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pur troppo dubitiamo. (a) Il Conte Emanuello si troua tuttauia in Piemonte, e si ua trattenendo ora nel campo del Duca di Sauoja, ora in quello del Conte, per essere uicino e comodo a negoziar con S. E. Di quanto anderà seguendo di mano in mano uoi sarete ragguagliato; e intanto ui mandiamo qui congiunta una copia di lettera che ci è stata scritta dall'Affabris, perchè siate esattamente informato di quello che finora è succeduto. E non hauendo che soggiugnerui di uantaggio, preghiamo Dio che ui contenti e prosperi.

Di Riualta il 1 Nouembre 1630

FRANCESCO

DON FULVIO TESTI

* LVIII.

I nostri stati confinano, come sapete con quelli di Mantua, e però douendosi rinouare l'inuestitura al Duca Carlo Gonzaga, sarà bene che uoi stiate molto bene oculato perchè in essa non si alteri cosa alcuna in nostro pregiudizio. Non crediamo ueramente che l'animo rettissimo di S. M. togliesse a noi per dare ad altrui, ma nelle cancellerie occorrono bene spesso anche degli errori inuolontarj, et una semplice mutazione di parola, il leuarne

(12) Sarebbe da rivedere, nella serie antecedente di queste Memorie, tom. XVIII, facc. 66, la nota 16, sotto la quinta lettera al Bolognesi.

una, l'aggiugneruene un'altra può fare assai. Se ui desse il cuore di hauere copia dell' inuestitura, uoi incontrereste straordinariamente il nostro gusto, et aumentereste in infinito il uostro merito. Ma ricordateui però che questi son negozj da maneggiarsi con gran circospezione e dilicatezza. E senza più, ui auguriamo da Dio Signore contentezza e prosperità. Di Riualta li 6 Nouembre 1630

FRANCESCO

DON FULVIO TESTI

* LIX.

FRANCESCO DUCA DI MODANA EC.

Voi uedete a che termine è ridotto il negozio di Correggio col Collalto, che dalla Maestà del Ferro ha hauuto in dono quel feudo; e se noi il uorremo, bisognerà che andiamo in concorso con mille altri, e che contendiamo con esso loro sull'incanto del prezzo. Che ageuolezza, che uantaggio ci sia risultato dal fauore di tanti di cotesti ministri noi ueramente nol sappiamo. Se il Ferro ce ne hauesse conceduta l'inuestitura, come l'haueuamo dimandata, confesseremmo di douerne restare obbligati all' Interprete ed agli altri ministri; necessarj sarebbero i donativi, e conuenienti ogn' altre dimostrazioni di gratitudine: ma trattandosi di comprare e uendere, e douendosi passare per la trafila del tanto e del quanto, non conosciamo d' essere

in queste necessità. Applicammo al matrimonio della Principessa Margherita col figlio d'Interprete, quando credeuamo che senz' altra concorrenza, e colla semplice spesa d'inuestitura ci potesse essere conceduto lo stato di Correggio, perchè finalmente l'utile che ne risultaua poteua aggiustare tutte le disparità. Cessata questa speranza, e toltone questo rispetto, si leua in conseguenza l'occasione d' applicare più a simigliante partito. Sarà bene dunque che uoi colla solita destrezza andiate sfuggendo tutti i discorsi che potessero tendere a questo, e lasciate che il negozio muoja da se, e resti sepolto in un perpetuo silenzio. Continuate però sempre con atti di riuerenza et ossequio la confidenza che ui siete guadagnata con l'Interprete, perchè in altre occorrenze non possa essere di nocumento alle cose nostre. Dio ui guardi ecc.

Di Riualta 6 Nouembre 1630

FRANCESCO

DON FULVIO TESTI

* LX.

FRANCESCO DUCA DI MODANA EC.

Per occasione d'alcuni forestieri, che noi alloggiamo a Gualtieri i mesi addietro, pregammo il già Sig. Duca di Guastalla, che sia in Cielo, ad accomodarci di alcuni pezzi de' suoi argenti, de' quali con la solita sua cortese prontezza subito ci fauorì.

Passata la foresteria, concertammo con S. E. di rimandarglieli, et in conformità dell'aggiustato, ordinammo che fossero condotti ai confini, non potendosi passar più oltre, per lo contagio che in Guastalla e nel suo territorio già si faceua sentire. Ma quei che da S. E. fu destinato a riceuerli in consegna, s'appuntò in uoler passare su quel di Gualtieri, è non essendogli ciò permesso, egli dopo hauere usato alcuni termini poco buoni, se ne tornò indietro, lasciando gli argenti di qua. Di tutto fu auuisato il Sig. Duca, d'ordine del quale si ritennero i suddetti argenti; e intanto piacque a Dio benedetto di chiamare S. E. ai riposi dell' altra uita. Di tutta questa faccenda uoi sarete anche più precisamente informato dall' annessa lettera, che noi ultimamente ha scritta il Gouernatore di Brescello. Vogliamo però che uoi siate dal Sig. Duca nuouo che si troua costì, che raccontiate a S. E. il fatto, e che per maggiore giustificazione le mostriate la lettera suddetta, sì perchè non resti marauigliata della tardanza che è passata in rendere gli argenti, sì perchè possa comandare a uoi la sua mente circa il farne la debita restituzione. Del seguito poi ci darete parte con la solita puntualità. E Dio ui contenti e prosperi.

Di Riualta li 7 Nou. 1630

FRANCESCO

DON FULVIO TESTI

CENNI BIOGRAFICI

INTORNO A

MONSIGNOR PELLEGRINO FARINI

Pellegrino Farini nacque in Russi, amena terra del Ravi

gnano, adì 18 novembre 1776 da Domenico, e da Orsola Cattani, i quali scortone il vivo e potente ingegno lo inviarono alle patrie scuole a studiarvi lingua latina, cui proseguì ad intendere in Faenza, ove apprese gramatica, rettorica e filosofia; datosi quindi alle scienze sacre per farsi uomo di Chiesa. Salito al sacerdozio, fu a Ravenna, ove si applicò alle matematiche pure, delle quali in tre anni ebbe compito il corso, derivandone quell'ordine maraviglioso, e quel lucido e diritto modo di esporre le idee, che poi splendettero cotanto negli scritti di lui. Era già ne' trent' anni, quando (com' ei dice) sentì amore pe' classici italiani e per le lettere, in che tutto s'immerse, in Faenza dapprima, e quindi in Bologna, avuto maestro il Biamonti. In quest'ultima città studiò anche il greco; e con molti de' più chiari ingegni instituì un' Accademia, ove si esercitavano nella eloquenza improvvisa, primeggiandovi Pellegrino Rossi, e sedendovi segretari prima il Costa, quindi il Farini medesimo, che da Bologna andò a Russi maestro di rettorica, chiamato l'anno appresso ad eguale ufficio nel Collegio di Ravenna, nel cui liceo professò eloquenza con alto grido dal 1811 infino al 1820, in cui per uno spino confittoglisi in un piede, cacciando per la Pinèta, divenutagli gonfia la gamba a modo di renderlo inabile al moto, lasciò l'insegnamento. Ma non lasciò il grado di Rettore di quel Collegio, in cui era entrato nel 1815, donando fama e concorrenza grandissima a quel luogo, di cui era celebrata per tutto la saggezza del reggitore, e l'ottima disciplina. Fino dal 1811 erasi dato il Farini a profondi studi intorno a Dante, che poi fruttarono il celebre Discorso di

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