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DISSERTAZIONE

SULLE POESIE LIRICHE.

CAPITOLO I.

ANALISI DELLE POESIE EROTICHE DI DANTE.

Le poesie liriche di Dante Alighieri non cedono in bellezza a quelle di Francesco Petrarca. Quando pur non avessimo la Divina Commedia, per cui l' Alighieri sta sopra tutti i nostri poeti antichi e moderni, non potremmo a meno pel suo Canzoniere di salutarlo primo poeta dell' età sua. Guittone d' Arezzo, Brunetto Latini, Ser Noffo, Lapo Gianni, e tutti gli altri rimatori del 1300, comecchè uomini di dottrina e d' ingegno, non riuscirono a purgarsi della rozzezza di quel secolo; ed i loro componimenti non vanno scevri di maniere e di voci plebee. Ma Dante, conosciuto per tempo fino a qual punto potesse esser recato il volgare linguaggio, diede opera a purgarlo dalle barbare costruzioni, dalle maniere e voci sconcie e pedestri, e, trovati nuovi modi, nuovi costrutti, nuove forme originali, lo rese più bello e più ricco: colle gravi e peregrine sentenze lo vestì di dignità; coll' affetto e col sentimento lo fece caro ed accetto a chi pure lo dispregiava; e ben conoscendo che sole le cose agevolmente comprese possono trionfare sugli animi, studiò sopratutto alla proprietà e alla chiarezza. Per tal modo colle sue liriche riuscì a far sentire una dolcezza, un' eleganza, una forza, una maestà non per l' innanzi sentite.

La maggior parte delle rime amorose furono scritte da Dante all' entrar della sua gioventù. Così fino da quella prima età potè conseguire il nome d'eccellente poeta e di forbito scrittore nel materno idioma. Socrate facea credere che a lui

DANTE. 1.

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dettasse un Genio: chi dubiterebbe che in un secolo tanto rozzo, e nel quale povero e manco era il soccorso che poteasi aver dalle scuole, Dante non fosse ammaestrato nelle più riposte ragioni del bello da uno spirito superiore? Ben sappiamo essere i poeti più formati dalla natura, che dall'arte: ed infatti tutti gli scrittori della vita di Dante, e fra questi Leonardo aretino, dicono che appena cominciò ad applicarsi allo studio, apparve in lui ingegno grandissimo e attissimo a cose eccellenti. Esiodo fu nella Grecia il precursore d' Omero; Ennio e Pacuvio annunziarono fra' Latini assai più da lunge Virgilio ed Orazio; e in tempi a noi men lontani una moltitudine di Trovatori, molti dei quali degni di lode, spianaron la via ad un Petrarca, come una schiera di poeti epici preconizzarono un Ariosto ed un Tasso. Ma Dante, quando si volesse porre a confronto con alcuno dei rimatori che il precedettero, a chi potrebbe rassomigliarsi? Con ragione può dirsi di lui quello che i mitologi fingon di Pallade.

Cosa lontana dal vero, e male affermata da alcuni, si è che l'Alighieri, il Cavalcanti e il Sinibuldi abbiano tratto molte idee e il fondo, per così dire, delle loro erotiche poesie da' Provenzali, perciocchè in questi poeti non riscontransi bellezze tali da poter in uomini di alto ingegno destar desiderio d'imitazione. Dee dirsi piuttosto che dall'esempio de' Provenzali furono i toscani ingegni incitati a darsi all'arte del dire per rima, e a dettar versi d' amore nel lor nativo linguaggio. Infatti è fuor di dubbio, che Dante meditò di per sè stesso ne' più incliti autori le leggi della poetica, e primo nel suo secolo conobbe le ragioni della poesia, la quale (com' egli afferma) non aveva allora nè metodi, nè forme, nè lingua. Possedendo l' Alighieri un ingegno elevato ed ardito, una mente in sommo grado inventrice, un' anima che fortemente sentiva, potè, come Michelangelo nelle Arti sorelle, trovare un nuovo ed un bello così sublime, che a ben pochi sarà dato il poter fare altrettanto. Dei primi suoi lavori parlando, cioè delle rime amorose, vi si ravvisa (dice il Ginguené) non senza qualche sorpresa, che certe figure, certe forme di stile, certe maniere passionate, che si credevano tutte proprie del Petrarca, erano molto tempo innanzi state inspirate a Dante da un dolore e da un sentimento forse più profondo e da un amore altrettanto verace.

Che il Canzoniere di Dante fosse opera cotanto eccellente da meritare i primi onori nel Parnaso italiano, era stato veduto e confessato da chiarissimi ingegni. Non volendo riportare le favorevoli opinioni dei due Villani, del Boccaccio, di Leo

1 Nella Vita Nuova, poco oltre la metà.

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