imperio. Se adunque per Costantino fussino alcune dignità alienate dallo Imperio, come eglino dicono, e fussino nella potestà della Chiesa pervenute, sarebbesi divisa la veste inconsutile, cioè non cucita; la quale non ebbero ardire dividere coloro i quali vulnerarono Cristo, vero Iddio, con la lancia. Oltre a questo, come la Chiesa ha il fondamento suo, così ancora l'Imperio ha il suo; perocchè il fondamento della Chiesa è Cristo; onde lo Apostolo a' Corintii cosi parla: Nessuno può porre altro fondamento oltre a quello che è posto, e questo è Cristo Gesù egli è la pietra sopra la quale è la Chiesa fondata ; ma il fondamento dello Imperio è la umana ragione. Dico ora, che come alla Chiesa non è lecito fare contro al suo fondamento; ma sempre debbe sopra esso attenersi secondo la cantica: Chi è costei che sale del deserto, abbondante di delizie, che s' appoggia sopra al suo diletto? cosi allo Imperio non è lecito fare alcuna cosa contro alla umana ragione. Ma sarebbe contro alla umana ragione, se lo Imperio se medesimo dissipasse: adunque allo Imperio non è lecito se medesimo dissipare. E perchè

struere ipsum, consistente Imperio in unitate Monarchiæ universalis; manifestum est, quod Imperii auctoritate fungenti scindere imperium non licet. Quod autem destruere Imperium sit contra jus humanum, ex superioribus est manifestum. Præterea omnis jurisdictio prior est suo judice : judex enim ad jurisdictionem ordinatur, et non e converso. Sed Imperium est jurisdictio, omnem temporalem jurisdictionem ambitu suo comprehendens: ergo ipsa est prior suo judice, qui est Imperator: quia ad ipsam Imperator est ordinatus, et non e converso. Ex quo patet, quod Imperator ipsam permutare non potest, in quantum Imperator, cum ab ea recipiat esse quod est. Modo dico sic: Aut ille Imperator erat, cum dicitur Ecclesiæ contulisse, aut non : et si non, planum est quod nihil poterat de imperio conferre. Si sic, cum talis collatio esset minoratio jurisdictionis, in quantum Imperator hoc facere non poterat. Amplius, si unus imperator aliquam particulam ab Imperii jurisdictione discindere posset, eadem ratione et alius. Et cum jurisdictio temporalis finita sit, et omne finitum per finitas decisiones absumatur; sequeretur, quod jurisdictio prima posset annihilari quod est irrationabile. Adhuc, cum conferens habeat se per modum agentis, et cui confertur, per modum patientis, ut placet Philosopho in quarto ad Nicomachum, non solum ad collationem esse licitam requiritur dispositio conferentis, sed etiam ejus cui confertur. Videtur enim in patiente et disposito actus activorum inesse: sed Ecclesia omnino indisposita erat ad temporalia recipienda, per præceptum prohibitivum expressum, ut habemus per Matthæum sic: Nolite possidere aurum, neque argentum, neque pecuniam in zonis vestris, non peram in via, etc. Nam etsi per Lucam habemus relaxationem præcepti, quantum ad quædam; ad possessionem tamen auri et argenti, licentiatam Ecclesiam post prohibitionem illam invenire non potui. Quare si Ec

dividere l' Imperio sarebbe distruggere esso Imperio, conciossiache lo Imperio consiste nella unità della universale Monarchia; è manifesto che non è lecito allo Imperadore dividere l' Imperio. E che sia contro alla ragione umana dissipare l' Imperio, di sopra è manifesto. Ancora ogni giurisdizione è più antica che il giudice suo; imperocchè il giudice è ordinato a essa giurisdizione, e non per contrario. Ma l' Imperio è giurisdizione, che nell'amplitudine sua ogni temporale giurisdizione comprende: adunque ella è prima che lo Imperadore sia giudice; perciocchè lo Imperadore a fine d' essa è ordinato, e non è essa a fine di lui. Di qui è manifesto, che lo Imperadore non la può permutare in quanto egli è Imperadore, conciossiachè egli riceva da lei quello essere, che egli è. Ora dico così: o quegli era Imperadore quando e' dicono che conferi alla Chiesa, o no. E se no, è chiaro che non poteva conferire cosa alcuna dell' Imperio. E se era, conciossiachè tale collazione era diminuzione di giurisdizione Imperiale, in quanto era Imperadore fare non lo poteva. Ancora, se lo Imperadore potesse separare alcuna particula dalla giurisdizione imperiale, per la ragione medesima lo potrebbe l'altro similmente fare. E conciossiachè la giurisdizione temporale sia finita, e ogni cosa finita per finite divisioni si consumi; seguiterebbe che la giurisdizione prima annichilare si potrebbe e questo non è di ragione. Ancora, perchè chi conferisce ha natura d'agente, e colui a cui è conferito, l'ha di paziente, come dice Aristotele nell'Etica; a volere che sia lecito il conferire, non si richiede solamente la disposizione di colui che conferisce, ma ancora di colui a cui è conferito. Perchè pare che le operazioni degli agenti sieno nei paziente disposto : ma la Chiesa in nessun modo era disposta a ricevere cose temporali per il precetto che espressamente lo vieta, come abbiamo da Matteo: Non vogliate possedere oro né argento nelle vostre cinture, nè pecunia, è non portate la tasca per la via, etc. E benchè per Luca abbiamo alquanta larghezza, non tanto circa questo precetto, quanto ad alcune cose, nientedimeno quanto alla possessione dell' oro ed argento, non ho potuto trovare licenzia data alla Chiesa dopo la proibizione predetta. Per la qual cosa, se la Chiesa non poteva

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