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HARVARD

LIBRARY

JUL 6 1912

CAMBRIDGE, MASS

thom the Library

(nof sharke Cunt Porton

LA VITA NUOVA

DI

DANTE ALIGHIERI.

DISSERTAZIONE

SULLA VITA NUOVA.

La Vita Nuova di Dante Alighieri è un'ingenua storia de' giovenili suoi amori con Beatrice Portinari, da lui dettata in forma di commento sopra alcune sue poesie. In questo elegante libretto, da Dante scritto al suo primo amico Guido Cavalcanti, e in volgare solamente, secondo l'intenzione di lui, 1 l'autore, brevemente narrato il principio del suo innamoramento, riporta, secondo l'ordine

1

1 Che la Vita Nuova fosse da Dante scritta all' amico Cavalcanti si rileva dal passo seguente: Lo intendimento mio non fu da principio di scrivere altro che per volgare; onde, conciossiachè le parole che seguitano a quelle, che sono (di sopra) allegate, sieno tutte latine, sarebbe fuori del mio intendimento s' io le scrivessi; e simile intenzione so che ebbe questo mio amico a cui io scrivo, cioè ch' io gli scrivessi solamente in volgare. (Vila Nuova, verso la fine.) Questo passo somministra pure la spiegazione d'un luogo dell' Inf., X, 62, intorno al quale sonosi finora affaticati indarno i Comentatori, e nel quale Dante dice che Guido Cavalcanti avea a disdegno Virgilio:

« Colui (Virgilio) per qui mi mena,

Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno. >>

Che egli disdegnasse Virgilio come simbolo della poesia non può essere, dappoichè Guido dava opera alla poesia con tanto fervore, che tenne uno de' primi seggi fra' rimatori dell'età sua: che lo disdegnasse come simbolo della scienza umana non può essere parimente, dappoichè coltivava con indefesso studio le filosofiche discipline. La sola ragione di un tale disdegno dee dunque esser quella, che pare potersi inferire dalle parole della Vita Nuova or riportate, cioè, che Guido non amasse la lingua latina. Egli vedeva che il volgare linguaggio era bello, ricco, armonioso, atto a modificarsi secondo il vario genere de' componimenti, e tale da rivaleggiare colla lingua madre: amava quindi che i dotti, abbandonata la lingua latina di che facean uso, dettassero le loro scritture nell' idioma che aveano succhiato col latte.

DANTE.

- 2.

1

del tempo in che furono scritti, i suoi poetici componimenti; e dando a conoscere in quante parti sian essi divisi, dispiega ciò che ha voluto dir nella prima, ciò che ha inteso nella seconda; e le occasioni dell' un componimento facendo succedere e legando a quelle dell' altro, tesse l'istoria della sua vita giovanile, dall' età, cioè, di nove anni fino ai ventisei o ventisette. Dei tratti interessanti per una graziosa semplicità, e per un sentimento di malinconia, ch'è lo stato abituale dell'anima dello scrittore, rinvengonsi frequentemente in questo libretto: il quale, considerato anche per il solo lato della lingua e della elocuzione, dappoichè nell' una riscontrasi molta purezza, nell' altra gran nobiltà, non può a meno d'aversi in gran pregio. Ed essendo che l'amore è stato sempre quello che ha inspirato i giovani poeli, non dovrà recar meraviglia se i poetici componimenti che quivi stanno inseriti, e che sono i primi parti della musa dantesca, abbiano amore per argomento. Quando possa aver sembianza di vero ciò che dice il Ginguené, che cioè Dante scrisse il presente libretto per aver luogo di collocarvi i suoi versi, non potrà esser men vero che egli il facesse per erigere un piccolo monumento alla memoria di colei, che egli amò con un affetto sì costante e sì puro.

Era in Firenze antica costumanza, che con feste e conviti si solennizzassero i primi giorni della Primavera. L'anno 1274 Folco Portinari, cittadino di ottima fama, e di molte facoltà provvisto, aveva accolto nella sua casa i congiunti e gli amici, e fra questi Aldighiero Aldighieri padre di Dante, perchè a dimostrazione del giubilo che infonde nell' animo l'aspetto della ridente stagione, venisse festeggiato il primo giorno di maggio. Dante, abbenchè non avesse per anco oltrepassato il nono anno dell' età sua, era stato condotto dal padre ad una tal festa, quando in sul finire di quella, essendosi cogli altri fanciulli tratto in disparte a trastullarsi, s'imbattè in una piccola figlia di Folco, la quale, come dice il Boccaccio, era assai leggiadretta secondo la sua fanciullezza, e ne' suoi atti gentile e piacevole molto, con costumi e parole assai più gravi e assennate di quello che il suo picciol tempo, d' ott' anni allora compiuti, non richiedesse ed oltre a questo aveva le fattezze del volto ottimamente disposte, e piene di tanta onesta vaghezza, che quasi un' angioletta rassembrava. Il nome di questa fanciulla era Beatrice, che per vezzo

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