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ch'egli è incorruttibile. Adunque l'ineffabil providenza di Dio propose all'uomo due fini: l'uno la beatitudine di questa vita, che consiste nelle operazioni della propria virtù, e pel terrestre paradiso si figura; l'altra la beatitudine di vita eterna, la quale consiste nella fruizione dello aspetto divino, alla quale la propria virtù non può salire se non è dal divino lume aiutata, e questa pel Paradiso celestiale s'intende. A queste due beatitudini, come a diverse conclusioni, bisogna per diversi mezzi venire. Imperocchè alla prima noi pervegnamo per gli ammaestramenti filosofici, pure che quegli seguitiamo, secondo le virtù morali ed intellettuali operando. Alla seconda poi per gli ammaestramenti spirituali che trascendono l' umana ragione, purchè quegli seguitiamo, operando secondo le virtù teologiche, Fede, Speranza e Carità. Adunque queste due conclusioni e mezzi, benchè ci sieno mostre, l' una dalla umana ragione, la quale pe' filosofi c' è manifesta, l'altra dal Santo Spirito, il quale pe' profeti e sacri scrittori, per l'eterno Figliuolo di Dio GESÙ CRISTO, e pe' suoi discepoli, le verità soprannaturali, e le cose a noi necessarie ci rivelò; nientedimeno la umana cupidità le posporrebbe, se gli uomini come cavalli, nella loro bestialità vagabondi, con freno non fussino rattenuti. Onde e' fu di bisogno all' uomo di due direzioni secondo i due fini, cioè del Sommo Pontefice, il quale secondo le rivelazioni dirizzasse la umana generazione alla felicità spirituale, e dello Imperadore, il quale secondo gli ammaestramenti filosofici alla temporale felicità dirizzasse gli uomini. Ed essendo che a questo porto nessuni o pochi e difficilmente potrebbono pervenire, se la generazione umana sedate e quietate l'onde della cupidità non si riposasse libera nella tranquillità della pace; questo è quel segno al quale massime debbe risguardare l'Imperadore della terra, Principe romano, acciocchè in

areola mortalium libere cum pace vivatur. Cumque dispositio mundi hujus dispositionem inhærentem cælorum circumlationi sequatur, necesse est ad hoc, ut utilia documenta libertatis et pacis commode locis et temporibus applicentur, ista dispensari ab illo Curatore, qui totalem cœlorum dispositionem præsentialiter intuetur. Hic autem est solus ille, qui hanc præordinavit, ut per ipsam providens, suis ordinibus quæque connecteret. Quod si ita est, solus eligit Deus, solus ipse confirmat, cum superiorem non habeat. Ex quo haberi potest ulterius, quod nec isti qui nunc, nec alii cujuscumque modi dicti sunt Electores, sic dicendi sunt; quin potius denunciatores divinæ providentiæ sunt habendi. Unde fit, quod aliquando patiantur, dissidium, quibus denunciandi dignitas est indulta: vel quia omnes, vel quia quidam eorum, nebula cupiditatis obtenebrati, divinæ dispensationis faciem non discernunt. Sic ergo patet, quod auctoritas temporalis Monarchæ, sine ullo medio, in ipsum de fonte universalis auctoritatis descendit. Qui quidem fons in arce suæ simplicitatis unitus, in multiplices alveos influit, ex abundantia bonitatis divinæ. Et jam satis videor metam attigisse propositam. Enucleata namque veritas est quæstionis illius, qua quærebatur, utrum ad bene esse mundi necessarium esset Monarchiæ officium; ac illius, qua quærebatur, an Romanus populus de jure Imperium sibi adsciverit; nec non illius ultimæ, qua quærebatur, an Monarchæ auctoritas a Deo, vel ab alio dependeret immediate. Quæ quidem veritas ultimæ quæstionis non sic stricte recipienda est, ut Romanus Princeps in aliquo Romano Pontifici non subjaceat: cum mortalis ista felicitas quodammodo ad immortalem felicitatem ordinetur. Illa igitur reverentia Cæsar utatur ad Petrum, qua primogenitus filius debet uti ad patrem ut luce paternæ gratiæ illustratus, virtuosius orbem terræ irradiet. Cui ab Illo solo præfectus est, qui est omnium spiritualium et temporalium gubernator.

questa abitazione mortale liberamente in pace si viva. E perchè la disposizione di questo mondo seguita la disposizione delle celesti sfere, è necessario a questo, affinchè gli universali ammaestramenti della pacifica libertà comodamente a'luoghi ed a' tempi s' adattino, che questo terreno Imperadore sia da Colui spirato, il quale presenzialmente vede tutta la disposizione de' cieli. Questi è solo Colui che ordinò questa disposizione, acciocchè egli per mezzo di essa provedendo, tutte le cose a' suoi ordini collegasse. E se egli è così, solo Iddio elegge, solo Iddio conferma, non avendo egli superiore. Onde ancora vedere si può, che nè questi che ora si dicono, nè altri che mai si sieno detti Elettori, così si debbono chiamare, ma piuttosto denunziatori della provvidenza divina. Di qui avviene che spesso insieme si discordano quelli a' quali è data una tale facoltà di denunziare; o perchè tutti loro, o perchè alcuni di loro, ottenebrati dalla nebbia della cupidità, non discernono la faccia della disposizione divina. Così adunque apparisce che l'autorità del temporale Monarca senza mezzo alcuno in esso discende dal fonte della universale autorità ; il quale fonte nella sommità della semplicità sua unito, in varii rivi spartisce liquore della bontà divina abbondante. E già mi pare assai avere tocco il proposto termine. Imperciocchè è dichiarata la verità di quella quistione, per la quale si cercava, se al bene essere del mondo fosse l'officio del Monarca necessario; ed ancora di quella che cercava, se il popolo romano per ragione s' attribui l'Imperio, non meno che dell'ultima, nella quale si domandava, se l'autorità del Monarca, senza mezzo, da Dio ovvero da altri dipendesse. Ma la verità di quest' ultima quistione non si deve così strettamente intendere, che il Principe Romano non sia al romano Pontefice in alcuna cosa soggetto: conciossiachè questa mortale felicità alla felicità immortale sia ordinata. Cesare adunque quella reverenza usi a Pietro, la quale il primogenito figliuolo usare verso il padre debbe, acciocchè egli illustrato dalla luce della paterna grazia, con più virtù il circolo della terra illumini. Al quale circolo è da Colui solo proposto, il quale è di tutte le cose spirituali e temporali governatore.

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